12 febbraio 2017 - VI domenica dopo l'Epifania
C’è una caratteristica fondamentale dell’annuncio del Vangelo che Gesù compie e della sua presentazione del Regno di Dio, che possiamo esprimere così: non è possibile vivere autenticamente il culto, il nostro rapporto con Dio, se questo non ci apre alla carità. C’è un legame profondo tra ciò che è religione - il legame con Dio - e il legame con mio fratello. Gesù è venuto a dirci che il rapporto con Dio e il rapporto con l’umanità, con chi mi è prossimo, è un rapporto che non si può rompere, non si può scindere. Costantemente Lui ci invita ad avere uno sguardo di compassione, di misericordia, di comprensione nei confronti della fragilità dell’uomo. Così abbiamo ascoltato nella lettera agli Ebrei «Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze. Egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi».
Veniamo all’altare di Gesù ogni domenica perché abbiamo bisogno di sentirci accolti noi per primi con uno sguardo di compassione, di misericordia, di comprensione per la nostra incapacità a corrispondere pienamente al Vangelo. Lo possiamo fare perché la nostra speranza e la nostra fiducia è posta nel Dio di Gesù Cristo, in quel volto di Padre che abbiamo contemplato durante tutto l’anno Santo della Misericordia. Così l’esortazione ad essere misericordiosi come il Padre diventa desiderio di vivere una vita che sia imitazione di quella di Gesù. E siccome questo è impegnativo abbiamo bisogno costantemente di confrontarci con Lui. Per questo veniamo all’Eucaristia.
Lo possiamo incontrare in tanti modi il Signore. Tutti noi abbiamo modalità personali, legate alla preghiera, all’ascolto della Parola ma l’Eucaristia è il momento che rende la domenica il giorno del Signore. Tanto che all’inizio della storia del cristianesimo c’era un’identificazione tra domenica ed Eucaristia. Il giorno del Signore è l’Eucaristia, che vuol dire “rendere grazie” cioè rendersi conto che la vita, nelle sue manifestazioni, è un dono, a volte più facile da accogliere e custodire, a volte più impegnativo. Ma proprio perché siamo fragili abbiamo bisogno di qualcuno che ci sostenga. Abbiamo ascoltato nel Vangelo che Gesù è venuto non come colui che grida in piazza il suo messaggio, che è violento, che non ha pazienza con la fragilità degli uomini. Gesù non spezza una canna che è già incrinata, non spegne un piccolo lumicino ma valorizza tutto, sempre. È importante che noi arriviamo all’inizio dell’Eucaristia pronti a vivere il momento della richiesta di perdono come essenziale della celebrazione perché ci apre le porte ad uno sguardo diverso su di noi e sugli altri. Innanzitutto veniamo qui perché siamo perdonati, non perché siamo bravi o meglio di altri ma perché riconosciamo di avere bisogno di qualcuno che ci risollevi sempre.
È decisivo per noi imparare a vivere bene la domenica. In questo ci sono davvero maestri i nostri fratelli ebrei che vivono il sabato come il momento del grande riposo per contemplare l’opera di Dio. Noi abbiamo perso un po’ di vista l’importanza della domenica, la riempiamo di tante cose che rischiano però di essere un po’ degli idoli. Certo, non significa che dobbiamo passare tutto il giorno in Chiesa ma, che liberati dalle incombenze che tutti i giorni affaticano il nostro vivere quotidiano, scegliamo di avere atteggiamenti, modi di comportarci, scelte che promuovano quelle relazioni buone all’interno della famiglia, all’interno della comunità cristiana che rivelano come celebrare la santa Messa non è sufficiente se poi, usciti di qui, non siamo nella disponibilità di mettere in gioco tutto noi stessi per creare una rete di relazioni che siano riflesso dell’Eucaristia. Per questo è decisivo che la domenica venga attesa e preparata, non solo perché è il giorno in cui non si va a Scuola, oppure per molti non si va al lavoro ma perché è anche il tempo in cui far cose speciali o anche cose semplici in modo speciale. Abbiamo un po’ perso di vista questo regalo fatto alla nostra cultura di uomini e donne cristiane all’interno di un grande respiro di Chiesa che ha accompagnato la storia, in particolare del nostro Paese, per molto tempo. Rinunciando a questo tempo come tempo della calma, dello stupore, della gratitudine, ci accorgiamo che facciamo sempre più fatica a renderci conto del bene che c’è.
