Santo Natale 2023 - Il Dio di Gesù Cristo ci conceda la pace

Nel modo di rappresentare la natività nella tradizione orientale spesso il luogo dove è deposto Gesù non è raffigurato con una mangiatoia o del pagliericcio ma è una culla che ha la forma di un sepolcro e il Bambino è avvolto in bende, che anch’esse rimandano alla sepoltura. Questa immagine mi sta accompagnando in queste settimane nelle quali sono interrogato, come penso tutti voi, da quanto sta accadendo nella terra che ha accolto la nascita di Gesù; come a Betlemme questo sarà un Natale di sofferenza e di silenzio; penso a questa rinnovata strage degli innocenti, inermi che non hanno nessuna bandiera ma solo il diritto di vivere. E mi domando: “è Natale o è già subito Pasqua?” Proprio questa intuizione mi esorta a farvi entrare nel mio presepe che quest’anno è ambientato in un giardino che evoca il giardino del sepolcro di Gesù luogo del compimento della vita, luogo del rinnovamento della vita, la vita che è sbocciata al mondo nella notte di Natale. 

Nel mio presepe c’è un castagno. Ha più di cento anni e mi ricorda i miei nonni, i tanti nonni che ho conosciuto ma anche tanti anziani. Uomini e donne che la vita ha temprato alla scuola della sofferenza. Uomini e donne rianimati dalla presenza dei nipotini, ma anche talora affaticati perché l’aiuto richiesto si rivela troppo gravoso. Uomini e donne grati per l’esperienza della vita ma anche bisognosi di una rinnovata consolazione. A volte accade che passino da soli molto tempo e si chiudano in una lamentela che facciamo fatica a comprendere. "È brutto diventare vecchi" dicono alcuni. Altri si rifugiano nella nostalgia dei ricordi. Non è sempre facile, per chi ha il tempo contato e il cellulare che detta i tempi con le sue notifiche incessanti, trovare la disponibilità all'ascolto desiderato, e in realtà anche meritato. Gli anziani, i nonni offrono il loro frutto nascosto nel riccio di una vita che ha conosciuto tante spine, ma quel frutto è pane che alimenta non solo il corpo ma anche lo spirito. 

Il Natale di Gesù ci doni la grazia di avere cura di chi ci ha insegnato la vita. La gratitudine sia sempre più grande di ogni fastidio; l’ascolto sia un farmaco per le giornate tristi; il tempo donato un semplice ma meraviglioso dono da non riservare solo per il Natale.


Nel mio presepe c’è un grande noce. È un albero maestoso che mi ricorda il mio Papà e tanti papà che ho incontrato, ma anche tanti uomini che mi sono stati padri e amici. Uomini che hanno imparato che la vita è sacrificio, uomini che hanno dedicato le migliori energie della loro esistenza per garantire a quanti sono stati loro affidati la possibilità di vivere una vita buona. Forti per stare di fronte agli imprevisti con pazienza e tenacia. Con radici profonde che sono quei valori imparati a scuola di altri uomini che, in generazioni passate e dimenticate, risultano essere fuori dal tempo. Spesso l'insegnamento di un padre sembra essere troppo esigente, non gli diamo la giusta importanza, non sappiamo ringraziare per quelle parole, per quei gesti... e quanta nostalgia quando non ci sono più. A volte le parole sono difficili da comprendere, le sentiamo dure come il guscio della noce ma poi quando andiamo oltre la durezza, gherigli di sapienza ci nutrono. 

Il Natale di Gesù ci doni la grazia di essere uomini autentici, padri illuminati; ci sia donata la gratitudine per il bene ricevuto e la magnanimità per quanto ci ha fatto soffrire.


Nel mio presepio c’è un melograno, albero dai frutti strani e meravigliosi. Un frutto che mi ricorda l’innata fecondità delle donne, delle nostre mamme. L’incontro con una donna autentica è una benedizione. Molti di noi hanno avuto la gioia di avere una mamma che si è sgretolata in tanti piccoli e preziosi gesti d'amore. Da loro la vita e il cibo, il sorriso e il calore dell’abbraccio. Molti di noi hanno avuto la grazia di una sposa che è stata anche sorella e madre. Molti di noi trovano rifugio nell’amicizia profonda di una donna sincera. Custodi della bellezza e della tenerezza, della premura e della cura amorevole così delle donne vorremmo sentire parlare ogni giorno. Le donne siano benedette nell’offerta quotidiana della propria vita in chicchi d’amore, chicche d’amore. 

Il Natale di Gesù ci doni la grazia di uno sguardo limpido, di un rinnovato stupore per coloro che Dio ha scelto come custodi della vita, come annunciatrici della notizia che ha cambiato la storia.


