23 agosto 2012 - Un tempo breve per la conversione
«Se non vi convertite,
perirete tutti allo stesso modo».
(Lc 13,5)
«Cosa ho fatto di male per meritarmi questo!», «Che croce mi ha mandato Dio!»: quante volte ho sentito pronunciare queste lamentazioni, queste imprecazioni verso Dio.
Il dolore è un tema delicato e faticoso e tutti entriamo in crisi quando il dolore ci colpisce.
Vorremmo delle risposte (ma è di risposte che abbiamo bisogno? No! Noi vogliamo non soffrire...) ma Dio tace e la Bibbia non ci aiuta molto.
La pagina di oggi è straordinaria e ci indica un percorso di riflessione.
Gesù, citando due noti eventi di cronaca dei suoi tempi, smonta una credenza popolare molto diffusa allora (e oggi). Un devoto medio pensava che le disgrazie, come appunto il crollo della torre di Siloe, punissero delle persone che – in qualche modo – avessero commesso degli orribili peccati. Così come la malattia, o l'handicap, la disgrazia era letta come un intervento corrucciato di Dio che, dall'altro della sua somma giustizia, scatenava la sua ira divina.
E se un bambino nasceva malato? Orribile ma coerente risposta: i colpevoli erano i suoi genitori. Nessuna pietà, quindi, per i malati, né comprensione per le vittime della repressione romana: se erano stati uccisi era a causa dei loro peccati.
Oggi non siamo più così crudeli e diretti, ma la sostanza non cambia.
Molte persone, nei momenti di dolore e di sofferenza, se la prendono con Dio che, evidentemente, non sa fare il suo mestiere.
Ciò che Gesù dice è sorprendente, sconcertante: la vita ha una sua logica, una sua libertà.
La causa del crollo della torre di Siloe è da imputarsi al calcolo delle strutture errato, o al lucro compiuto dall'impresa che ha usato materiali scadenti; l'intervento crudele dei romani è causa della loro politica di espansione che usa la violenza come strumento di oppressione.
Non esiste un intervento diretto e puntuale di Dio, le cose possiedono una loro autonomia e noi possiamo conoscerne le leggi.
Gesù ristabilisce le responsabilità: gran parte del dolore che viviamo ce lo siamo creato.
La croce ce la danno gli altri o ce la diamo noi stessi con uno sguardo contorto e mondano della realtà. Ho scoperto, dopo molti anni, che molti passano la vita a piallare e carteggiare la propria croce, attribuendone a Dio la responsabilità. [...]
Dio fa quel che può; anche lui si ferma di fronte alla nostra ostinazione e durezza di cuore.
Dio è limitato, quindi?
No, ma ferma la sua mano e ci lascia liberi, perché vuole dei figli, non dei sudditi.
E, conclude Gesù, noi discepoli siamo chiamati a leggere questi eventi disastrosi come un monito che la vita, non Dio, ci fa: sotto la torre crollata potremmo esserci noi.
Il tempo è serenamente fugace, amici, tragicamente breve, approfittiamo di questi giorni come giorni di salvezza e di conversione, non aspettiamo, non temporeggiamo.
(Paolo Curtaz)
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