Giovanni, il Battista, dono di Dio
«Giovanni è il suo nome».
(Lc 1,63)
(Lc 1,63)
Per
Elisabetta si compì il tempo e diede alla luce un figlio. I figli vengono alla
luce come compimento di un progetto, vengono da Dio. Caduti da una stella
nelle braccia della madre, portano con sé scintille d'infinito: gioia ( e i
vicini si rallegravano con la madre) e parola di Dio. Non nascono per caso,
ma per profezia. Nel loro vecchio cuore i genitori sentono che il piccolo
appartiene ad una storia più grande, che i figli non sono nostri:
appartengono a Dio, a se stessi, alla loro vocazione, al mondo. Il genitore è
solo l'arco che scocca la freccia, per farla volare lontano. Il passaggio tra
i due testamenti è un tempo di silenzio: la parola, tolta al tempio e al
sacerdozio, si sta intessendo nel ventre di due madri. Dio traccia la sua
storia sul calendario della vita, e non nel confine stretto delle
istituzioni.
Un rivoluzionario rovesciamento delle parti, il sacerdote tace
ed è la donna a prendere la parola: si chiamerà Giovanni, che in ebraico
significa: dono di Dio. Elisabetta ha capito che la vita, l'amore che sente
fremere dentro di sé, sono un pezzetto di Dio. Che l'identità del suo bambino
è di essere dono. E questa è anche l'identità profonda di noi tutti: il nome di
ogni bambino è «dono perfetto».
Stava la parola murata dentro, fino a quando
la donna fu madre e la casa, casa di profeti.
Zaccaria era rimasto muto
perché non aveva creduto all'annuncio dell'angelo. Ha chiuso l'orecchio del
cuore e da allora ha perso la parola. Non ha ascoltato, e ora non ha più niente
da dire. Indicazione che mi fa pensoso: quando noi credenti, noi preti,
smarriamo il riferimento alla Parola di Dio e alla vita, diventiamo afoni,
insignificanti, non mandiamo più nessun messaggio a nessuno. Eppure il
dubitare del vecchio sacerdote non ferma l'azione di Dio. Qualcosa di grande e
di consolante: i miei difetti, la mia poca fede non arrestano il fiume di Dio.
Zaccaria
incide il nome del figlio: «Dono-di-Dio», e subito riprende a fiorire la
parola e benediceva Dio. Benedire subito, dire-bene come il Creatore
all'origine (crescete e moltiplicatevi): la benedizione è una energia di
vita, una forza di crescita e di nascita che scende dall'alto, ci raggiunge, ci
avvolge, e ci fa vivere la vita come un debito d'amore che si estingue solo
ridonando vita.
Che sarà mai questo bambino? Grande domanda da ripetere,
con venerazione, davanti al mistero di ogni culla. Cosa sarà, oltre ad essere
dono che viene dall'alto? Cosa porterà al mondo? Un dono unico e irriducibile:
lo spazio della sua gioia; e la profezia di una parola unica che Dio ha
pronunciato e che non ripeterà mai più (Vannucci). Sarà «voce», proprio come il Battista, la Parola sarà un Altro.
(Ermes Ronchi)
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