31 marzo 2013 - Pasqua di Risurrezione: i piedi del Risorto
Carissimi,
Io non so se nell’ultima
cena, dopo che Gesù ebbe ripreso le vesti, qualcuno dei dodici si sia alzato da
tavola e con la brocca, il catino e l’asciugatoio si sia diretto a lavare i
piedi del maestro. Probabilmente no. C’è da supporre comunque che dopo la sua
morte ripensando a quella sera, i discepoli non abbiano fatto altro che
rimproverarsi l’incapacità di ricambiare la tenerezza del Signore.
Possibile mai, si saranno
detti, che non ci è venuto in mente di strappargli dalle mani quei simboli del
servizio, e di ripetere sui suoi piedi ciò che egli ha fatto con ciascuno di
noi? Dovette essere così forte il disappunto della Chiesa nascente per quella
occasione perduta, che, quando Gesù apparve alle donne il mattino della
risurrezione, esse non seppero fare di meglio che lanciarsi su quei piedi e
abbracciarli. “Avvicinatesi, gli cinsero i piedi e lo adorarono”. Ce lo
riferisce Matteo, nell’ultimo capitolo del suo Vangelo. Gli cinsero i piedi.
Non gli baciarono le mani o gli strinsero il collo. No.
Gli cinsero i piedi! Erano
già bagnati di rugiada. Glieli asciugarono, allora con l’erba del prato e
glieli scaldarono col tepore dei loro mantelli. Quasi per risarcire il maestro,
sia pure a scoppio ritardato, di un’attenzione che la notte del tradimento gli
era stata negata. Gli cinsero i piedi. Fortunatamente avevano portato con sé
profumi per ungere il corpo di Gesù. Forse ne ruppero le ampolle di alabastro e
in un rapimento di felicità riversarono sulle caviglie del Signore gli olii
aromatici che furono subito assorbiti da quei fori: profondi e misteriosi, come
due pozzi di luce.
Gli cinsero i piedi.
Finalmente! Verrebbe voglia di dire. Ma chi sa in quel ritardo ci doveva essere
anche tanto pudore. Forse la chiesa nascente rappresentata dalle due Marie
prima di cadergli davanti nel gesto dell’adorazione aveva voluto aspettare di
proposito che Gesù riprendesse davvero le vesti. Non quelle che aveva
momentaneamente deposto prima della lavanda. Ma quelle veramente inconsutili
del suo corpo glorioso. Carissimi fratelli, oggi voglio dirvi che la Pasqua è
tutta qui. Nell’abbracciamento di quei piedi. Essi devono divenire non solo il
punto di incontro per le nostre estasi d’amore verso il Signore, ma anche la
cifra interpretativa di ogni servizio reso alla gente, e la fonte del coraggio
per tutti i nostri impegni di solidarietà con la storia del mondo.
Non c’è da illudersi. Senza
questa dimensione adorante, espressa dal gruppo marmoreo di donne protese
dinanzi al risorto, saremo capaci di organizzare solo girandole appariscenti di
sussulti pastorali. Se non afferriamo i piedi di Gesù, lavare i piedi ai
marocchini, o agli sfrattati, o ai tossici, non basta.
Non basta neppure lavarsi i
piedi a vicenda, tra compagni di fede. Se la preghiera non ci farà contemplare
speranze ultramondane attraverso quei fori lasciati dai chiodi, battersi per la
giustizia, lottare per la pace e schierarsi con gli oppressi, può rimanere solo
un’estenuante retorica. Se, caduti in ginocchio, non interpelleremo quei piedi
sugli orientamenti ultimi per il nostro cammino, giocarsi il tempo libero nel
volontariato rischia di diventare ricerca sterile di sé e motivo di vanagloria.
Se l’adorazione dinnanzi all’ostensorio luminoso di quelle stigmate non ci farà
scavalcare le frontiere delle semplici liberazioni terrene, impegnarsi per le
promozione dei poveri potrà sfiorare perfino il pericolo dell’esercizio di
potere. Non basta avere le mani bucate. Ci vogliono anche i piedi forati. E’
per questo che quando Gesù apparve ai discepoli la sera di Pasqua “mostrò loro
le mani e i piedi”.
E poi, quasi per
sottolineare con la simbologia di quei due moduli complementari che senza l’uno
o l’altro, ogni annuncio di risurrezione rimarrà sempre mortificato, aggiunse:
“guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io”.
Mani e piedi, con tanto di
marchio! Ecco le coordinate essenziali per ricostruire la carta d’identità del
risorto. Mani bucate. Richiamo a quella inesauribile carità verso i fratelli,
che si fa donazione a fondo perduto. Piedi forati.
Appello esigente a quell’amore verso il Signore, che ci fa
scorgere il senso ultimo delle cose attraverso le ferite della sua carne
trasfigurata.
(Tonino Bello)
Buona Pasqua!
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