14 giugno 2015 - Prima Messa di don Gregorio Josè Simonelli
Eravamo qui in sacrestia (non ricordo bene il giorno) quando abbiamo
iniziato a parlare di questo evento, della Prima Messa, e tu mi hai fatto
intendere che fossi io a predicare oggi.
Sono rimasto sorpreso perché pensavo ai tanti sacerdoti che hai incontrato
in questo cammino che hai compiuto e anche adesso penso che forse potrebbero
dire meglio qualche pensiero i sacerdoti concelebranti: don Angelo, che ti ha
visto crescere in questi anni e ti ha accompagnato in seminario; don Virginio,
che abita in seminario ed è un po’ uno specialista delle vocazioni; don
Daniele, che ti ha visto muovere i primi passi nel cammino della formazione
giovanile del decanato quando era vicario ad Appiano; e infine don Vittorino, i
parroco di Brugherio che ti ha accolto e ha visto già i primi frutti del tuo
ministero diaconale.
Provo a dire alcune parole che vogliono essere di augurio e, per tutti
noi, di stupore davanti al mistero che è il cuore di questa giornata, questa
Santa Messa.
Caro don Gregorio,
oggi vorrei parlare a te e a me e a ciascuno di
coloro che sono venuti qui oggi sfidando le intemperie, di quella realtà che ha
cambiato la mia e la tua vita; di quella presenza reale che oggi per la prima
volta sarà consegnata, attraverso di te, a tutta l’umanità.
In questi anni della tua vita hai fatto spesso la comunione, camminando
verso l’altare, non sempre questo andare verso il Signore è stato attento,
concentrato, spesso la vita distrae, preoccupa distoglie. Eppure Cristo non si
è mai negato. Spesso ti sei ritrovato inaffidabile, talora hai dubitato
consapevole della tua debolezza e della pochezza di quello che pensavi di saper
fare, eppure Dio non si è mai negato. Fin dal giorno della prima comunione
sull’altare hai trovato un piccolo pane bianco, che non ha di per sé neppure un
buon sapore, che nasconde però in un intensissimo silenzio colui che è
l’origine della mia realtà più profonda. Che cosa ti ha potuto dare questo po’
di pane, lieve come un’ala, povero come un boccone così esiguo da non saziare
neppure il più piccolo bambino? In tutti questi anni si è ripetuta, anche
quando non ne sei stato pienamente consapevole, la volontà di Dio che in Gesù
Cristo ti ha cercato, si è messo Lui in cammino verso di te, Lui che si è posto
accanto a te pe sostenere le paure e i dubbi del tuo cuore, Lui che è entrato
dentro di te per trovare casa.
La tua processione verso l’altare è sempre stata solo un pallido simbolo
della eterna processione di Dio verso di te, verso ogni uomo.
Dio, l'Amore cerca casa. La comunione, oggi in modo più intenso lo
intuisci, più che un tuo bisogno, è un bisogno di Dio. Oggi quel fare comunione
ti colma di Dio e lo senti così dono grande che le parole escono a fatica, è
meglio il silenzio, sei colmo di Dio.
Nella tua fragilità dio depone la sua presenza, anzi ti riveste della
sua presenza e ti mette nella condizione di agire in suo nome e ti sorprendi
perché Dio incredibilmente si di quel groviglio di sentimenti e di incertezze,
di quel nodo di desideri che sei. Hai camminato verso l’altare anche oggi, ma
in modo diverso, nuovo, incredibilmente nuovo per l’eternità. Forse come è nel
cuore di molti novelli presbiteri senti un moto interiore che dice l’esperienza
descritta nel Vangelo, in quegli uomini che davanti al Signore dicevano:
“allontanati da me che sono un peccatore!”; “non sono degno che tu entri nella
mia casa, dì solo una parola e io sarò salvato”. Forse anche in te c’è lo stupore per questo
Dio che ti sceglie e non ha paura che tu ti senta così piccolo.
Lui ha stretto fin dal giorno del tuo battesimo la sua alleanza con te,
l’ha confermata con il dono dello Spirito; l’ha alimentata con l’Eucaristia,
l’ha curata con il balsamo della sua misericordia; l’ha informata con l’ascolto
della Parola; l’ha rinnovata nelle relazioni autentiche che hai saputo costruire;
l’ha fortificata con la testimonianza di chi come don Giuseppe, nonna Maria, i
tuoi genitori e tanti tanti altri ti hanno testimoniato la fede; l’ha
consacrata con l’imposizione delle mani e la preghiera della Chiesa. Ora
l’alleanza di Dio con te si riveste di quelle parole che oggi dirai: “Questo è
il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti.”
