28 agosto 2016 - Domenica che precede il martirio di San Giovanni il Precursore

«È inevitabile che vengano scandali ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo»: questa frase contiene un grande realismo e anche un po’ di sofferenza.
La parola “scandalo” nel linguaggio del Vangelo, nella Bibbia, è l’inciampo, è quello che impedisce di camminare speditamente verso la meta, è ciò che fa inciampare nel cammino della vita.
Gesù ci dice, per come siamo noi uomini, sempre cercatori del bene, sempre orientati al bene ma spesso orientati verso il male, che è inevitabile che nel nostro cammino troviamo degli inciampi, degli ostacoli, degli scandali. Tuttavia, in questo realismo, c’è anche quella sofferenza che dice che colui che si macchia di questa colpa (cioè di essere scandalo ad altri) è nei guai, è in pericolo perché non solo danneggia sé ma anche gli altri. Il Vangelo ci dice che anche colui che compie questo male ha sempre la possibilità di riscattarsi, ha sempre la possibilità di ricominciare perché non è mai la somma del suo male.
C’è uno scandalo, però, che colpisce alcune categorie di persone e che abbiamo il dovere di tenere in maniera particolare desta e attenta: l’attenzione sui bambini. Voi sapete che è proprio di questo nostro tempo avere un’attenzione per gli scandali. Questi permettono di vendere tante notizie che avvengono attraverso i canali della stampa o dell’informazione. Così, periodicamente vengono colpite alcune categorie di persone a partire da alcuni comportamenti che sono scandalosi. Ogni volta che i protagonisti di queste violenze sono i bambini tutti proviamo un grande risentimento e diventiamo tutti giudici degli altri, coltivando anche pensiero molto negativi, lasciandoci portare dal pensiero di coloro che gridano più forte le loro ragioni senza avere la pazienza e l’umiltà di verificare le notizie, di approfondire i temi. Così ogni vota che sentiamo parlare della violenza su un bambino, magari esercitata da un educatore, da un sacerdote, da un genitore, proviamo una grande ribellione. A volte proviamo anche risentimento quando ci vengono proposte le immagini di bambini vittime di una guerra. Tutto dura qualche momento, qualche giorno poi ritorniamo alla quotidianità. Tutto questo merita certamente la presa di distanza e la richiesta di chi sbaglia non lo faccia più. C’è uno scandalo al quale non possiamo abituarci ed è quello che colpisce i bambini ogni giorno in ogni parte del mondo, quando non hanno il cibo, quando non hanno la possibilità di curarsi, quando non hanno la possibilità di andare a scuola. C’è uno scandalo che abbiamo ormai tollerato e approvato: questo scandalo avviene nei nostri ospedali tutti i giorni ed è l’interruzione volontaria della gravidanza. L’aborto come scelta di libertà. Ma non è questa una violenza sui bambini? Non è uno scandalo? Non ci interroga? Dobbiamo stare attenti a non classificare errori di serie a o di serie b. C’è un male che non possiamo accettare, che certo non possiamo vincere ma possiamo con la nostra vita cercare di combattere. C’è uno scandalo nei confronti di coloro che hanno vissuto la loro fede in modo autentico, sincero e che nel corso degli anni hanno visto trasformarsi un po’ le abitudini, le tradizioni. Ci sono alcuni anziani che mi dicono “non è più come un tempo, non capisco più cosa sia giusto e sbagliato. Ma perché un tempo si faceva in un modo e adesso in un altro…?”. Dobbiamo avere un grande rispetto per coloro che hanno vissuto una fede semplice ma autentica nella vita quotidiana attraverso tradizioni che adesso ai più giovani possono apparire diverse. Non si tratta di riproporre il passato come elemento sicuro, certo di fede e buttare tutto ciò che è nuovo o moderno, ma avere una grande stima e un grande rispetto. Anche perché, la prima lettura ce lo presenta: Eleazaro, un uomo anziano che sembra perfino troppo rigido ma per lui la fedeltà alla legge è testimonianza per i più giovani. Dobbiamo stare attenti di aver cura della fede di coloro che sono più avanti nell’età perché loro hanno introdotto alla fede molti altri e perché nella fatica di accettare i cambiamenti non c’è sempre un rifiuto ma proprio una fatica e allora non dobbiamo scandalizzare. Ma c’è anche uno scandalo che noi creiamo a noi stessi: in ogni casa, o quasi, abbiamo degli strumenti che ci riversano ogni giorno adesso un mare di notizie, di immagini. Fanno parte della nostra vita. Quando passo nelle vostre case per le benedizioni praticamente nel 90% dei casi trovo accesa la televisione: fa parte della nostra vita, ad alcuni tiene compagnia, ad altri basta sentire un po’ di rumore in casa… È vero che è uno strumento che certamente è buono ma che va usato bene perché Gesù ci dice di stare attenti a ciò che si guarda, a ciò che si ascolta perché ci cambia il cuore. Averne cura significa evitare di trovare inciampi nel cammino.
