La nonna Giselda
Cinque anni fa la nonna Giselda ci ha lasciato, ma in realtà la sua presenza continua ad accompagnarci. Condivido l'omelia del giorno delle esequie perché anche voi possiate incontrarla, riconoscerla, ritrovarla.
La mia nonna è in paradiso.
Sono state queste le prime parole che ho
scritto poco dopo la morte della nonna. Ne sono certo.
Sapevo che sarebbe arrivato questo
momento, evento naturale ancor più quando si manifesta dopo una vita lunga 99
anni. Sì perché la nonna non si è fermata a 99 è arrivata a 99. La benedizione
è esserci arrivata a questa età, ma soprattutto il come ci è arrivata.
La nostra numerosa e variegata presenza
è insolita per il funerale di una donna anziana. Anche la presenza di diversi
sacerdoti è particolare. Credo sia il giusto riconoscimento per il dono di una
persona semplice, forte, coraggiosa e sincera.
Abbiamo scelto di essere qui oggi per
affidare a Dio la vita di Giselda. Ciascuno potrebbe raccontare episodi,
parole, esperienze. Non ho la pretesa di interpretare tutti i pensieri, di far
risuonare tutte le emozioni… provo semplicemente a dire a me stesso e spero
anche a voi quale dono il Signore mi ha fatto, ci ha fatto attraverso lei.
Nonna sei stata una donna dalla fede
semplice e per questo autentica. Semplice come è quella di coloro che si
affidano a Dio non per timore, non per paura di un giudizio ma perché hanno
intuito che la vita è un dono e che la sua fragilità non è una condanna ma la
possibilità che Dio c’entri con la nostra vita. Questa semplicità è stata impastata
con la povertà. Perché questa vita lunga non è stata una vita facile. Presto
hai sperimentato il dolore, la perdita di persone amate e poi la fatica del
lavoro. Il matrimonio giunto insolitamente quando avevi già 29 anni per
aspettare il Nani, il paròn, il nonno Giovanni. Ma allora non si facevano i
conti che si fanno oggi e così sono arrivati sei figli, i tuoi gioielli, Gemma,
Antonio (Toni), Luigi (Gino), Maria, Lucia e Giuseppe, le persone che lo
sappiamo hai amato di più, per i quali hai speso le tue energie migliori e
quella preghiera quotidiana che in questi ultimi mesi si è trasformata in
sofferenza.
Anche il distacco dalla tua terra è
stato un momento difficile. Spinti dal desiderio di offrire qualcosa di meglio
per i vostri figli avete scelto di diventare migranti, stranieri ma vi siete
fatti apprezzare per la vostra cordialità, laboriosità e lealtà. Così anche noi
nipoti cresciuti nella vostra casa siamo diventati amici di coloro che
frequentavano la vostra abitazione e i loro nomi accompagnano i ricordi di
un’infanzia vissuta tra patate, fieno e granoturco. Così Sefora, Abramo,
Bertoldo, Ronda, Bernardo, Santina sono persone che oggi con te e con il nonno
in Paradiso faranno festa.
Personalmente alla tua fede semplice
devo molto. Anche se spesso mi faceva ridere il modo in cui tu e il nonno
recitavate il rosario quello che ho nel cuore e la vostra fedeltà, e come
vorrei impararla.
Quanti rosari nonna, in auto andando nel
Veneto o in casa, come quella sera quando pregando insieme ti sei addormentata
mentre pregavi le litanie in una lingua troppo divertente… ti ho lasciato
sonnecchiare e quando ti sei risvegliata all’improvviso hai detto: “dove sunti’rivà?”, dove sono arrivata?,
“Virgo fidelis nonna”… fedeltà
appunto, uno dei nomi più belli di Dio, uno dei nomi più belli di Maria.
“Non piangete, pregate, pregate…”.
Così ci esortavi dopo il funerale del nonno, con una forza che solo gli
sciocchi avrebbero letto come distacco. Perché ti abbiamo visto poco piangere
ma non per questo non partecipare al dolore. Hai portato il dolore di tutti
nascondendolo nel tuo cuore, confidando in una presenza di Dio che tutto vede e
sa.
Non
temere. Quando
dovrai attraversare le acque, io sarò con te;
quando
attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno;
quando
camminerai nel fuoco non sarai bruciato
e
la fiamma non ti consumerà, perché io sono il Signore, il tuo Dio.
Sei stata presente con
quel sorriso e quell’ironia che affronta ogni evento senza disperare.
In questi ultimi anni mi hai anche
regalato la possibilità di accompagnare la tua scelta di fede: la confessione
diventava il momento per dire il timore di essere un fastidio, un peso. Abbiamo
pregato insieme per la tua grande famiglia, per i tuoi figli, per i nipoti e
per i pronipoti. Spesso ricordavamo anche i tuoi fratelli e le tante persone
che hai conosciuto…
Una fede semplice ed autentica possibile
a chi rimane come tralcio legato alla vite.
Una fede così vorrei, vorremmo
custodire, come dono prezioso, come benedizione.
Ma c’è un altro tratto che vorrei ricordare:
sei stata una donna accogliente. Non solo della vita dei tuoi figli, ma tutti
hanno trovato casa a casa tua. Anzi la tua casa ha permesso a noi lontani dal
Veneto, lontani dal Lussemburgo di non perdere familiarità con i tuoi fratelli,
i tuoi nipoti, i tuoi parenti. La distanza non ci ha impedito di conoscerli, di
creare vincoli profondi. La tua casa è stata come un albergo. È stato sempre
per noi sorprendente vederti in movimento per ogni persona che veniva a casa:
non si poteva andare via senza un caffé, un biscotto, un tocheto de bussolao,
la grappa, il vino. A proposito del vino ricordo che quando è morto il nonno
arrivò il signore che doveva portare il vino. Vista la situazione quasi
scusandosi voleva portarlo via, ma tu le hai detto di lasciarlo perché
altrimenti cosa avresti potuto offrire a chi veniva a casa.
E poi come dimenticare gli asagnuni e le
taiadele, la pastalforno, el conejo e le teghe in tecia.
Un’accoglienza donata, offerta a tutti
sempre… “hai esercitato con premura
l’ospitalità”.
E poi questo tempo ultimo: nuove
potature dolorose dopo quelle che la vita ti ha chiesto con la morte del nonno,
dei tuoi fratelli, Palma, Luigi, Antonio, Grazioso e Giuseppe, di cognati e
cognate, di Vittorina e Maria…
La potatura dolorosa del lasciare la tua
casa per una necessità quella di essere curata in casa della zia Gemma e dello
zio Renato, e in casa di mamma e papà. Ti abbiamo visto tornare bambina in
questi ultimi mesi. Bisognosa di tutto: di essere lavata, imboccata, medicata, alzata
per metterti sulla poltrona o a letto. Chi ti ha voluto bene ti ha curato con
premura e pazienza.
La malattia ti ha tolto la possibilità
di parlarci con le parole ma non ha tolto la luce dei tuoi occhi. Te ne sei
andata senza far rumore, sazia di giorni, purificata dal dolore che ha plasmato
il tuo corpo consegnandocelo consumato.
Viviamo questo momento come una
potatura, necessaria, inevitabile, dolorosa. A noi la possibilità che la tua
vita, quanto ci hai insegnato, porti frutto per la nostra gioia.
Per te chiediamo che la festa
dell’eternità abbia inizio. Mentre benediciamo Dio per quanto ci ha donato
attraverso di te gli chiediamo ora che gli sei ancora più vicina di custodirci
e di accompagnarci con la tua preghiera e il tuo sorriso.
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