Domenica delle Palme


«I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose». Anche noi a volte compiamo dei gesti, ci troviamo a fare dei riti dei quali non comprendiamo bene il significato. Così, se ciascuno di noi dovesse raccontare il significato di questo gesto di portare l’ulivo e di venire qui in Chiesa, avremmo probabilmente tante risposte diverse.
Dare significato ai gesti che compiamo e non darli per scontati ci permette di viverli con maggiore intensità, profondità, ci permette di custodirli nel cuore.
Ma anche i discepoli di Gesù che avevano vissuto con lui per tanto tempo non capivano. Questo da una parte ci consola perché è possibile che questa incapacità di capire non sia una colpa, se è legata al fatto che non sappiamo sempre metterci in un’attenzione e di accoglienza nei confronti del Signore. Abbiamo avuto a disposizione tutta la Quaresima, quaranta giorni, per preparare questa settimana che noi chiamiamo “santa”, “autentica” perché è la matrice di tutte le altre settimane, è il riferimento di come vivere il tempo in ogni altra settimana dell’anno. E in questo tempo di Quaresima abbiamo scelto all’inizio di imporre dei piccoli impegni, una piccola regola di vita, personalmente ciascuno avrà fatto le sue scelte, magari si trova anche ora a dire “mi sono dimenticato”, “l’inizio è stato gioioso poi il tempo mi ha fatto dimenticare…”. Ma come comunità ci eravamo detti che solo l’ascolto della Parola di Dio illumina il cammino, che è solamente la Parola del Signore che ha la pretesa di illuminare i passi da compiere nella strada della vita; che la Sua Parola è creativa, capace sempre di rinnovarci; allora non possiamo pensare di vivere una vita nello Spirito senza nutrirci quotidianamente della Parola di Dio. Questa Parola che necessariamente non possiamo comprendere tutta ma che mettendoci costantemente in ascolto, ci trasforma, ci cambia, ci rende sempre di più simili a quello che quella Parola dice. Questi giorno allora sono giorni in cui custodire la Parola di Dio.
Abbiamo poi detto che essenziale è la preghiera: la preghiera non è tutto ma tutto passa attraverso la preghiera, in particolare quell’atteggiamento del cuore nella preghiera che è il silenzio. Perché il Signore parla al cuore di Gesù ma se noi parliamo, se noi abbiamo sempre la mente piena di tante parole, se il nostro tempo è sempre invaso dalle parole che ci vengono proposte dagli strumenti che abbiamo a disposizione, il Signore è un Signore: tace. Aspetta di avere la possibilità di essere ascoltato, perché non è invadente, non è arrogante. L’abbiamo letto che entra in Gerusalemme seduto su un asino, non il cavallo del vittorioso, non il carro da guerra ma l’asino che era la cavalcatura in tempo di pace, a dire la sua volontà di accogliere tutti ma di non imporsi a nessuno, di essere attento a ciascuno - entra nella città, entra nella casa, entra nel cuore - ma sempre con la massima discrezione chiedendo sempre “se vuoi”, perché Lui sa di avere una parola buona da donarci, di avere un messaggio buono da offrirci ma desidera che questo avvenga in una comunione, in una condivisione e non certo come una forzatura.
Ci siamo detti anche che essenziale è il digiuno, saper dire che anche il cibo, che è per la vita, è meno importante di Dio, per dire che Dio è prima di tutto, anche della mia vita. O meglio ancora, nel momento in cui io scelgo che il Signore sia il cuore della mia vita, Lui è capace di alimentare anche il mio corpo. Non solo nell’Eucaristia ma in tutti quei gesti che metto in atto: perché quando so dire dei “no” so anche dire dei “sì”, quando so rifiutare qualcosa anche di prezioso per qualcosa che riconosco più grande allora so dire dei “sì” anche importanti.
Poi l’elemosina, dare a chi è povero, bisognoso. Questa forma che accomuna la spiritualità di tante persone, non solo dei cristiani tanto che in ogni religione è presente questo tema. Prendersi cura di chi è bisognoso dice “io imparo da Gesù che ha cura di me e per questo io sono capace di offrire qualcosa di mio”.
