25 febbraio 2014 - Il tempo della divina compassione
«Che
cosa vuoi che io faccia per te?»
(Mc
10,49)
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La guarigione del cieco Bartimeo, El Grieco |
Un mendicante cieco: l'ultimo della fila, uno che ha fatto naufragio,
seduto lungo la strada come chi si è fermato e si è arreso. E improvvisamente
passa Gesù, uno che non permette all'uomo di arrendersi, ed ecco che tutto
sembra mettersi di nuovo in moto. Bartimeo comincia a gridare: Gesù abbi pietà
di me!
Perché il peggio che ci possa capitare è di innamorarci della nostra
cecità.
La folla fa muro e lo sgrida, perché i poveri disturbano, sempre: ci
fanno un po' paura, sono là dove noi non vorremmo mai essere, sono il lato
doloroso della vita, ciò che temiamo di più.
Ma è proprio sulla povertà
dell'uomo ciò su cui si posa sempre il primo sguardo di Gesù, non sulla moralità
di una persona, ma sul suo dolore: «Coraggio,
alzati, ti chiama».
E subito, tutto sembra eccessivo, esagerato: il cieco
non parla, grida; non si toglie il mantello, 'lo gettò; non si alza in piedi,
'ma balza in piedi'. La fede è questo: un eccesso, un di più illogico e bello,
una dinamica nuova in tutto ciò che fai. La fede è qualcosa che moltiplica la
vita, secondo le parole di Gesù: «Sono
venuto perché abbiate la vita, quella piena». Credere fa bene, la fede
produce una vita buona, il rapporto con Cristo è l'avvio della guarigione di
tutta l'esistenza.
Il cieco comincia a guarire già nell'accoglienza e nella
compassione di Gesù. Ha bisogno, come tutti, che per prima cosa qualcuno lo
ascolti: ascolti le sue ferite, la sua speranza, la sua fame, il suono vero
delle sue parole, uno che gli voglia bene!
Guarisce nella voce che lo
accarezza. Guarisce come uomo, prima che come cieco, l'ultimo comincia a
riscoprirsi uno come gli altri perché chiamato con amore.
«Balza in piedi» e lascia ogni sostegno, per precipitarsi, senza
vedere, verso quella voce che lo chiama, orientandosi solo sulla parola di
Cristo, che ancora vibra nell'aria. Come lui, ogni cristiano si orienta nella
vita senza vedere, solo sull'eco della parola di Dio ascoltata con fiducia là
dove risuona: nel vangelo, nella coscienza, negli eventi della storia, nel
gemito e nel giubilo del creato.
Che bella questa espressione amorevole di
Gesù: «Cosa vuoi che io ti faccia?».
Se un giorno io sentissi, con un brivido, queste stesse parole rivolte a me,
che cosa chiederei al Signore? Una domanda che è come una sfida, una prova per
vedere che cosa portiamo nel cuore.
Gesù insegna instancabilmente qualcosa
che viene prima di ogni miracolo, insegna la compassione, che rimane l'unica
forza capace di far compiere miracoli ancora oggi, di riempire di speranza il
dolore del mondo. Noi saremo come Cristo non se faremo miracoli, ma se sapremo
far sorgere nel mondo il tempo della divina compassione.
Ermes Ronchi
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