29 febbraio 2012 - Gesù è il compimento della Legge
«Non crediate che io sia venuto
ad abolire la Legge o i Profeti;
non sono venuto ad abolire,
ma a dare pieno compimento».
(Mt 5,17)
Scribi e farisei avevano un indubbio fascino sulla gente con la loro pretesa di aver scrutato la Legge fino a formulare delle prescrizioni proprio piccine, come si può cogliere dalle parole di Gesù (Mt 23,24): “Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!”. Chiaro che nelle comparse pubbliche si atteggiavano a grandi devoti, ma in realtà nel loro privato erano dei trasgressori, e il loro interno era tetro di egoismo. Non trascuravano poi di imporre sulle spalle della gente, come condizioni di alta perfezione, pesanti fardelli, ma loro non li toccavano neppure con un dito (Cf. Mt 23,4); e dunque imponevano fardelli per far intendere che si muovevano a quelle altezze ascetiche.
Avevano messo in campo ben 613 precetti di perfezione, ma loro non li osservavano, e voglio dire che anche un uomo generoso non poteva osservarli totalmente.
Al tempo di Gesù c'erano due rabbì di diverse tendenze che facevano scuola e disputavano tra di loro. La scuola di rabbì Shammai era di impronta rigorista, quella di rabbì Hillel di impronta più larga. Le due scuole avevano carattere ufficiale, perché era consuetudine che i rabbì al vertice di tutti fossero due: uno era il presidente del sinedrio e l'altro il vicepresidente. Nella mente dei discepoli di Gesù poteva affacciarsi il pensiero che il loro rabbì, Gesù, per darsi uno spazio, si sarebbe dovuto distanziare dalla Legge, tanto questa era presa in esclusiva dalle dotte dispute delle due scuole. Da qui le parole di Gesù: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti...”. Gesù afferma, esattamente come i rabbì, che la Legge nessun uomo potrà cambiarla perché voluta da Dio e protetta da Dio. Non un solo iota, non un solo trattino passerà della Legge, poiché Gesù non è venuto per abolirla, ma per portarla a compimento. La Legge compiuta non è in contraddizione con la Legge, ma ne è la piena fioritura.
Il lievito degli scribi, dei farisei, dei sadducei, era tossico perché si presentava come un perfetto adempimento della Legge, ma inculcava il pensiero di essere giusti davanti a Dio non dando valore all'iniziativa di Dio, ma alla iniziativa dell'uomo. L'iniziativa salvifica in realtà è sempre di Dio, che ci ama per primo (1Gv 4,10). Se pensiamo il contrario, che cioè siamo noi ad amarlo per primi e riduciamo i comandamenti ad un formulario di opere da fare, credendo con ciò di essere giusti davanti a Dio, noi sbagliamo, poiché è Dio che ci giustifica mediante il suo amore testimoniato fino alla morte di croce dal Figlio. Dio ci ama per primo e noi, afferrati dal suo amore, lo riamiamo. Non è possibile amare Dio per primi. Per questo Gesù afferma che la giustizia degli scribi e dei farisei non portava al cielo ma alla Geenna (Mt 23,13s).
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