24 febbraio 2012 - La potenza della Parola di Cristo
«Il cielo e la terra passeranno,
ma le mie parole non passeranno».
(Mc 13,31)
Nel Vangelo di
Marco nel discorso di Gesù sulla fine dei tempi c’è una frase che colpisce per
la sua chiarezza sintetica: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole
non passeranno” (Mc 13,31).
Fermiamoci un momento a riflettere su questa profezia di Cristo.
L’espressione
“il cielo e la terra” è frequente nella Bibbia per indicare tutto l’universo,
il cosmo intero. Gesù dichiara che tutto ciò è destinato a “passare”. Non solo
la terra, ma anche il cielo, che qui è inteso appunto in senso cosmico, non
come sinonimo di Dio. La Sacra Scrittura non conosce ambiguità: tutto il creato
è segnato dalla finitudine, compresi gli elementi divinizzati dalle antiche
mitologie: non c’è nessuna confusione tra il creato e il Creatore, ma una
differenza netta. Con tale chiara distinzione, Gesù afferma che le sue parole
“non passeranno”, cioè stanno dalla parte di Dio e perciò sono eterne. Pur
pronunciate nella concretezza della sua esistenza terrena, esse sono parole
profetiche per eccellenza, come afferma in un altro luogo Gesù rivolgendosi al
Padre celeste: “Le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno
accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai
mandato” (Gv 17,8). In una
celebre parabola, Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la
Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano,
l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio,
cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di
eternità, un principio di trasformazione che si manifesta già ora in una vita
buona, animata dalla carità, e alla fine produrrà la risurrezione della carne.
Ecco la potenza della Parola di Cristo.
(Benedetto XVI, Angelus 15 novembre 2009)
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