Il Vangelo oggi è molto interessante: Gesù entra nella sinagoga - qui si ascoltava la Parola di Dio e si pregava anche attraverso il canto - ma cosa fanno i farisei? Dicono a Gesù «si può guarire nel giorno di sabato?». Perché questa domanda? Perché il sabato era un giorno in cui c’erano delle leggi che dicevano che non si poteva lavorare e i farisei, che erano persone molto brave, attente, osservavano scrupolosamente tutte le leggi quindi brava gente, ad un certo punto hanno fatto diventare la legge e l’osservanza della legge più importante delle persone. Così arriva un uomo che ha una mano che non può usare, non può lavorare e un uomo che non può lavorare - lo sappiamo bene - è in difficoltà, lui e tutta la sua famiglia e questi dicono “noi siamo bravi, osserviamo tutte le leggi del Signore ma tu cosa dici? Si può guarire un uomo nel giorno di sabato?”. Gesù fa un paragone: se cade una pecora in un fosso non la lasci lì e allora l’uomo vale più della pecore. Si può scegliere di fare il bene il giorno di sabato. Vuol dire che non solo la domenica per noi ma tutti i giorni noi possiamo scegliere di fare il bene, ma in modo singolare la domenica è il giorno in cui dobbiamo trovare proprio anche perché istruiti, ammaestrati da Gesù nell’Eucaristia, dei modi evidenti, concreti di far capire che è un giorno speciale. La domenica ci è stata portata via perché abbiamo rinunciato a farla diventare un giorno speciale… Tocca a noi anche se ci sentiamo piccoli, pochi, ridire che questo è il giorno del Signore perché andiamo all’Eucaristia e perché vogliamo che il nostro tempo sia improntato, in-formato, reso bello da quello che celebriamo. È già importante essere qui oggi, ma ancora di più è uscire da qui e far vedere a tutti che per noi celebrare l’Eucaristia vuol dire fare la differenza, che l’Eucaristia è la domenica e la domenica è il giorno del Signore. Sfruttiamo tutte le occasioni. Noi abbiamo una grande benedizione nella nostra cultura cristiana e nella nostra tradizione cristiana in questi paesi, che è l’Oratorio. L’Oratorio come luogo d’incontro certo per i ragazzi, nasce così, ma nella grande intuizione di don Carlo, il nostro Oratorio era anche pensato come luogo di incontro per le famiglie, così c’è scritto “centro familiare” che è invito a scoprire che c’è un legame profondo tra questo luogo - la Chiesa - e quello qui accanto - l’Oratorio - e che la vita si vive certo con il culto ma, direbbe Paolo, fate della vostra vita un culto spirituale dove spirituale vuol dire “tutta la vita, tutto quello che facciamo”, non solo la preghiera, non solo l’Eucaristia ma qui troviamo la forza, la motivazione per scegliere di trovarci insieme, di vivere insieme, di condividere la semplicità e la complessità della vita nella gratitudine e nella stima reciproca. Che il Signore ci aiuti a vivere così questa domenica e, da oggi in poi, tutte le nostre domeniche.
Veniamo all’altare di Gesù ogni domenica perché abbiamo bisogno di sentirci accolti noi per primi con uno sguardo di compassione, di misericordia, di comprensione per la nostra incapacità a corrispondere pienamente al Vangelo. Lo possiamo fare perché la nostra speranza e la nostra fiducia è posta nel Dio di Gesù Cristo, in quel volto di Padre che abbiamo contemplato durante tutto l’anno Santo della Misericordia. Così l’esortazione ad essere misericordiosi come il Padre diventa desiderio di vivere una vita che sia imitazione di quella di Gesù. E siccome questo è impegnativo abbiamo bisogno costantemente di confrontarci con Lui. Per questo veniamo all’Eucaristia.
Lo possiamo incontrare in tanti modi il Signore. Tutti noi abbiamo modalità personali, legate alla preghiera, all’ascolto della Parola ma l’Eucaristia è il momento che rende la domenica il giorno del Signore. Tanto che all’inizio della storia del cristianesimo c’era un’identificazione tra domenica ed Eucaristia. Il giorno del Signore è l’Eucaristia, che vuol dire “rendere grazie” cioè rendersi conto che la vita, nelle sue manifestazioni, è un dono, a volte più facile da accogliere e custodire, a volte più impegnativo. Ma proprio perché siamo fragili abbiamo bisogno di qualcuno che ci sostenga. Abbiamo ascoltato nel Vangelo che Gesù è venuto non come colui che grida in piazza il suo messaggio, che è violento, che non ha pazienza con la fragilità degli uomini. Gesù non spezza una canna che è già incrinata, non spegne un piccolo lumicino ma valorizza tutto, sempre. È importante che noi arriviamo all’inizio dell’Eucaristia pronti a vivere il momento della richiesta di perdono come essenziale della celebrazione perché ci apre le porte ad uno sguardo diverso su di noi e sugli altri. Innanzitutto veniamo qui perché siamo perdonati, non perché siamo bravi o meglio di altri ma perché riconosciamo di avere bisogno di qualcuno che ci risollevi sempre.
