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Visualizzazione dei post da maggio, 2012

Amore di coppia

Qualche tempo fa ho scoperto questo racconto. Mi pare sia una buona lettura in questi giorni di preghiera, riflessione e condivisione sulla famiglia. Era una mattinata movimentata, quando un anziano gentiluomo di un'ottantina di anni arrivò per farsi rimuovere dei punti da una ferita al pollice. Disse che aveva molta fretta perché aveva un appuntamento alle 9.00. Rilevai la pressione e lo feci sedere, sapendo che sarebbe passata oltre un'ora prima che qualcuno potesse vederlo. Lo vedevo guardare continuamente il suo orologio e decisi, dal momento che non avevo impegni con altri pazienti, che mi sarei occupato io della ferita. Ad un primo esame, la ferita sembrava guarita: andai a prendere gli strumenti necessari per rimuovere la sutura e rimedicargli la ferita. Mentre mi prendevo cura di lui, gli chiesi se per caso avesse un altro appuntamento medico dato che aveva tanta fretta. L'anziano signore mi rispose che doveva andare alla casa di cura per far colaz

31 maggio 2012 - Un'esplosione di gioia

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VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA  Beata colei che ha creduto  nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto. (Lc 1,45) Maria conclude questo mese con una riflessione sul servizio: pur essendo preoccupata della sua situazione (porta nel grembo l'assoluto di Dio!) trova il tempo di rendere visita a sua cugina Elisabetta per assicurarsi della sua condizione e, ne sono certo, per verificare se tutto ciò che ha visto e sentito è opera di Dio o frutto di un'allucinazione. E l'incontro tra queste due donne è un'esplosione di gioia, un evento dello Spirito: Zaccaria e Giuseppe assistono divertiti alla danza di due donne gravide (Che mistero inafferrabile quello della gravidanza!) che raccontano e cantano e danzano l'opera che Dio ha fatto nella travagliata storia del suo popolo. Il canto del Magnificat è una splendida conferma di tutte le attese di Israele: allora era vero, allora tutto ciò che si aspettava non erano favole dei vecchi. Maria e Elisa

30 maggio 2012 - La fede in Gesù che guarisce

«Figlia, la tua fede ti ha salvata.  Va’ in pace!». (Lc 8,48) Incontrare Cristo sul sentiero della propria vita significa spesso trovare la guarigione fisica. Ai suoi stessi discepoli Gesù affiderà la missione di annunziare il regno di Dio, la conversione e il perdono dei peccati (cfr  Lc  24,47) ma anche di curare gli infermi, liberare da ogni male, consolare e sostenere. Infatti, i discepoli “predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano” ( Mc  6,12-13). Cristo è venuto per cercare, incontrare e salvare l’uomo intero. Come condizione per la salvezza, Gesù esige la fede, con la quale ci si abbandona pienamente a Dio che agisce in lui. Infatti, all’emorroissa che, come ultima speranza, aveva toccato il lembo del suo mantello, Gesù dichiara: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male” ( Mc  5,34).   (Giovanni Paolo II, Udienza Generale 9 agosto 2000) Es 19, 7-15; Sal 117; Lc

29 maggio 2012 - State pronti!

«Beati quei servi che il padrone al suo ritorno  troverà ancora svegli». (Lc 12,36) State pronti, dice il Signore. Una parola che è una staffilata: estote parati è diventato il motto dello scautismo cattolico. Stare pronti ad accogliere lo sposo che viene nel cuore della notte. Stare pronti per non farsi travolgere ogni giorno dal caos quotidiano, dalle troppe cose da fare che impediscono alla nostra anima di raggiungerci, di vivere nella consapevolezza di chi siamo veramente, di ciò a cui siamo chiamati. Stiamo pronti, ritagliamoci ogni giorno qualche istante di preghiera, per vedere Dio che opera in noi, per cogliere la sua presenza di luce e di pace nelle nostre giornate deliranti. Non è lo stare pronti che incute paura, non è un giudice severo che aspettiamo, non un drago dai mille tentacoli, ma un padre misericordioso, un pastore che esce a cercare la pecora che la vita ha smarrito. È un abbraccio tenerissimo che aspettiamo, un incontro luminoso e pieno di pace cui anelia