E ora questa alleanza, che non è cero mai stata esperienza privata, si
dilata ed ha il cuore di Dio. Dio conclude un’alleanza per creare comunione là
dove prima c’era dispersione. E poiché la comunione è caratteristica stessa
della Trinità di Dio, si impegna a custodire l’alleanza a fronte di qualsiasi
smarrimento o peccato. In ogni Eucaristia questa alleanza tra te e Dio si
rinnova conducendoti a comprendere sempre più in profondità la sproporzione di
quello che accade: Dio cerca te, Dio abita te, Dio è in te. E anche attraverso
il tuo ministero Dio cerca ogni uomo, Dio vuole abitare in ogni uomo, Dio vuole
essere in ogni uomo
Questa alleanza è segnata dal sangue “Mosè prese il sangue e ne asperse
il popolo dicendo: Ecco il sangue dell’alleanza”. È una questione che chiede il
coinvolgimento della vita. Dio compie un patto di sangue e lo fa con te, così
come sei, insieme ai tuoi slanci d’amore e alle tue nascoste paure. Nell’Eucaristia
sperimenti la tua fragilità: “che cosa renderò al Signore per quanto mi ha
dato? Alzerò il calice dell’offerta e benedirò il nome del Signore!”. Cosa puoi
offrire al Signore se non la tua storia che nello Spirito “lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato”. A te, ma anche
a ciascuno di noi la possibilità di accoglierlo, di dire «sì» alla comunione,
che è il suo progetto, il suo lavoro dall’eternità.
«Ecco il mio corpo», ha detto il Signore, e oggi caro Gregorio anche tu
ripeti a te stesso e al popolo di Dio, ecco il mio corpo non, come forse ci
saremmo aspettati in una logica diabolica di rincorsa all’avere, al possedere,
all’apparire: «ecco la mia mente, la mia volontà, la mia divinità, ecco il
meglio di me», ma semplicemente, poveramente, ecco il mio corpo. Il Sublime
dentro il dimesso, lo Splendore dentro l’argilla, il Forte dentro il debole. Il
Signore non ci ha portato solo la salvezza, ma la redenzione, che è molto di
più. Salvezza è tirar fuori qualcuno dalle acque che lo sommergono, redenzione
è trasformare la debolezza in forza, la maledizione in benedizione, il
tradimento di Pietro in atto d’amore, il pianto in danza, la veste di lutto in
abito di gioia, la carne in casa di Dio.
Nel suo corpo Gesù ci dà tutto ciò che unisce una persona alle altre:
parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore. Nel suo corpo ci dà tutta la sua
storia: l’umiltà della mangiatoia, la polvere delle strade, il lago con la sua
quiete e con le sue tempeste, il peso e il legno duro della croce, il sepolcro
vuoto; ci dà Dio che si fa uomo in ogni uomo.
Prendete, questo è il mio corpo. Prendete, questo è il mio sangue,
alleanza per molti. Mangiare e bere il corpo e il sangue del Signore significa
fare propria l'intera vicenda di Cristo, cogliere il suo segreto vitale. Quando
Gesù ci dà il suo sangue (il sangue che si dirama per tutto il corpo e collega
e vivifica tutte le parti) vuole che nelle nostre vene scorra la sua vita,
vuole che nel nostro cuore metta radici il suo coraggio e quel miracolo che è
la gratuità nelle relazioni. Quando Gesù ci dà il suo corpo vuole che la nostra
fede si appoggi non a delle idee, ma ad una persona. Quando ci dà il suo sangue
e il suo corpo vuole anche farci attenti al sangue e al corpo dei fratelli.
Nulla il Signore Gesù ha tenuto per sé, egli si è preso cura di noi fino
al dono del sangue, nuova ed eterna alleanza: che la tua vita sia visibile,
quotidiana, fedele offerta dell’alleanza tra Dio e ogni uomo.
Caro Gregorio avendo sperimentato la
misericordia sia tu per primo lieto nel “dare il cuore ai miseri”, e
sperimentando la premurosa cura che Dio ha avuto e ha per te tu non abbia a
cuore che far conoscere a coloro che incontri la provvidenziale, amorevole,
fedele cura di Dio per ognuno dei suoi figli.
Legge suprema dell’esistenza è il dono di sé, unico modo perché la nostra
storia sia, come la sua, un’altra storia d’amore.
Dio ti benedica!
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