Venerdì Santo - Nella Passione del Signore


«Sei tu il Re dei Giudei?». Gesù viene presentato a tutti con il volto coperto di sangue. Il dolore rende incerto il suo camminare. Porta su di sé il dolore di tutti gli uomini. Così noi rivediamo quel volto, spesso, nel corso di questa storia dell’uomo, di tutti gli uomini. Questi volti insanguinati, questi uomini e donne che camminano stancamente feriti da un dolore che colpisce direttamente il cuore.
Gesù è il Figlio di Dio e non appare nello splendore dell’eternità ma nella sofferenza di un Dio appassionato. Così, fin dall’inizio del cristianesimo, i padri della Chiesa dicevano «Dio prima patì e poi si incarnò. Patì vedendo la condizione dell'uomo. Patì perché l’amore è passione» e ancora «amare significa patire, appassionarsi. Chi ama di più si prepari a patire di più». Vediamo in Cristo, come le donne al Calvario stavano ad osservare da lontano, il Volto di Dio, non di un Dio che si impone con la violenza, non di un Dio che ci costringe, che ci obbliga. Quelle donne, presso la croce, ci ricordano come Gesù non ha mai avuto nemici tra le donne, è un piccolo gregge addolorato e coraggioso. Ci ricordano, quelle donne, che la Chiesa nasce dalla contemplazione del Volto del Dio crocifisso. La Chiesa nasce dalla fede di quelle donne che hanno verso Gesù lo stesso sguardo di amore e di dolore che Gesù ha sull’uomo e su questo nostro mondo. Per diventare Chiesa dobbiamo anche noi sostare con queste donne accanto alle antiche croci del mondo, dove Cristo è ancora oggi crocifisso nei suoi fratelli, disprezzato, umiliato, ricacciato indietro, naufragato nel mare dell’indifferenza, del pregiudizio e dell’odio. Con Maria, la mamma di Gesù, e le donne che stanno ai piedi della croce, vogliamo dire al Signore che oggi intendiamo farci carico della passione di ogni figlio dell’uomo. Il mondo ci appare tante volte una collina di croci: a noi, che siamo discepoli di Gesù, il compito di restare accanto, di portare conforto, speranza, pane, umanità, vita.
«Veramente quest’uomo era Figlio di Dio». Quando la parola di Dio è diventata grido, poi è diventata muta, la prima parola di un uomo è di un soldato che è esperto di morte. Quanti altri crocifissi avrà visto quel soldato? A quanti altri avrà dato quel supplizio? Che cosa ha visto nell’agonia di un morente da fargli pronunciare il primo atto di fede che, possiamo dire, essere di un cristiano? L’esperto della morte in quella morte ha visto Dio. Non è stato colpito da un sepolcro che si apre, non dallo sfolgorio di una luce, non da un sole mai visto, ma in questa tenebra del venerdì, vedendolo sulla croce e sul patibolo, sul trono della più grande infamia, un uomo ridotto a verme, questo soldato dice «era figlio di Dio». Morire così è cosa da Dio, rivelazione del cuore di Dio. Il nostro Dio è differente. Perché è salito sulla croce? Per essere con me, come me. Perché io possa essere con Lui e come Lui. Essere in croce è ciò che Dio nel suo amore deve all’uomo che è in croce. Quante volte anche noi abbiamo pensato “perché Dio non fa nulla? Perché Dio non fa sentire la sua voce? Perché non cambia le cose?”.
«Scendi dalla croce» gridavano ma se scende non è Dio. È ancora la logica umana che vince, quella del più forte: solo Dio non rende dal legno, si consegna alla tenebra, si abbandona all’Altro per gli altri e passa dall’abbandono di Dio - «perché mi ha abbandonato» - all’abbandono a Dio - «nelle tue mani consegno il mio spirito» - e ci rappresenta tutti nei nostri abbandoni, nelle desolazioni, nelle notti, nelle sofferenze, nelle morti.
Io so che non capirò mai la croce, l’uomo non regge questo amore, è troppo limpido, ma Cristo non è venuto perché lo comprendessimo ma perché ci aggrappassimo alla sua croce, lasciandoci semplicemente sollevare da Lui. La fede è abbandonarsi all’abbandonato amore. Ogni grido, ogni abbandono, ogni sofferenza, ogni morte, può sembrare una sconfitta. Ma se è affidato al Padre ha il potere, senza che noi lo sappiamo, di far tremare la pietra di ogni nostro sepolcro e di donarci una vita nuova.
(fonte: Ermes Ronchi)

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