25 marzo 2014 - Nella vita quotidiana Dio parla il linguaggio della gioia
«Ti saluto, o piena di
grazia,
il Signore è con te»
(Lc 1,28)
Caravaggio, Annunciazione - Musée des Beaux-Arts di Nancy (Francia) |
L'annunciazione si apre con l'elenco di sette nomi propri di
luoghi e persone (Gabriele, Dio, Galilea, Nazaret, Maria, Giuseppe, Davide) per
indicare, attraverso il numero sette che simboleggia la pienezza, la totalità
della vita. Non ai margini, ma al centro della vita Dio viene, come evento e
non come teoria. Un giorno qualunque, un luogo qualunque, una giovane donna
qualunque: il primo affacciarsi del Vangelo è un annuncio consegnato in una
casa. Al tempio Dio preferisce la casa. È bello pensare che Dio ti sfiora non
solo nelle liturgie solenni delle chiese, ma anche - e soprattutto - nella vita
quotidiana. Nella casa Dio ti sfiora, ti tocca, lo fa in un giorno di festa,
nel tempo delle lacrime o quando dici a chi ami le parole più belle che sai. La
prima parola dell'angelo non è un semplice saluto, ma: Chaîre, sii lieta,
gioisci, rallegrati! Non ordina: fa' questo o quello, inginocchiati, vai,
prega... Ma semplicemente, prima ancora di ogni risposta: gioisci, apriti alla
gioia, come una porta si spalanca al sole. Dio parla il linguaggio della gioia
per questo seduce ancora. E subito aggiunge il perché della gioia: piena di
grazia, riempita di tenerezza, di simpatia, d'amore, della vita stessa di Dio.
Il nome di Maria è «amata per sempre». Il suo ruolo è ricordare quest'amore che
dà gioia e che è per tutti. Tutti, come lei, amati per sempre. Maria fu molto
turbata. Allora l'angelo le disse: Non temere, Maria. Non temere se Dio non
sceglie la potenza, non temere, l'umiltà di Dio, così lontana dalla luci della
scena, dai riflettori, dai palazzi; non temere questo Dio bambino che farà dei
poveri i principi del suo regno. Non temere l'amore. Ecco concepirai e darai
alla luce un Figlio, che sarà Figlio di Dio. La risposta di Maria non è un
"sì" immediato, ma una domanda: come è possibile? Porre domande a Dio
non è mancanza di fede, è stare davanti a Lui con tutta la dignità di creatura,
con maturità e consapevolezza, usare tutta l'intelligenza e dopo accettare il
mistero. Solo allora il "sì" è maturo e creativo, potente e
profetico: eccomi sono la serva del Signore. Serva è parola biblica che non ha
niente di passivo, non evoca sottomissione remissiva; serva del re è la prima
dopo il re, è colei che collabora, con-creatrice con il creatore. E l'angelo
partì da lei. Un inedito: per la prima volta in tutta la Bibbia è ad una
creatura della terra, ad una donna, che spetta l'ultima parola nel dialogo tra
il cielo e la terra: nuova dignità della creatura umana. La tua prima parola,
Maria, / ti chiediamo di accogliere in cuore: / come sia possibile ancora
/concepire pur noi il suo Verbo (Turoldo).
Ermes Ronchi fonte
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