28 marzo 2012 - Un tradimento già consumato

 «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, 
e si compirà tutto ciò che fu scritto dai profeti 
riguardo al Figlio dell’uomo: 
verrà infatti consegnato ai pagani, 
verrà deriso e insultato, 
lo copriranno di sputi e, dopo averlo flagellato, 
lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà». 
(Lc 18,31-33)

Il vangelo sottolinea crudamente il non capire dei dodici, ai quali il Maestro, prima di «salire a Gerusalemme», volle confidare il segreto della fine imminente con così precise notizie da tramutare in istoria la profezia.
Pare quasi che l'evangelista ci trovi gusto a calcar la mano su quell'ottusità, che, se umilia gli apostoli, toglie al Signore ogni umano conforto per la pasqua vicina.
Non voglio che si pensi che il loro non capire provenga da scarso affetto verso il Maestro. Gli vogliono bene alla loro maniera e proprio perché gli vogliono bene in una maniera sbagliata, pretendono di fermarlo sulla strada che sale a Gerusalemme, la strada della pasqua.
Il nostro cuore quando vuol bene, come di solito vuol bene il nostro povero cuore, domanda l'esenzione, credendo che anche per le creature del nostro amore stia scritto: «Egli ordinerà ai suoi angeli intorno a te che ti proteggano: ed essi ti porteranno sulle mani ché talora tu non urti col piede contro una pietra».
Così i nostri piccoli amori stabiliscono gli itinerari e tracciano persino a Dio le strade che gli convengono.
Un buon ebreo non poteva figurarsi il Messia «dato in mano ai Gentili, schernito, oltraggiato, sputacchiato, flagellato, crocifisso». È vero che il terzo giorno sarebbe risuscitato, ma una ripresa che veniva dopo una così clamorosa sconfitta, che significato poteva avere?
Il Signore non mostra né sorpresa, né indignazione. Accetta la cecità spirituale dei discepoli, mentre guarisce subito il cieco di Gerico, il quale però sapeva di non vedere. Accetta di non esser capito neanche dai suoi e con questo viatico si dispone a «salire verso la pasqua».
Incomincia l'agonia che durerà fino alla fine dei secoli. Lasciar morire il Maestro senza muovere un dito per salvarlo: rinnegarlo, venderlo, abbandonarlo... son fatti paurosi: ma questo non capire perché il Cristo salga verso la pasqua, è un tradimento già consumato.
Quanto egli sta per darci, il suo dono che non ha l'eguale, è una generosità superflua, qualcosa di perduto che lo diminuisce nella stima dei suoi, che non vogliono essere impegnati dalla strada del Maestro.
Egli aveva detto un giorno: - Il discepolo non è da più del Maestro... ma anche quel parlare era rimasto per loro oscuro.
È proprio l'aspetto esemplare e quindi impegnativo delle strade percorse dal Maestro che ci indispone e non ci lascia comprendere la sua pasqua. Le cose sublimi si possono capire con l'intelletto: ma le cose dure a farsi, il cuore non vuol comprenderle. Più che l'incapacità della nostra mente, scontiamo la ripugnanza del nostro cuore, che spinge la volontà a serrare la porta, fino a parere insensata.
«O insensati e tardi di cuore a credere! Non sapevate che il Cristo soffrisse queste cose?»
Il Signore sa che anche questa «stoltezza» è legata alla nostra condizione umana; una pigrizia che facilmente non si desta, così ogni volta che ci vedremo impegnati per il soffrire di un altro, saremo tentati di negare ogni senso al soffrire e ogni impegno alla pasqua.
Ma è proprio da questo soffrire non capito, da questo oscuro parlare, che veniamo «presi a opra» per il regno di Dio e portati ad assumerne gli impegni.
La giustizia, la verità, la libertà... sono grandi cose anche ai nostri poveri occhi, soprattutto perché su ciascuna c'è una corona immarcescibile di vite offerte e di pasque consumate. Sublimi come idee, divengono amabili e impegnative quando il martirio le alimenta.
L'ideale della giustizia, della verità, della libertà mi affascina facilmente, ma solo quando m'accorgo che c'è qualcuno che paga duramente le mie ingiustizie o le mie menzogne o le mie oppressioni, solo allora io mi sento impegnato. Se dal mio rubare, dal mio inganno o dal mio sopraffare, nessuno ne soffrisse, potrei continuare a rubare e credermi un galantuomo, ingannare e credermi un uomo leale, opprimere e far parte della lega dei diritti dell'uomo.
Cristo, per aprirmi gli occhi, ha reso evidente la sua passione in ogni creatura. Ecco perché capire la sua pasqua è assai costoso per me e per tanti.
Non capiscono gli apostoli: non capisce Pietro che pretende di fermare il Maestro che vuole «salire a Gerusalemme per esservi crocifisso»: non capiscono i due di Emmaus: non capisco io...
Ed ecco che sulle strade di quaggiù continueranno a camminare dei poveri «insensati e tardi di cuore» fino a quando il divin Pellegrino di ogni strada, che porta nel suo corpo glorioso i segni della sua pasqua, accostandosi alla povertà di ognuno, consumerà, «facendoci ardere il cuore», le tappe di un'esperienza che da sola non basta a persuaderci alla resa davanti alla pasqua.
(Primo Mazzolari)

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