Benvenuti nel cuore del mio presepe

 

Santuario di Greccio - Cappella del Presepe

Come ogni anno vi invito ad entrare nel mio presepe, in realtà mentre scrivo sento che ci siete già tutti.

Il mio presepe è fatto di cuori. 

Il cuore di Maria innanzitutto. Noi lo chiamiamo sacratissimo e immacolato, in realtà per Gesù è semplicemente il cuore della sua Mamma. Un capolavoro, una meraviglia anche agli occhi di Dio. Un cuore come quello di Maria è tanto grande che ci può stare dentro tutta l’umanità. È un cuore che conosce il turbamento, lo slancio del dono, la sollecitudine del servizio, l’impeto della gioia, la pazienza del custodire, la fatica di non capire, il freddo del silenzio, lo strazio del dolore, l’abbandono fiducioso. Ma in questo cuore, nel quale trova rifugio ogni uomo e ogni donna di ogni tempo, ritrovo in particolare i cuori delle donne custodi della maternità, che è generare e custodire la vita quando si forma nel grembo e quando si apre al mondo. Donne madri nella carne e madri nello spirito perché la maternità è più che generare, è provvedere, per questo la maternità è un’opera divina e le madri sono artiste straordinarie.

Nel cuore di Maria porto il desiderio delle donne che anelano a diventare mamme; la trepidazione di coloro che sono in attesa; la tenacia di chi crede che educare sia declinazione del verbo amare; la fedeltà e la pazienza delle donne che si consumano nel ripetere sempre le stesse buone azioni, gratuitamente; la tristezza di chi sente lontano da sé chi ha tenuto dentro si sé; il sommo dolore delle donne che piangono per la perdita di un figlio; il silenzio delle donne anziane che per molti “non capiscono più niente”, e che invece sono custodi di sogni e avventure mai scritte; il donarsi di chi ascolta, accompagna e condivide e non offre suggerimenti facili, ma rimanda alla fatica delle conquiste frutto del lavoro quotidiano e del rendere sacro il tempo, nell’arte dimenticata del sacrificio.

Nel cuore di Maria che custodiva ogni cosa metto gli affetti, le domande, i turbamenti, le inquietudini, le sofferenze delle donne che ho incontrato. 

Il cuore di Giuseppe. Lo chiamiamo castissimo questo cuore e subito ai più suona come una privazione. Giuseppe non ha vissuto nella paura di sbagliare ma nella gioia di donarsi. Ancora prima di essere visitato dall’angelo aveva scelto di donare a Maria un amore che fosse senza ombre, senza rivalse e tantomeno senza vendetta. Il cuore di Giuseppe conosce lo smarrimento del dubbio, l’inquietudine delle scelte importanti, la disponibilità all’ascolto, la cura premurosa, la fatica del lavoro, la prudenza del discernimento, la predilezione delle azioni rispetto alle parole. 

Nel cuore di Giuseppe porto gli uomini che conoscono la fatica di vivere la paternità non come l’imposizione di regole certe e prive di amore, ma piuttosto come la paziente opera di dare indicazioni sapendo che la libertà rimane mistero talora insondabile; porto gli uomini che onorano la vita con un lavoro onesto; quanti si adoperano per creare un mondo più equo e giusto; gli uomini che fanno delle loro competenze un bene per molti e non lo strumento per un arricchimento personale ed esclusivo; porto gli uomini che coltivano sogni grandi e non si arrendono davanti al giudizio degli sciocchi; porto gli uomini che quando parlano mi fanno desiderare di non sciupare la vita dietro alle banalità; gli uomini che sanno perdonare i torti subiti e quelli che non hanno tempo per lamentarsi, ma solo desiderano ricominciare. 

Nel cuore di Giuseppe metto gli affetti, le domande, i turbamenti, le inquietudini, le sofferenze degli uomini che ho incontrato.


Il cuore dei pastori. Il cuore degli esclusi, dei poveri, degli insignificanti, dei senza nome. Come possono essere i primi depositari dell’annuncio che cambia la storia? Quale bellezza Dio può scorgere in loro?

Nel mio presepe c’è posto per coloro che la vita ha emarginato a motivo dell’ingiustizia, dei ripetuti soprusi, delle promesse non mantenute, delle delusioni e delle amarezze di amicizie tradite, di sogni cancellati, di amori infedeli, di sofferenze che tormentano il corpo, ma soprattutto il cuore.

Nel cuore dei pastori porto quell’umanità che mi infastidisce quando bussa alla mia porta, quando disturba nell’ora dei pasti, quando mi butta in faccia il mio ingiusto superfluo, l’umanità di chi non ha il diritto di lamentarsi, di quella che, diciamo, «se l’è cercata». 