28 maggio 2012 - Il dono dell'essenziale

«Questa vedova, nella sua miseria,  ha gettato tutto quello che aveva per vivere». (Lc 21,4) La vedova offre a Dio il necessario che ha per vivere, non il superfluo. La fede di questa donna, fede popolare, semplice, fede che si traduce nel gesto all'apparenza insignificante, è colto dal signore Gesù come il più bel dono al tesoro del Tempio. Donare è difficile, donare bene quasi impossibile. Questa donna è libera nella sua devozione e nella sua semplicità, non si ferma davanti all'uso che del denaro veniva fatto (discorso che sento tirare in ballo per giustificare la nostra allergia al dono), non si scandalizza delle belle pietre che adornano il rifatto tempio, né invoca presunti soldi dei Sommi Sacerdoti (tra l'altro la storia ci dice che la gestione del tempio era piuttosto discutibile...). No, Gesù guarda il cuore di questo dono di pochi euro, dono dell'essenziale, dono sofferto e meditato. Costa fatica donare, lo so, ma Dio vede. E tu, amico, cosa sei dispos

27 maggio 2012 - Lo Spirito che dà vita alla Parola

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PENTECOSTE Tutti furono colmati di Spirito Santo. (At 2,3) (Pentecoste, Icona Monastero di Stavronikita, Monte Athos) Cinquanta giorni dopo Pasqua, la discesa dello Spirito santo, raccontata dagli  Atti degli Apostoli  con la mediazione dei simboli. La casa, prima di tutto. Un gruppo di uomini e donne  nella stanza al piano superior e ( Att i 1, 13), dentro una casa, simbolo di interiorità e di accoglienza; nella stanza al piano alto, da dove lo sguardo può spaziare più lontano e più in alto; in una casa qualunque, affermazione della libertà dello Spirito, che non ha luoghi autorizzati o riservati, e ogni casa è suo tempio. Il vento, poi:  all'improvviso un vento impetuoso riempì tutta la cas a ( Att i 2, 2), che conduce pollini di primavera e disperde la polvere, che porta fecondità e smuove le cose immobili.  Che non sai da dove viene e dove v a, folate di dinamismo e di futuro. «Lo Spirito è il vento che fa nascere i cercatori d'oro» (Vannucci), che apre

26 maggio 2012 - Vieni Spirito Santo!

«Quando verrà lui, lo Spirito della verità,  vi guiderà a tutta la verità,  perché non parlerà da se stesso,  ma dirà tutto ciò che avrà udito  e vi annuncerà le cose future». (Gv 16,13) Il beato Antonio Rosmini spiega che «nel dì della Pentecoste dei cristiani Iddio promulgò … la sua legge di carità, scrivendola per mezzo dello Spirito Santo non sulle tavole di pietra, ma nel cuore degli Apostoli, e per mezzo degli Apostoli comunicandola poi a tutta la Chiesa» ( Catechismo disposto secondo l’ordine delle idee… n. 737, Torino 1863). Lo Spirito Santo, “che è Signore e dà la vita” – come recitiamo nel Credo –, è congiunto al Padre per mezzo del Figlio e completa la rivelazione della Santissima Trinità. Proviene da Dio come soffio della sua bocca e ha il potere di santificare, abolire le divisioni, dissolvere la confusione dovuta al peccato. Egli, incorporeo e immateriale, elargisce i beni divini, sostiene gli esseri viventi, perché agiscano in conformità al bene. Come Lu

25 maggio 2012 - L'opera del Paràclito

«Il Paràclito quando sarà venuto,  dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato,  alla giustizia e al giudizio». (Gv 16,8) Sentiamo oramai vicini i giorni della Pentecoste, della memoria del dono del Consolatore, lo Spirito Santo. Lo Spirito, dono del Risorto, permetterà ai discepoli di continuare la missione di Gesù, rivelando il suo mistero ad ogni uomo. Il suo ruolo consisterà nel mettere in luce la giustizia del Signore e, quindi, il peccato di coloro che si rifiutano di accogliere il suo insegnamento. La sua opera sarà rivolta a sconfiggere il male che domina il mondo. Con la venuta dello Spirito nasce il tempo della Chiesa, della comunità, a noi ora di rendere testimonianza al Signore Gesù. L'atteggiamento di tristezza che prende il cuore dei discepoli – talora – l'atteggiamento infantile che contraddistingue la nostra fede: non preferiremmo forse la presenza del Signore Gesù in mezzo a noi? No, questo è il tempo che egli affida ai suoi discepoli perché –

