26 giugno 2012 - Una fede forte e profonda
«Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto;
per questo io stesso non mi sono ritenuto degno
di venire da te;
ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito».
(Lc 7,7-8)
Le parole “Signore, . . . io non sono degno” (Lc 7, 6) furono pronunciate per la prima volta da un centurione romano, un uomo che era un soldato nella terra di Israele. Benché fosse uno straniero e un pagano, amava il popolo d’Israele, tanto che - come ci dice il Vangelo - aveva perfino costruito una sinagoga, una casa di preghiera (cf. Lc 7, 5). Per questo motivo i Giudei appoggiarono caldamente la richiesta che voleva fare a Gesù, di guarire il suo servo. Rispondendo al desiderio del centurione, Gesù s’incamminò verso la sua casa. Ma ora il centurione, volendo prevenire l’intento di Gesù, gli disse: “Signore, non stare a disturbarti, perché io non sono degno che tu venga sotto il mio tetto; ecco perché non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te. Ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito (Lc 7, 6-7). Cristo accedette al desiderio del centurione, ma nello stesso tempo “restò ammirato” dalle parole del centurione e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse. “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande” (Lc 7, 9).
Se ripetiamo le parole del centurione quando ci accostiamo alla Comunione, lo facciamo perché queste parole esprimono una fede che è forte e profonda. Le parole sono semplici, ma in un certo senso contengono la verità fondamentale la quale dice chi è Dio e chi è l’uomo. Dio è il santo, il creatore che ci dà la vita e che ha fatto tutto ciò che esiste nell’universo. Noi siamo creature e suoi figli, bisognosi di essere guariti dai nostri peccati.
(Giovanni Paolo II, Reykjavik (Islanda) - Domenica, 4 giugno 1989)
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