25 novembre 2011
«Una generazione malvagia e adultera
pretende un segno!
Ma non le sarà dato alcun segno,
se non il segno di Giona il profeta.
Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti
nel ventre del pesce,
così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti
nel cuore della terra».
(Mt 12,39-40)
Segni, segni, siamo sempre a chiedere segni! Dio ha una pazienza infinita con noi! Quante volte vedo dei fratelli che non pensano a Dio per la quasi totalità della propria vita salvo, poi, appena accade una qualche disgrazia, rivolgersi a Lui con concitazione e improvvisa devozione, giungendo anche al ricatto: «Dio, se esisti, fa' che accada così e così». Andiamo! Siamo seri e prendiamo sul serio Dio! Abbiamo davvero bisogno di segni eclatanti? Di eventi prodigiosi? Per arrivare a quale conclusione? Il problema è il nostro sguardo: il Signore continua a colmare di segni della sua presenza la vita di ciascuno di noi. Ai suoi contemporanei e a noi Gesù propone un duplice segno, quello di Giona, che, restando nel ventre del pesce per tre giorni, diventa prefigurazione della morte e resurrezione di Gesù, e quello della sua predicazione che portò a conversione la gente di Ninive. Gli unici segni che il Signore è disposto a dare sono il grande segno della sua resurrezione e le tante riflessioni e gli inviti a conversione che ci giungono tutti i giorni da mille parti per bocca di inattesi profeti e testimoni di Dio. Non cerchiamo scuse ma lasciamo che oggi Parola di Dio scuota il nostro intimo e spalanchi la diga della conversione, perché ben più di Giona c'è qui!
(Paolo Curtaz)
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