23 settembre 2012 - Quel pane vivo disceso dal cielo
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
e il pane che io darò è la mia carne
per la vita del mondo».
(Gv 6,51)
Nessuno può venire
a me se il Padre non lo attira. Non si diventa cristiani se non per questa attrazione,
non certo per via di indottrinamento o di crociate. Io sono cristiano per
attrazione: mi attira un Dio buono come il pane, umile come il pane, energia
inesauribile che alimenta la vita, ogni vita, tutta la vita. Si dà e scompare.
E anche i suoi figli faranno come lui, si faranno pane buono. Ai funerali di
don Primo Mazzolari, un suo parrocchiano ebbe a dire: “ci bastava guardarlo,
vederlo passare. Per noi era pane”.
Il verbo di questo
Vangelo è «mangiare». Così semplice, quotidiano, vitale. Che indica cento cose,
ma la prima è vivere. Mangiare è questione di vita o di morte. Dio è così: una
questione di fondo. Ne va della tua vita. Il segreto, il senso ultimo nel tempo
e nell'eterno è vivere di Dio. Non solo diventare più buono, ma avere Dio
dentro, che mi trasforma nel cuore, nel corpo, nell'anima, mi trasforma in lui.
Partecipare al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci
in quello che riceviamo (Leone Magno). Mi ha molto colpito un anziano sacerdote
francese che porgendo il pane della comunione soleva dire: che possiamo diventare
ciò che riceviamo, il corpo di Cristo.
Dio in me: il mio
cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. Ed è il
senso di tutta la storia: portare cielo nella terra, Dio nell'uomo, vita
immensa in questa vita piccola. Molto più del perdono dei peccati è venuto a
portare: è venuto a dare se stesso.
Mangiare la carne e
il sangue di Cristo, non si riduce però al rito della Messa. Il corpo di Cristo
non sta solo sull'altare, del suo Spirito è piena la terra, Dio si è vestito
d'umanità, al punto che l'umanità intera è la carne di Dio. Infatti: quello che
avete fatto a uno di questi l'avete fatto a me. «Mangiare il pane di Dio» è
nutrirsi di Cristo e di Vangelo, respirare quell'aria pulita, mangiare quel
pane buono, continuamente. Domandiamoci allora: noi di che cosa ci nutriamo? Di
che cosa alimentiamo cuore e pensieri? Stiamo mangiando generosità, bellezza,
profondità? O stiamo nutrendoci di superficialità, miopie, egoismi,
intolleranze, insensatezze? Se accogliamo in noi pensieri degradati questi ci
riducono come loro; se accogliamo pensieri di vangelo, di bontà e di bellezza
essi ci fanno uomini e donne della bellezza.
Se ci nutriamo di
Vangelo, il Vangelo dà forma al nostro pensare, al sentire, all'amare. E
diventiamo ciò che ci abita.
Io non sono ancora
e mai il Cristo, ma io sono questa infinita possibilità (Turoldo). Non basterà
questa vita forse, ma lui ha promesso. Ha promesso e io lo credo. Sono convinto
che lo diverrò: una cosa sola con lui.
(Ermes Ronchi)
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