3 marzo 2013 - La verità vi farà liberi


«Conoscerete la verità 
e la verità vi farà liberi».
(Gv 8, 32)

Marc Chagall, Abramo e i tre angeli
In che consiste la libertà nel senso cristiano?
La domanda è molto importante, anzi essenziale ed ineludibile, perché si sa bene che esistono diverse ed opposte interpretazioni del valore della “libertà”, con conseguenze pratiche spesso in contrasto tra loro.
Per un genuino concetto cristiano di libertà, bisogna richiamarsi anzitutto alle parole di Gesù, rivolte a coloro che avevano creduto in lui: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi. In verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero” (Gv 8, 31-36). Gesù fa dipendere l’autentica libertà prima di tutto dalla conoscenza della verità totale del mistero di Dio, da lui stesso annunziata e testimoniata, e poi, come conseguenza, dal distacco dal male, cioè dal peccato, trasgressione della legge morale.
San Paolo che ben conosceva la parola del Signore ed al tempo stesso il dramma di ogni uomo, a motivo dell’intimo dissidio tra il bene ed il male, inneggia alla grandezza ed alla ricchezza della libertà recataci da Cristo (cf. Gal 4, 31), che consiste nella emancipazione dalla schiavitù del peccato e della sua legge di morte (cf. Rm 6, 22; 8,2 et 2 Tm 4, 18) e nella capacità di vivere secondo la legge del bene, cioè secondo lo Spirito di Dio. L’Apostolo, infatti, afferma categoricamente: “Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2 Cor 3, 17).
Se dunque la libertà è il dono più grande da Dio fatto all’uomo, creato a propria immagine e quindi razionale e volitivo, essa è, altresì, il frutto più prezioso dell’opera redentrice di Cristo che ha reso possibile all’uomo l’interiore autonoma opzione del bene, anche se ciò non è sempre avvertito dall’esperienza esistenziale.
Tale dono della libertà comporta allora una grave responsabilità: l’altissimo ed imprescindibile compito di aderire alla legge di Dio, per cui l’uso pieno e perfetto della libertà è realizzato da colui che è capace di “ricavare” da essa il più grande amore per gli altri. San Paolo, ancora una volta ci è maestro autorevole, in proposito, con queste parole rivolte ai Galati: “Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri” (Gal 5, 13-14).
Nella cornice fin qui delineata, consentitemi di ripetere ora quanto scrissi nella mia prima enciclica: “Le parole di Gesù: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" racchiudono una fondamentale esigenza ed insieme un ammonimento: l’esigenza di un rapporto onesto nei riguardi della verità, come condizione di autentica libertà; e l’ammonimento, altresì, perché sia evitata qualsiasi libertà apparente, ogni libertà superficiale e unilaterale, ogni libertà che non penetri tutta la verità sull’uomo e sul mondo” (Giovanni Paolo II, Redemptoris Hominis, 12).
L’uso della libertà alla luce della verità cristiana e con l’aiuto della grazia, deve diventare allora carità, amore, donazione; deve cioè recare i frutti dello Spirito che sono la gioia, la pace, la pazienza, la benevolenza, la bontà (cf. Gal 5, 22). Con espressione di sapore agostiniano dirò: la verità ci ha resi liberi; la carità ci deve fare servitori gli uni degli altri!
(Giovanni Paolo II, 
Messa nello Stadio di Serravalle, 29 agosto 1982)

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