Nel cuore dei pastori metto gli affetti, le domande, i turbamenti, le inquietudini, le sofferenze di quegli uomini che chiamiamo ultimi e che invece sono i primi.

Il cuore dei Magi è un cuore colmo di stupore, di perseveranza e di coraggio. Ci parla della fatica di scrutare il cielo, quel cielo che non abbiamo più la pazienza e la meraviglia di guardare. Ci dice il coraggio di partire, di lasciare le proprie cose, le proprie case, di sfidare il tempo e lo spazio, di non avere paura degli incontri, di non avere paura della notte, di coloro che ti fermano lungo il cammino e ti chiedono aiuto, di coloro che cercano con te di scoprire quale sia il senso della vita. I Magi sono perseveranti, cercano continuamente, non si stancano mai, sono gioiosi di vedere una stella, un segno che per i più è semplicemente un puntino luminoso nel cielo. Camminano di notte, non possono fermarsi, sbagliano strada. 

Nel cuore dei Magi porto tutti coloro che cercano, anche quelli che pensano di non cercare più Dio, che pensano di poter fare a meno di Lui, di quelli che vivono come se Lui non ci fosse. Ma nel cuore hanno un tormento, una domanda, una ricerca di senso e cercano una risposta nei numeri, nelle prove certe, negli affetti disordinati, nel denaro, nella fama e nel potere. Il cuore degli uomini è così: è capace di slanci di coraggio, è capace di stupore ma a volte si perde, talora non trova la strada. Ma quando la ritrova prova una grandissima gioia. 

Nel cuore dei Magi metto gli affetti, le domande, i turbamenti, le inquietudini, le sofferenze degli uomini che cercano un senso per la propria vita.

Nel mio presepe c’è posto per un cuore indurito: è quello di Erode. Quando penso a lui penso a quello che la Scrittura descrive come il «cuore di pietra». Cuore di pietra questo è il nome di chi ha paura di un bambino. Nel mio presepe c’è posto anche per chi non è buono, per chi sbaglia, per chi continua a sbagliare, per chi crede di non avere bisogno di perdono e per chi se la prende con i più deboli, i più piccoli, i bambini. È triste sapere che il cuore dell’uomo può diventare così duro da non guardare all’altro come fratello, come amico, ma solo come concorrente, come minaccia, come problema, come fastidio, come un peso da eliminare. Il presepe non è una storiella che va a finire bene, è la storia dell’umanità che Gesù viene ad abitare. Il presepe ci parla della volontà di Dio di camminare in mezzo agli uomini, quelli che hanno un cuore buono e quelli che invece il cuore l’hanno indurito. E in lui c’è il desiderio che tutti possano riconoscerlo e scoprire che il più grande dono nella vita non è solamente vivere ma vivere da figli di Dio.

Nel cuore di Erode non metto nessuno perché c’è già tanta inquietudine, tanta sofferenza, tanta oscurità. Posso però mettere un po’ di luce: è quella del cuore di Gesù.

Il cuore di Gesù è un cuore piccolo, è quello di un bambino, ma è già grande perché in esso vi trova spazio tutta l’umanità. Quando lo rappresentiamo è coronato da un intreccio di spine, a ricordarci che c’è un profondo legame tra il Natale e la Pasqua, anche oggi noi celebriamo il memoriale della Pasqua; a ricordarci che Gesù non è venuto per riempire le nostre case e i nostri cuori della «magia del Natale», ma di storia, di carne, di sangue. È venuto per dirci che l’umanità è la sua culla, che l’umanità è il suo mondo, che noi con i nostri cuori affaticati e incerti siamo la sua casa. Lui ci dice «imparate da me che sono mite e umile di cuore, troverete ristoro per la vostra vita». Quel cuore piccolino, diventato grande, è lo stesso che sulla croce  verrà squarciato perché non tenga nulla per sé e ci sia spazio per tutti. Proprio per tutti, anche per me anche per ciascuno di voi, così come siamo oggi, così come siamo venuti qui per questa celebrazione: per abitudine, per affetto, per fede, per precetto, perché «se no non è Natale», così come siamo noi siamo la culla di Dio, in quel cuore c’è posto per tutti noi. 

Nel cuore di Gesù metto ciascuno di voi con i vostri affetti, le vostre domande, i vostri  turbamenti, le vostre inquietudini e le vostre sofferenze, perché, ne sono sono certo, solo abitando quel cuore potrete vivere un autentico Natale.



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