12 marzo 2017 - II di Quaresima


«Se tu conoscessi il dono di Dio che è stato fatto a te»: questa parola mi accompagna da sempre, diventa per me un invito ma anche una domanda, conosco il dono di Dio che è stato fatto a me? Qual è il dono di Dio che mi è chiesto di custodire in questo giorno, nella mia vita?  
Il lungo brano che abbiamo ascoltato lo conosciamo bene e, come spesso accade quando un testo lo conosciamo, facciamo fatica a stare attenti perché sappiamo già come va a finire. Tuttavia possiamo mettere in luce qualche suggerimento per la nostra vita quotidiana. 
Innanzitutto, Gesù passa dalla Samaria per andare a Gerusalemme: non è un percorso obbligato, ci sono altre vie per arrivare alla Città Santa, ma dice Giovanni che deve passare di lì, perché ha un appuntamento, perché sa che incontrerà qualcuno.
Giunge a un pozzo a mezzogiorno ed è strano incontrare una donna che attinge acqua a quell’ora: è infatti usanza che si vada molto presto ad attingere acqua perché poi questa servirà per tutto il giorno e perché mezzogiorno è un’ora troppo calda e troppo faticosa per fare queste incombenza. Sembra che questa donna stia scappando da qualcuno, da qualcosa. Gesù la incontra lì, in quel luogo. Inizia un dialogo in cui si scopre che questa donna ha un desiderio come tutti: quello di essere amata e l’ha cercato in tanti modi, diversi, sbagliati. Gesù offre alla donna una possibilità, non partendo dalla minaccia o dal rimprovero ma da un amore più grande e dice «Ho bisogno di te, dammi da bere, ho sete» creando subito un rapporto squilibrato. Nessun uomo, soprattutto giudeo, si sarebbe rivolto così a una donna samaritana e comunque l’avrebbe utilizzata come una schiava, non le avrebbe chiesto nulla ma l’avrebbe preteso. In questo dialogo che si crea questa donna rimane sorpresa ma proprio questo gesto di umiltà da parte di Gesù permette l’incontro. Dio sceglie di venirci incontro perché sa che abbiamo un desiderio nel cuore di verità, di comprensione della realtà, di conoscenza di ciò che è importante, del perché viviamo, del perché soffriamo, del perché amiamo…. Gesù, che è lo sposo, ha il desiderio di essere amato dalla sua sposa. Il desiderio di Dio è che ciascuno di noi lo possa incontrare ed amare. Ci insegna che l’unico mezzo per raggiungere la profondità di ciascuno di noi, la profondità del nostro cuore non è quello del rimprovero o dell’accusa ma quello del dono. Far gustare più bellezza, più vita: «Se tu conoscessi il dono di Dio che è stato fatto a te», quello che Dio può donarti…. Perché in realtà Gesù è venuto a dirci che Lui non chiede ma dona. Quel sorso d’acqua chiesto perché lui ha sete diventa in noi una sorgente, e la sorgente - lo sappiamo bene - è una realtà viva che non si può esaudire. Quando si va a una sorgente perché si ha sete non si esaurisce tutta la sorgente: si beve e questa continua a zampillare gratuitamente. Quest’acqua viva è l’amore di Dio che è stato riversato in noi nel giorno del nostro Battesimo e l’acqua ci ricorda questa immersione nella grazia di Dio, nella benevolenza di Dio che non è solamente qualcosa in noi ma è per gli altri. Così come una sorgente non è capace di esaurire solamente la nostra sete ma quella di tanti, per tanto tempo. Quest'acqua che zampilla dentro di noi è per la vita, una vita che è resa autentica, che è resa matura, eterna, non si esaurisce mai.
Allora innanzitutto il dono che Dio fa a ciascuno di noi è la possibilità di entrare in un rapporto di comunione che dura nel tempo e che nessuno può inquinare perché è una sorgente sempre rinnovata.
Ma poi Gesù vuole entrare sempre più in profondità di questo dialogo, chiede alla donna di andare a chiamare suo marito, colui che ama, il suo sposo. Quando Gesù parla con le donne - lo leggiamo in tutto il Vangelo - va al pozzo del cuore, parla il linguaggio dei sentimenti, dei desideri, della fedeltà, della tenacia, della ricerca delle ragioni fondamentali per vivere. Gesù non ha mai avuto nemici fra le donne perché parlava loro con quella profondità che fa emergere il meglio di loro e questa donna si apre, non si nasconde, non ha paura «Io non ho marito». Questa sincerità promuove la possibilità di essere guardata con occhi nuovi. Gesù non le fa un processo, non va a cercare i motivi per cui la sua vita è stata così disordinata ma cerca invece dei motivi per fare intuire a questa donna che lei è capace di amare. Non le dice di andare a mettersi in regola prima di parlare con lui. Il dono viene fatto senza aspettarsi nulla, senza volere un’anticipazione del futuro, sulla fiducia. Il dono è gratuito.
Questo volto di Dio ci commuove un po’ sempre. Vale per tutti noi. Vale per me, vale per ciascuno di voi. Non sono amato per quello che restituisco ma neanche per i miei propositi. Sono amato. E basta. Questo mi disorienta, a volte mi pesa perché vorrei che fosse anche un po’ più severo, che mi punisse - come tante volte ci è stato insegnato. In realtà no, perché lui sa bene che è già punizione del cuore il peccato, che la distanza da Lui è punizione, che la mancanza di Dio è male per la vita.
È interessante questa piccola annotazione: dal pozzo di Sicar si vede il monte Garizim, il monte su cui i samaritani costruirono un tempo alternativo a quello di Gerusalemme. Attorno a questo monte ci sono sei colli. Dopo la deportazione di Samaria, dopo la distruzione di Samaria, i samaritani tornarono ad abitare quella terra di colonia e di altre terre, di altri popoli e su ciascuna di queste alture costruirono dei templi dedicati ai loro idoli. Così la storia di questo popolo si intreccia con la storia di questa donna: sei alture con divinità diverse, per dire che noi possiamo costruire tanti idoli, possiamo percorrere strade sbagliate ma ci è chiesto di riconoscere che solo una sorgente può garantirci la possibilità di sostenere il cammino della vita sentendoci sempre amati. Quando io scopro che l’amore di Dio per me è autentico, allora sento l’urgenza di portarlo a tutti. Così questa donna, che fugge dalla sua gente, torna e dice «ho incontrato uno che sa tutto di me. Che sia Lui il Messia?». Quando incontro il Signore non posso tenerlo per me e scopro allora che i comandamenti non sono una gabbia ma una strada; scopro che l’Eucaristia non è un precetto ma la possibilità dell’incontro con il mio Signore; che la carità non è un dovere ma è la conseguenza necessaria, immediata, urgente dello stesso amore con il quale mi sento amato.
Chiediamo allora al Signore di vivere coì questo tempo di Quaresima perché, inondati dalla presenza di Dio, dal suo Amore, possiamo a sua volta essere capaci di dirlo a tutti e dire che il tempo della Quaresima per noi non è un tempo triste di conversione, di cose da fare per piacere a Dio, ma la Quaresima per noi è un’occasione per riconoscere qual è il dono che Dio ha fatto a ciascuno di noi. 

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