24 maggio 2012 - Autentici testimoni del Vangelo

 “Un servo non è più grande del suo padrone” (Gv 15,19) Un semplice ammonimento, una bruciante verità: non siamo del mondo, quindi il mondo ci odia. Vero, verissimo, esperienza quotidiana di ciascuno di noi: se si accetta un cristianesimo "politicamente corretto" in cui abbondano i distinguo tra la nostra posizione e quella di una Chiesa reazionaria e retrograda, le cose vanno bene, ma se per caso intendiamo accogliere il Vangelo "sine glossa" e facciamo una esperienza di Chiesa più che positiva – e lo diciamo – ecco che le frizioni aumentano e una malcelata violenza fa salire la mosca al naso dei più tolleranti miscredenti. Il mondo contemporaneo accetta a denti stretti ciò che i cristiani compiono e fanno, sempre pronto, però, a scagliarsi contro atteggiamenti giudicati reazionari nei riguardi, ad esempio, della bioetica o della pace o della morale. Fino a quando i cristiani sono gli infermieri della Storia le cose possono essere digerite ma – per carità –

23 maggio 2012 - Chiamati ad amare come Cristo

«Non vi chiamo più servi,  perché il servo non sa quello che fa il suo padrone;  ma vi ho chiamato amici,  perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio  l’ho fatto conoscere a voi».  (Gv 15,14-15) Una pagina di Giovan­ni in cui pare custo­dita l'essenza del cri­stianesimo, le cose determi­nanti della nostra fede. C'è un fluire, un fiume grande d'amore che scorre dal cie­lo, dal Padre al Figlio, dal Fi­glio a noi. Come la linfa nel­la vite, come il sangue nelle vene. Il Vangelo mi dà una certezza: l'amore non è un sentimento, qualcosa pro­dotto da me, un mio deside­rio, è una realtà. L'amore è.   Come il Padre ha amato me, io ho amato voi, rimanete in questo amore. Rimanete, di­morate, abitate, non anda­tevene. L'amore è reale co­me un luogo, un continen­te, una tenda, ci puoi vivere dentro. È la casa in cui già siamo, come un bimbo nel grembo della madre: non la vede, ma ha mille segni del­la sua presenza che lo nutre, lo scalda, lo culla: «il nos

22 maggio 2012 - Dio ci vuole felici

« Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi  e la vostra gioia sia piena». (Gv 15,11) L'essere nel cuore di qualcuno, essere apprezzato e stimato per quello che si è in profondità, non per quello che si appare o si costruisce, l'essere prezioso nella memoria di qualcuno, essere avvolto da una tenerezza che fa dimenticare il dolore, questo e solo questo è il pieno destino dell'uomo. Viviamo la nostra vita elemosinando amore. Viviamo la nostra vita nella segreta speranza di vedere il nostro cuore colmato di gioia. Ebbene, tenetevi forte: Dio la pensa allo stesso modo. Gesù è venuto perché la nostra gioia sia piena e per farlo dona la sua vita. L'unico problema: trovarci. Già, spesse volte il circuito d'amore viene interrotto dalle nostre lentezze e chiusure, dalla nostra fatica e dal nostro peccato. Se capissimo che Dio ci chiede soltanto di lasciarci amare! Di lasciarci raggiungere dalla sua misericordia! Ed è ovvio che l'amore cambia, mi cam

Benedizione!

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Fin dall'inizio del mio ministero ho sempre pregato il Signore che la mia vita fosse una benedizione. Uno dei modi che spiega meglio questo mio desiderio è descritto in questo racconto. Nella comunità dell'Arca dove aveva deciso di vivere, dopo una vita passata nel mondo universitario, un giorno il celebre padre Henri Nouwen fu avvicinato da una handicappata della comunità che gli disse: "Henri, mi puoi benedire?".  Padre Nouwen rispose alla richiesta in maniera automatica, tracciando con il pollice il segno della croce sulla fronte della ragazza.  Invece di essere grata, lei protestò con veemenza: "No, questa non funziona. Voglio una vera benedizione!".  Padre Nouwen si accorse di aver risposto in modo abitudinario e formalistico e disse: "Oh, scusami... ti darò una vera benedizione quando saremo tutti insieme per la funzione".  Dopo la funzione, quando circa una trentina di persone erano sedute in cerchio sul pavimento, padre

21 maggio 2012 - Gesù, lo Sposo che vuole comunicare la sua gioia

«Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto  finché lo sposo è con loro?  Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto,  e allora digiuneranno». (Gv 9,15) L'arco della vita terrena di Cristo è presentato nel Vangelo come  tempo di nozze . È un tempo fatto per diffondere la gioia. «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare» ( Mc  2,19). Gesù adopera qui un'immagine semplice e suggestiva. È lui lo sposo che indice la festa delle sue nozze, nozze dell'amore fra Dio e l'umanità. È Lui lo sposo che vuole comunicare la sua gioia. Gli amici dello sposo sono invitati a condividerla partecipando al banchetto. Tuttavia, proprio nel medesimo contesto nuziale, Gesù annuncia il momento in cui la sua presenza verrà meno: «Verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno» ( Mc  2,20): è la chiara allusione al suo sacrificio. Gesù sa che alla g