Come fare in modo che la nostra vita sia sempre orientata al bene? Che non sia via allo scandalo, all’inciampo, all’errore? Le vie sono sempre le solite ma sono sempre nuove perché noi cambiamo ogni giorno. Innanzitutto, la preghiera. Noi preghiamo perché Gesù pregava. La comunione con il Padre gli ha permesso di stare di fronte alla prova alta del dono della vita con il coraggio di chi non è uno sprovveduto, un temerario ma di chi sa di non essere da solo. Poi il digiuno: parola che sembra antica ma che invece ci chiede ogni giorno di misurarci con la nostra capacità di astenerci, di dire di no per dire dei sì. Così i martiri ci parlano di un digiuno che arriva persino a dire “la vita nella fede è più grande della vita nella carne”, l’abbandono in Dio è un dono più grande della stessa vita. Per arrivare a questo ci vuole un digiuno quotidiano, cioè un’astensione quotidiana da ciò che ci è di impedimento, di ostacolo. Ognuno di noi ha delle forme di digiuno, perché il Vangelo che abbiamo ascoltato oggi ci sembra troppo severo, che non è certamente un invito a punirci ma a usare bene del nostro corpo, della nostra vita, perché il Vangelo sia vero. Scegliere dei digiuni concreti, delle astensioni che ci permettono di essere più liberi, meno schiavi delle cose, del tempo, dei bisogno immediati dell’uomo.
Noi arriviamo a questa Eucaristia avendo nel cuore il peso di quello che è successo in questi giorni. Tanti di noi si sono domandati perché, molti hanno pensato “se fosse accaduto qui?”, se avesse coinvolto gente vicina a me? Molti si domandano perché e dov’è Dio? Noi oggi celebriamo l’Eucaristia, come sempre. In questo celebrare noi rinnoviamo la fede nel Dio che vince la morte, crediamo che Dio sia vicino  ogni sofferenza, perché nessuno di noi può cedere alla tentazione di pensare che sia volontà di Dio. Può essere che Dio voglia la morte dei suoi figli? Dio è lì, in quelle persone che hanno perso la vita, in quelle persone che hanno scavato e scavano oggi per cercare di trarre dalle macerie ha perso la vita e chi ancora è in vita. Nella solidarietà di chi ha speso del tempo, di chi si è fatto carico, di chi ha condiviso nella preghiera del dolore: Dio è lì. Altrimenti non avrebbe senso celebrare l’Eucaristia e creare nel Dio che è Via, Risurrezione, Vita. Ci son allora delle forme concrete c he noi possiamo usare per vivere questo dramma che ci colpisce non perché italiani ma perché uomini. La preghiera, innanzitutto: crediamo troppo poco nella forza della preghiera, non crediamo che possa spostare le montagne ma Gesù - l’uomo della preghiera - ha affrontato la più grande prova proprio in forza di quella fedeltà quotidiana che gli ha permesso di essere una cosa sola con il Padre. C’è la solidarietà del piangere con chi piange: non è solamente commozione. C’è un partecipare al dolore che è solidarietà.Infine c’è la carità: la carità concreta dei gesti, dei segni. Attraverso questo modo noi ci facciamo carico di quello che avviene nel mondo e proviamo a orientare la nostra vita verso il bene. Sarebbe già tanto,tantissimo, che noi oggi decidessimo di non essere scandalo per nessuno. Saremmo allora martiri della fede, testimoni della fede, onoreremo coloro che oggi per molto poco danno la vita per amore del Signore Gesù. 

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