20 gennaio 2013 - Riempire le anfore vuote del cuore

Questo, a Cana di Galilea, 
fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; 
egli manifestò la sua gloria 
e i suoi discepoli credettero in lui.
(Gv 2,11)

Duccio, Nozze di Cana

Il mondo è un immenso pianto e Gesù dà avvio alla salvezza partendo da una festa di nozze. Anziché asciugare lacrime, colma le coppe di vino. Sembra qua­si sprecare la sua potenza a servizio di una causa effi­mera, un po' di vino in più, eppure il Vangelo chiama questo il «principe dei se­gni», il capostipite di tutti. 
Perché a Cana Gesù vuole trasmettere il principio de­cisivo della relazione che u­nisce Dio e l'umanità. Tra uomo e Dio corre un rap­porto nuziale, con tutta la sua tavolozza di emozioni forti e buone: amore, festa, gioco, dono, eccesso, gioia. Un legame sponsale, non un rapporto giudiziario o peni­tenziale, lega Dio e noi. Ge­sù partecipa con tutti i suoi alla celebrazione, e procla­ma così il suo atto di fede nell'amore tra uomo e don­na, lui crede nell'amore, lo ratifica con il suo primo pro­digio. Perché l'amore umano è una forza dove è custodita la passione per la vita, dove l'altro ha tutta la tua atten­zione, dove la persona viene prima della legge, dove la speranza batte la rassegna­zione. Dove nascono sogni. La Chiesa, come Gesù, do­vrebbe attingere vino dall'a­more degli uomini, custo­dirlo, inebriarsi e offrirlo al­la sete del mondo. Gesù prende l'amore umano e lo fa messaggio, parola di Dio. Con le nozze l'uomo scende al nodo germinale della vi­ta, e Gesù dice: l'incontro con Dio è la tua primavera, fa germogliare vita, porta fio­riture di coraggio. 
«E viene a mancare il vino». Il vino, in tutta la Bibbia, è il simbolo dell'amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minac­ciato. Simbolo della fede e dell'entusiasmo, della crea­tività, della passione che vengono a mancare. 
Non hanno più vino, espe­rienza che tutti abbiamo fat­to, quando stanchezza e ri­petizione prendono il so­pravvento. Quando ci assal­gono mille dubbi, quando gli amori sono senza gioia e le case senza festa. Ma ecco il punto di svolta del racconto. Maria, la madre attenta, sa­piente della sapienza del Magnificat (sa che Dio ha sa­zia gli affamati di vita), indi­ca la strada: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». 
Il femminile capace di unire il dire e il fare! Fate il suo Van­gelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne. E si riempi­ranno le anfore vuote del cuore, si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice. 
Più Vangelo è uguale a più vita. Più Dio equivale a più io. 
A lungo abbiamo pensato che al divertimento Dio pre­ferisse il sacrificio, al gioco la gravità, e abbiamo ricoper­to il Vangelo con un velo di tristezza. Invece a Cana ci sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura. «Dobbiamo trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo dentro la nostra felicità terrena.
(Ermes Ronchi)

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