20 maggio 2012 - Fare spazio alla Verità

Ma ora io vengo a te  e dico questo mentre sono nel mondo,  perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. (Gv 17,13) Una delle più grandi tentazioni dei cristiani nella storia è quella di fuggire il mondo, di costruire un mondo a immagine e somiglianza del proprio pensiero, di forzare la politica e la società al vangelo oppure di andarsene, di fondare città ideali ispirate al vangelo. Ma pare proprio che il Signore Gesù non la pensi così: ci è chiesto di restare nel mondo, di fecondare il mondo, di amarne gli aspetti luminosi, sapendo però che la mentalità mondana può diluire il vino buono del vangelo fino a renderlo insapore. Perciò Gesù prega perché siamo preservati dalla parte oscura della realtà, dal maligno. Per restare costantemente orientati al Signore, dobbiamo fare spazio in noi alla verità, all'autenticità che deriva dall'accogliere la Parola di Dio. Facciamo in modo, allora, che la Parola di Dio dimori abbondantemente tra noi, affinché possiamo

19 maggio 2012 - Una linfa d'amore che porta la vita

Rimanete in me e io in voi.  Come il tralcio non può portare frutto da se stesso  se non rimane nella vite,  così neanche voi se non rimanete in me. (Gv 15, 4)   Avevamo sempre pensato che Dio fosse il buon pa­drone del campo, il conta­dino operoso e fiducioso.  Ma ora Gesù afferma qual­cosa di assolutamente nuo­vo: «Io sono la vite, voi i tral­ci». In Cristo il vignaiolo si è fatto vite, il seminatore si è fatto seme, il vasaio argilla, il Creatore creatura.  Dio è in me, non come pa­drone ma come linfa vitale.  Dio è in me, non come voce che impone ma come il se­greto della vita. Dio è in me, come radice delle mie radi­ci, perché io sia intriso di Dio.  Tra poco cominceranno a profumare i fiori della vite, i più piccoli tra i fiori. All’inizio della primavera, il vi­gnaiolo attende che la linfa', salita misteriosamente lun­go il tronco, si affacci alla fe­rita del tralcio potato, come una goccia, come una lacri­ma. All’apparire di quella la­crima sui tralci

18 maggio 2012 - La pace: certezza di una presenza e di un Amore fedele e immutabile

«Vi lascio la pace, vi do la mia pace.  Non come la dà il mondo, io la do a voi». (Gv 14,27) Bisogna attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio. Lo sa Paolo che è appena stato lapidato, lo sanno i discepoli, lo sappiamo noi. Le difficoltà della vita, di salute, le incomprensioni famigliari, la consapevolezza del proprio limite, in certi momenti, ci tolgono il fiato, ci scoraggiano, appesantiscono il nostro cammino di liberazione. E Gesù (prossimo alla morte!) ci rassicura e ci dona la sua pace. Una pace che non è assenza di conflitto (al discepolo il dolore non è evitato) ma certezza di una presenza e di un Amore fedele e immutabile. Se dimoriamo in questa pace, se vi attingiamo continuamente, possiamo fare esperienza della forza che ci deriva dallo Spirito Santo. È commovente vedere come Paolo, pur duramente provato dall'ostilità dei giudei alla sua predicazione, torna sui propri passi e raggiunge le comunità da lui fondate per rianimarle. Non solo: prov

17 maggio 2012 - La benedizione infinita di Gesù

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ASCENSIONE DEL SIGNORE Mentre li benediceva,  si staccò da loro  e veniva portato su, in cielo. (Lc 24,52) Rembrandt, Ascensione, Alte Pinakothek Monaco «E, alzate le mani, li benediceva». L'ultima imma­gine di Gesù sono le sue ma­ni alzate a benedire. «E, mentre li benediceva, veni­va portato su, in cielo».   Quella benedizione è la sua parola definitiva, raggiunge ciascuno di noi, non è più terminata, non è mai finita.  Una in-finita benedizione che rimane tra cielo e terra, si stende come una nube di primavera sulla storia inte­ra, su ogni persona, è trac­ciata sul nostro male di vivere, sull'uomo caduto e sulla vittima, ad assicurare che la vita è più forte delle sue ferite.  Nella Bibbia la benedizione indica sempre una forza vi­tale, una energia che scende dall'alto, entra in te e pro­duce vita. Come la prima di tutte le benedizioni: Dio li benedisse dicendo «cresce­te e moltiplicatevi». Vita che cresce, in noi e attorno a noi. La benedizione