Così questi giorni ci sono donati perché ci chiediamo se vogliamo accompagnare Gesù nel percorso verso il compimento della sua vita, la sua morte la sua risurrezione; se vogliamo che la nostra vita sia rinnovata dall’incontro con Lui. Non temiamo se abbiamo sciupato questo tempo di Quaresima, se ci troviamo ad essere incapaci di dire “ho fatto un buon cammino”. «Non temere figlia di Sion» è l’esortazione di chi ci fa sentire comunque a casa, anche se ci siamo dimenticati di Lui. Noi siamo qui ora e ci chiediamo se vogliamo vivere questa settimana come Settimana Santa, di Dio, come tempo dedicato a Lui.
Siamo poi invitati in questi giorni ad accostarci al sacramento della riconciliazione, non per seguire quel precetto che dice almeno a Pasqua uno si confessi e si comunichi per essere cristiano: si può precettare l’amore? Si può imporre a qualcuno di amare anche solamente una volta all’anno? Chiedere il perdono significa - per chi può - vivere bene il sacramento della riconciliazione, disporsi a riconoscere che questa misericordia davvero mi cambia la vita se l’accolgo in pienezza; per chi non ha ancora la possibilità di accedere a questo sacramento significa riconoscere umilmente la propria fragilità e affidarla al Signore perché strade nuove si compiano anche per chi appare ora distante o allontanato.
Infine, accoglienza, che inizia da chi mi sta accanto. Non sempre siamo capaci di un’accoglienza totale verso chi mi è prossimo, più vicino. Certamente l’allenamento con queste persone mi rende capace di guardare chi arriva da un altro paese, da un’altra cultura con uno sguardo diverso. Cerchiamo allora di accoglierci gli uni gli altri in questa settimana in modo straordinario perché poi diventi lo stile di tutti i giorni.
Questa giornata l’abbiamo caratterizzata come Giornata Mondiale della Gioventù non per mia decisione ma perché tale è la giornata che stiamo vivendo. L’anno scorso in modo straordinario l’abbiamo vissuta camminando per le strade della Polonia, tenendo nel cuore quella parola che il Papa aveva scelto «Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia» e così abbiamo cantato in tante occasioni questa parola “beato il cuore di chi è capace di perdonare perché troverà misericordia”. In questa Giornata Mondiale della Gioventù, in avvicinamento a quella grande che verrà vissuta a livello internazionale a Panama, il Papa ci invita a fare un cammino con Maria e ci chiede oggi di contemplare la fede di Maria “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”. Maria che accompagna Gesù fino ai piedi della croce, che raccoglie l’annuncio della Risurrezione, che nel tempo del silenzio del Sabato Santo è colei che sta accanto ai suoi discepoli e attende fiduciosa che si compia quella parola custodita nel cuore fin dall’inizio “Nulla è impossibile a Dio”. Per questo noi ci affidiamo a Lei. Lei che è la donna dello stupore, dell’umiltà, della fedeltà, della paziente attesa del disegno di Dio sia per noi guida nel cammino della vita, donandoci ancora lo stupore per tutto ciò che di bello accade nella nostra esistenza, nelle nostre comunità, nei nostri ragazzi; perché ci rinnovi il desiderio di essere umili, come lei tapina, piccolina; perché Dio trovi posto perché ogni volta che ci sentiamo pieni di noi stessi non c’è posto per nessuno, neppure per Dio; pazienti perché la vita è faticosa: aspetti che non vogliamo, dei quali faremmo volentieri a meno. La vita è pazienza, dove pazienza non significa rassegnazione, un subire lamentoso ma significa dire “in questa fatica c’è qualcosa che io non so”, come il seme che caduto nella terra muore per dare frutto, come la Passione, la pazienza di Cristo che genera una vita rinnovata. E poi la fedeltà: in questi giorni proviamo ad essere fedeli a piccoli momenti quotidiani ma questo ci preparare il cuore alla Pasqua. Allora domenica diremo “È Pasqua! È la festa del cristiano credente! È la Pasqua del Signore!” e sapremo annunciare a tutti le opere che Dio ha compiuto.
«I suoi discepoli sul momento non compresero queste cose, ma quando Gesù fu glorificato si ricordavano che di Lui erano state scritte queste cose e che a lui esse le avevano fatte». Che il Signore ci doni la gioia di vivere questi giorni così. E se anche ora non capiamo tutto, chiediamo a Lui la grazia di saper riportare al cuore tutto quello che vivremo perché ricordandolo - riportandolo al cuore - diventi di più, sempre di più, la nostra vita. 

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