30 ottobre 2012 - Il giovane ricco dice no al tesoro in cielo
«Una cosa sola ti manca: va’,
vendi quello che hai e dallo ai poveri,
e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».
(Mc 10,21)
Una grande domanda, quella dell'uomo ricco e senza
nome: Maestro buono, cosa devo fare per trovare la vita?
La risposta di Gesù appare solenne, eppure quasi
deludente: elenca cinque comandamenti che riguardano il prossimo, e ne aggiunge
un sesto, non frodare. Ma l'uomo ricco non è soddisfatto: «tutto questo l'ho
sempre osservato. Dovrei essere in pace e invece mi manca qualcosa».
Cosa c'è di meglio del dovere compiuto, tutto e
sempre? Eppure all'uomo non basta. Inquietudine divina, tarlo luminoso che rode
le false paci dell'anima e fa nascere i cercatori di tesori. Gesù lo fissa,
dice Marco, come se prima non l'avesse neppure visto, e vede apparire, farsi
largo, avanzare un cercatore di vita. E lo ama. Poi parla: vendi tutto, dona ai
poveri, segui me. L'uomo si spaventa e si rattrista per quelle tre parole.
Marco usa un verbo come per il cielo che diventa cupo: il suo volto si oscura.
Era arrivato correndo, se ne va camminando. L'uomo che fioriva di domande se ne
va muto. Il ribelle si è arreso, il cercatore si è spaventato: la vetta è
troppo lontana, ci vuole troppo coraggio. E non capisce che la felicità dipende
non dal possesso ma dal dono, che il cuore pieno dipende non dai beni (Luca 12,15)
ma dai volti, che la sicurezza non è nel denaro, ma nelle mani del Pastore
grande. E per tutta la vita resterà così, onesto e triste, osservante e cupo.
Quanti cristiani sono come lui, onesti e infelici. Osservano tutti i
comandamenti, tutti i giorni, come lui, e non hanno la gioia: lo fanno per
ottenere qualcosa, per avere e non per essere, lo fanno come dentro un universo
carcerario dove quasi tutto è proibito e il resto è obbligatorio. Tutto
sanzionato da premio o castigo. E il cuore è assente, è una morale senza amore.
[…]
(Ermes Ronchi)
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