Nel mio presepio ci sono spighe di grano. In esse vedo i bambini, i ragazzi e i giovani. Spesso ci diciamo che essi sono il nostro futuro così li accompagniamo con una stima condizionata: saranno il nostro futuro se faranno come abbiamo fatto noi, se si comporteranno bene, se staranno alle nostre direttive, se non faranno troppo di testa loro. Una stima e una fiducia condizionata. Noi grandi ci dimentichiamo in fretta di essere stati bambini e giovani. È difficile accogliere la novità di chi si affaccia alla vita. Dobbiamo andare alla scuola del Dio di Gesù Cristo che sceglie il piccolo Davide, l’incerto Geremia, il sorpreso Samuele. Dobbiamo tornare a Gesù che ci dice "lasciate che i bambini vengano a me non glielo impedite perché il regno dei Cieli è per chi è come loro". 

Il Natale di Gesù ci doni la grazia di credere che parlare di Gesù ai bambini, ai ragazzi e ai giovani è il più grande regalo che possiamo fare loro non solo in qualche occasione, non solo a Natale, ma ogni giorno.


Nel mio presepe c'è della zizzania. È una pianta infestante pare proprio che non si possa estirpare in modo che non cresca più. La zizzania di Erode e di tutti coloro che da allora fino ad oggi scelgono la via del sotterfugio, dell'inganno e della violenza. Non cadrò nella lamentazione di chi dice "ma che brutto mondo che abbiamo, dove siamo finiti?". Non penserò neppure "ma se c'è Dio perché accade tutto questo?". Questo mondo è l’unico mondo che ho e farò di tutto per renderlo un giardino fiorito; credo che il Dio di Gesù Cristo veglia sulla storia e se non fosse così questo meraviglioso mondo sarebbe già finito. Posso scegliere cosa voglio essere, posso scegliere come voglio vivere ogni giorno, non solo a Natale. Sceglierò di non fare il male e se sarò debole chiederò perdono; sceglierò di benedire e se non lo potrò fare starò in silenzio; sceglierò di essere sincero ma senza condannare nessuno allo scherno; sceglierò di essere mite e gentile anche quando gli altri non lo sono con me. La zizzania fino alla fine misteriosamente continuerà a crescere ma non soffocherà la mia capacità di amare. 

Il Natale di Gesù ci doni la grazia di credere che noi cristiani possiamo scegliere di dare senza aspettare qualcosa, di fare il bene senza pretendere altrettanto dalla persona che aiutiamo perché così è Gesù: «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8) (FT 140).


Nel mio presepe c'è infine un albero di cachi. Ho scelto anche questa pianta perché un amico mi ha fatto conoscere questa storia. L’esplosione della bomba atomica a Nagasaki è l’evento che ha posto fine alla seconda guerra mondiale, un conflitto che ha provocato 40 milioni di morti. Il 9 agosto del 1945 alle ore 11,02 fu sganciata la seconda bomba atomica sul Giappone proprio su quella città dove il cristianesimo era più diffuso e affermato. L’esplosione provocò una densa nube di polvere e gas che raggiunse l’altezza di 18 kilometri! Lo scoppio della bomba provocò la completa distruzione della città. Ci furono immediatamente 40 mila morti. Tra le vittime ci furono migliaia di bambini e bambine innocenti. Altre 40 mila persone morirono nei mesi seguenti a causa delle ferite riportate. Sembrava che la bomba avesse distrutto qualunque forma di vita… ma tra le macerie, era rimasto in vita un albero… Il botanico giapponese Masayuki Ebinuma curò amorevolmente quel caco ferito, perché avrebbe dovuto rappresentare un simbolo di pace e speranza: la vita che riprende dopo la guerra. Ai bambini che andavano a trovarlo consegnava dei semi che provenivano dalla pianta da lui curata. I semi delle piante “figlie” di quell’albero, vengono oggi distribuiti in tutto il mondo per diffondere messaggi di pace e di speranza. Questo albero è così diventato un simbolo per tutti, il simbolo della pace. I suoi frutti possono essere considerati i gesti di pace che si compiono ogni giorno nel mondo. Ringraziamo per coloro che oggi sono angeli di pace laddove tutto parla di violenza e di morte. Preghiamo perché non venga meno in loro la fiducia e la speranza.

Il Natale di Gesù ci doni la grazia di non essere solo spettatori commossi nel vedere il dolore provocato oggi dai conflitti che insanguinano ogni parte del mondo, ma ci renda uomini e donne che ogni giorno con pazienza e fiducia seminano nella propria realtà gesti di pace e di riconciliazione.

In questa notte santa, in questo santo Natale, il Signore vi doni la vera pace che è la comunione con il Dio di Gesù Cristo. 


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