9 febbraio 2011
Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie,
li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero;
ed essi li distribuirono alla folla.
Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi
e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà
e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte.
Erano circa quattromila.
Marco 8,6-9
Sir 37,7-15; Sal 72; Mc 8,1-9
Nacque circa il 1868 nelle vicinanze di Jebel Agilere, circa 25 miglia a nord-est di Nyala, una cittadina del Sud Darfur (Sudan). Rapita all’età di circa dieci anni da negrieri arabi, rimase in schiavitù qualche anno a El Obeid (Kordofan) e a Khartoum, ove fu venduta al console italiano. Questi la condusse con sé in Italia e la cedette a un suo amico residente con la famiglia a Mirano Veneto (Venezia) ove soggiornò per tre anni. Passò ancora circa un anno in Africa a Suakin con la stessa famiglia, quindi ritornò definitivamente in Italia. Convertitasi al cattolicesimo per opera delle suore canossiane di Venezia, ricevette il battesimo il 9 gennaio 1890, insieme alla prima comunione e alla cresima, dal cardinale patriarca Domenico Agostini, all’età di circa vent’anni, prendendo i nomi di Gioseffa, Margherita Fortunata, Maria Bakhita. Il 7 dicembre 1893 entrò nell’Istituto delle Figlie della Carità Canossiane in Venezia, vestendo l’abito religioso l’8 dicembre 1895 e facendo la professione nella casa-madre dell’Istituto Canossiano a Verona il giorno 8 dicembre 1896. Si distinse nell’osservanza delle regole, per una particolare pietà e una grandissima carità. Morì il giorno 8 febbraio 1947 nella casa delle Figlie della Carità Canossiane di Schio (Vicenza). Fu beatificata a Roma da Giovanni Paolo II il 17 maggio 1992 e canonizzata il 1º ottobre 2000.
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