È decisivo per noi imparare a vivere bene la domenica. In questo ci sono davvero maestri i nostri fratelli ebrei che vivono il sabato come il momento del grande riposo per contemplare l’opera di Dio. Noi abbiamo perso un po’ di vista l’importanza della domenica, la riempiamo di tante cose che rischiano però di essere un po’ degli idoli. Certo, non significa che dobbiamo passare tutto il giorno in Chiesa ma, che liberati dalle incombenze che tutti i giorni affaticano il nostro vivere quotidiano, scegliamo di avere atteggiamenti, modi di comportarci, scelte che promuovano quelle relazioni buone all’interno della famiglia, all’interno della comunità cristiana che rivelano come celebrare la santa Messa non è sufficiente se poi, usciti di qui, non siamo nella disponibilità di mettere in gioco tutto noi stessi per creare una rete di relazioni che siano riflesso dell’Eucaristia. Per questo è decisivo che la domenica venga attesa e preparata, non solo perché è il giorno in cui non si va a Scuola, oppure per molti non si va al lavoro ma perché è anche il tempo in cui far cose speciali o anche cose semplici in modo speciale. Abbiamo un po’ perso di vista questo regalo fatto alla nostra cultura di uomini e donne cristiane all’interno di un grande respiro di Chiesa che ha accompagnato la storia, in particolare del nostro Paese, per molto tempo. Rinunciando a questo tempo come tempo della calma, dello stupore, della gratitudine, ci accorgiamo che facciamo sempre più fatica a renderci conto del bene che c’è.
Il Vangelo oggi è molto interessante: Gesù entra nella sinagoga - qui si ascoltava la Parola di Dio e si pregava anche attraverso il canto - ma cosa fanno i farisei? Dicono a Gesù «si può guarire nel giorno di sabato?». Perché questa domanda? Perché il sabato era un giorno in cui c’erano delle leggi che dicevano che non si poteva lavorare e i farisei, che erano persone molto brave, attente, osservavano scrupolosamente tutte le leggi quindi brava gente, ad un certo punto hanno fatto diventare la legge e l’osservanza della legge più importante delle persone. Così arriva un uomo che ha una mano che non può usare, non può lavorare e un uomo che non può lavorare - lo sappiamo bene - è in difficoltà, lui e tutta la sua famiglia e questi dicono “noi siamo bravi, osserviamo tutte le leggi del Signore ma tu cosa dici? Si può guarire un uomo nel giorno di sabato?”. Gesù fa un paragone: se cade una pecora in un fosso non la lasci lì e allora l’uomo vale più della pecore. Si può scegliere di fare il bene il giorno di sabato. Vuol dire che non solo la domenica per noi ma tutti i giorni noi possiamo scegliere di fare il bene, ma in modo singolare la domenica è il giorno in cui dobbiamo trovare proprio anche perché istruiti, ammaestrati da Gesù nell’Eucaristia, dei modi evidenti, concreti di far capire che è un giorno speciale. La domenica ci è stata portata via perché abbiamo rinunciato a farla diventare un giorno speciale… Tocca a noi anche se ci sentiamo piccoli, pochi, ridire che questo è il giorno del Signore perché andiamo all’Eucaristia e perché vogliamo che il nostro tempo sia improntato, in-formato, reso bello da quello che celebriamo. È già importante essere qui oggi, ma ancora di più è uscire da qui e far vedere a tutti che per noi celebrare l’Eucaristia vuol dire fare la differenza, che l’Eucaristia è la domenica e la domenica è il giorno del Signore. Sfruttiamo tutte le occasioni. Noi abbiamo una grande benedizione nella nostra cultura cristiana e nella nostra tradizione cristiana in questi paesi, che è l’Oratorio. L’Oratorio come luogo d’incontro certo per i ragazzi, nasce così, ma nella grande intuizione di don Carlo, il nostro Oratorio era anche pensato come luogo di incontro per le famiglie, così c’è scritto “centro familiare” che è invito a scoprire che c’è un legame profondo tra questo luogo - la Chiesa - e quello qui accanto - l’Oratorio - e che la vita si vive certo con il culto ma, direbbe Paolo, fate della vostra vita un culto spirituale dove spirituale vuol dire “tutta la vita, tutto quello che facciamo”, non solo la preghiera, non solo l’Eucaristia ma qui troviamo la forza, la motivazione per scegliere di trovarci insieme, di vivere insieme, di condividere la semplicità e la complessità della vita nella gratitudine e nella stima reciproca. Che il Signore ci aiuti a vivere così questa domenica e, da oggi in poi, tutte le nostre domeniche.
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