25 gennaio 2012 - Siamo cristiani solo se incontriamo Cristo
«Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito;
che cosa dunque ne avremo?».
(Mt 19,27)
Cari fratelli e sorelle,
la catechesi di
oggi sarà dedicata all’esperienza che san Paolo ebbe sulla via di Damasco e
quindi a quella che comunemente si chiama la sua conversione. Proprio sulla
strada di Damasco, nei primi anni 30 del secolo I°, e dopo un periodo in cui
aveva perseguitato la Chiesa, si verificò il momento decisivo della vita di
Paolo. […] Che cos’era successo?
Abbiamo a questo
proposito due tipi di fonti. Il primo tipo, il più conosciuto, sono i racconti
dovuti alla penna di Luca, che per ben tre volte narra l’evento negli Atti degli Apostoli (cfr 9,1-19; 22,3-21; 26,4-23). Il lettore
medio è forse tentato di fermarsi troppo su alcuni dettagli, come la luce dal
cielo, la caduta a terra, la voce che chiama, la nuova condizione di cecità, la
guarigione come per la caduta di squame dagli occhi e il digiuno. Ma tutti
questi dettagli si riferiscono al centro dell’avvenimento: il Cristo risorto
appare come una luce splendida e parla a Saulo, trasforma il suo pensiero e la
sua stessa vita. Lo splendore del Risorto lo rende cieco: appare così anche
esteriormente ciò che era la sua realtà interiore, la sua cecità nei confronti
della verità, della luce che è Cristo. E poi il suo definitivo “sì” a Cristo
nel battesimo riapre di nuovo i suoi occhi, lo fa realmente vedere.
Nella Chiesa
antica il battesimo era chiamato anche “illuminazione”, perché tale sacramento
dà la luce, fa vedere realmente. Quanto così si indica teologicamente, in Paolo
si realizza anche fisicamente: guarito dalla sua cecità interiore, vede bene.
San Paolo, quindi, è stato trasformato non da un pensiero ma da un evento,
dalla presenza irresistibile del Risorto, della quale mai potrà in seguito
dubitare tanto era stata forte l’evidenza dell’evento, di questo incontro. Esso
cambiò fondamentalmente la vita di Paolo; in questo senso si può e si deve
parlare di una conversione. Questo incontro è il centro del racconto di san
Luca, il quale è ben possibile che abbia utilizzato un racconto nato
probabilmente nella comunità di Damasco. Lo fa pensare il colorito locale dato
dalla presenza di Ananìa e dai nomi sia della via che del proprietario della
casa in cui Paolo soggiornò (cfr At 9,11).
Il secondo tipo di
fonti sulla conversione è costituito dalle stesse Lettere di san Paolo. Egli non ha mai parlato
in dettaglio di questo avvenimento, penso perché poteva supporre che tutti
conoscessero l’essenziale di questa sua storia, tutti sapevano che da
persecutore era stato trasformato in apostolo fervente di Cristo. E ciò era
avvenuto non in seguito ad una propria riflessione, ma ad un evento forte, ad
un incontro con il Risorto. Pur non parlando dei dettagli, egli accenna diverse
volte a questo fatto importantissimo, che cioè anche lui è testimone della
risurrezione di Gesù, della quale ha ricevuto immediatamente da Gesù stesso la
rivelazione, insieme con la missione di apostolo. Il testo più chiaro su questo
punto si trova nel suo racconto su ciò che costituisce il centro della storia
della salvezza: la morte e la risurrezione di Gesù e le apparizioni ai
testimoni (cfr. 1 Cor 15). Con parole della tradizione
antichissima, che anch’egli ha ricevuto dalla Chiesa di Gerusalemme, dice che
Gesù morto crocifisso, sepolto, risorto apparve, dopo la risurrezione, prima a
Cefa, cioè a Pietro, poi ai Dodici, poi a cinquecento fratelli che in gran
parte in quel tempo vivevano ancora, poi a Giacomo, poi a tutti gli Apostoli. E
a questo racconto ricevuto dalla tradizione aggiunge: “Ultimo fra tutti apparve
anche a me” (1 Cor 15,8). Così fa capire che questo è
il fondamento del suo apostolato e della sua nuova vita. Vi sono pure altri
testi nei quali appare la stessa cosa: “Per mezzo di Gesù Cristo abbiamo
ricevuto la grazia dell'apostolato” (cfr Rm 1,5); e ancora: “Non ho forse
veduto Gesù, Signore nostro?” (1 Cor 9,1), parole con le quali egli
allude ad una cosa che tutti sanno. E finalmente il testo più diffuso si legge
in Gal 1,15-17: “Ma quando colui che mi
scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di
rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito,
senza consultare nessun uomo, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano
apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco”. In questa
“autoapologia” sottolinea decisamente che anche lui è vero testimone del
Risorto, ha una propria missione ricevuta immediatamente dal Risorto.
Possiamo così
vedere che le due fonti, gli Atti degli Apostoli e le Lettere di san Paolo,
convergono e convengono sul punto fondamentale: il Risorto ha parlato a Paolo,
lo ha chiamato all’apostolato, ha fatto di lui un vero apostolo, testimone
della risurrezione, con l’incarico specifico di annunciare il Vangelo ai
pagani, al mondo greco-romano. E nello stesso tempo Paolo ha imparato che,
nonostante l’immediatezza del suo rapporto con il Risorto, egli deve entrare
nella comunione della Chiesa, deve farsi battezzare, deve vivere in sintonia
con gli altri apostoli. Solo in questa comunione con tutti egli potrà essere un
vero apostolo, come scrive esplicitamente nella prima Lettera ai Corinti: “Sia
io che loro così predichiamo e così avete creduto” (15, 11). C’è solo un
annuncio del Risorto, perché Cristo è uno solo. […]
Venendo ora a noi
stessi […]. Cristiani siamo soltanto se incontriamo Cristo. Certamente Egli non
si mostra a noi in questo modo irresistibile, luminoso, come ha fatto con Paolo
per farne l'apostolo di tutte le genti. Ma anche noi possiamo incontrare
Cristo, nella lettura della Sacra Scrittura, nella preghiera, nella vita
liturgica della Chiesa. Possiamo toccare il cuore di Cristo e sentire che Egli
tocca il nostro. Solo in questa relazione personale con Cristo, solo in questo
incontro con il Risorto diventiamo realmente cristiani. E così si apre la
nostra ragione, si apre tutta la saggezza di Cristo e tutta la ricchezza della
verità. Quindi preghiamo il Signore perché ci illumini, perché ci doni nel nostro
mondo l'incontro con la sua presenza: e così ci dia una fede vivace, un cuore
aperto, una grande carità per tutti, capace di rinnovare il mondo.
(Dall'Udienza Generale di mercoledì 3 settembre 2008)
Settimana di Preghiera
per l'Unità dei Cristiani
Ottavo giorno
Uniti nel Regno di Cristo -
“I vincitori li farò sedere
insieme a me,
sul mio tro-no” (Ap 3, 21)
In quest’ultimo giorno della nostra Settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani, celebriamo il Regno di Cristo. La vittoria di Cristo
ci abilita a guardare al futuro con speranza. Questa vittoria supera tutto ciò
che ci trattiene dal condividere la pienezza di vita con lui e gli uni con gli
altri. I cristiani sanno che l’unità fra noi è, innanzitutto, un dono di Dio. È
una condivisione nella gloriosa vittoria di Cristo su tutto ciò che divide.
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