25 dicembre 2014 - Natale del Signore


È un Natale un po’ particolare quello che stiamo vivendo, o almeno lo è per me. 
Sono arrivato a questo Natale stanco, stanco di camminare per le strade dei nostri paesi, non stanco di incontrare le persone, ma stanco della fatica di chi porta su di sé e dentro di sé l’esperienza amara di tanti, la sofferenza di molti, la fatica di vivere, lo smarrimento, il dubbio, la fatica di chi ogni giorno affronta la vita con le sue durezze e viene schiacciato dall’ingiustizia.
Ero molto stanco anche domenica, poi questo fatto sconvolgente, quando una persona cara se ne va così in fretta…. Tutti mi chiedono “Ma sarà un buon Natale? Che Natale sarà il vostro?”: come dicevo ieri, nell’omelia per il mio Papà, l’incarnazione e la nascita di Gesù ci invitano già a indirizzare lo sguardo verso la sua morte e la sua risurrezione, ma proprio come l’alba precede e fa già presagire la luce del giorno, così il Natale già annuncia la croce e la gloria della risurrezione.
Anche a Natale noi celebriamo la Messa. La Messa: questo appuntamento settimanale, almeno per noi cristiani, l’unica manifestazione pubblica che ci è chiesta di vivere. Anche stasera noi celebriamo la Messa, perché abbiamo bisogno di ricordarci che Dio si è fatto Carne, si è fatto Storia per indicarci una via: prendere su di sé tutto, la gioia e il dolore, il nascere e il morire, la lotta quotidiana e la speranza. Noi celebriamo la Messa perché è il luogo dove possiamo incontrare Dio e incontrarci tra di noi e incontrare coloro che ci sono cari.
Quando ero adolescente ho avuto la grazia di incontrare un sacerdote che è stato poi anche mio rettore in Seminario; lui scrisse una preghiera (o una poesia, ciascuno la può ascoltare come vuole), che io non avevo mai capito prima nonostante mi piacesse questo suo modo di scrivere. Oggi, mentre come tutti noi quando perdono una persona cara, inizia a lavorare questo lutto, questa assenza, questa mancanza, oggi ho ripensato a questa preghiera che vi propongo:
È Natale, Signore, o è già subito Pasqua?
Il legno del presepio è duro, come legno di croce.
Il freddo ti punge, quasi corona di spine.
L'odio dei potenti ti spia e ti teme. Fuga affannosa nella notte.
Sangue innocente di coetanei, presagio del tuo sangue.
Lamento di madri desolate, eco del pianto di tua Madre.
Quanti segni di morte, Signore, in questa tua nascita.
Comincia così il tuo cammino tra noi,
la tua ostinata decisione di essere Dio, non di sembrarlo.
Le pietre non diverranno pane.
Non ti lancerai dalle dorate cime del tempio.
Non conquisterai i regni dell'uomo.
Costruirai la tua vita di ogni giorno
raccogliendo con cura meticolosa, con paziente amore,
tutto quello che noi scartiamo:
gli stracci della nostra povertà, le piaghe del nostro dolore,
i pesi che non sappiamo portare,
le infamie che non vogliamo riconoscere.
Grazie, Signore, per questa ostinazione,
per questo sparire, per questo ritirarti,
che schiude un libero spazio per la mia libera decisione di amarti.
Dio che ti nascondi, Dio che non sembri Dio,
Dio degli stracci e delle piaghe,
Dio dei pesi e delle infamie, io ti amo!
Non so come dirtelo, ho paura di dirtelo
perché talvolta mi spavento e ritiro la parola;
eppure sento che devo dirtelo: io ti amo!
In questa possibilità di amarti, che la tua povertà mi schiude,
divento veramente uomo.
Amo gli stracci, le piaghe, i pesi di ogni fratello.
Piango le infamie di tutto il mondo.
Scopro di essere uomo, non di sembrarlo.
Il tuo Natale è il mio natale.
Nella gioia di questo nascere, nello stupore di poterti amare,
nel dono immenso di vivere insieme,
io accetto, io voglio, io chiedo che anche per me, Signore, sia subito Pasqua.
E se la Pasqua è il passaggio, doloroso, che segna il traguardo di morte per aprire a una prospettiva di vita, allora anche questo Natale può essere un buon Natale per me, per tutti voi, anche se segnato dalla sofferenza, dal distacco, da un dolore profondo, anche se non ci sentiamo giusti, anche se siamo qui un po’ per abitudine e tradizione; può essere un buon Natale se riconosco che questo Dio viene a cercarmi così come sono, che non ha la pretesa che io cambi subiti, ma che ha l’attesa che io l’accolga, che non vuole in me la perfezione ma vuole che io cerchi ogni giorno di camminare con Lui verso la perfezione. Questo Dio noi contempliamo: non è un Dio finto, non inventato, non è un Dio che abbiamo relegato ai ricordi antichi del catechismo, è un Dio da conoscere, amare, ascoltare, riscoprire. Allora può essere un buon Natale per tutti noi, perché scopriamo che Lui centra con la nostra vita, con i nostri sogni, con i nostri desideri più grandi, ma centra anche con le nostre sconfitte, con le nostre paure. Con la morte del nostri cari, centra! Perché se non fosse così sarebbe inutile essere qui, dirsi “buon Natale”.

L’auguro che vi faccio è quello di riscoprire che ogni domenica il Signore viene per celebrare la sua Pasqua, come in questo Natale; che il Signore ogni domenica ci chiama così come siamo, carichi dei nostri dubbi e dei nostri slanci, per dirci sempre la stessa cosa che è sempre nuova “Io dono tutta la mia vita per te, non mi tengo niente”. Allora, sarà un Buon Natale se decideremo che ogni domenica noi possiamo vivere la gioia dell’incontro con Lui, la sua Pasqua. Sarà il passaggio dalla mediocrità all’impegno, dall’abitudine alla convinzione, dalla tradizione alla completa adesione libera di credere in un Dio che ha scelto di essere uomo, non di sembrarlo; colui che chiede a ciascuno di noi di essere veramente uomini, non di sembrarlo; solo così scopriremo che nelle pieghe della nostra vita, anche quelle più dolorose, quelle che ci sconvolgono, Lui si fa presente, si fa vicino. Dio è vicino: è quello che noi viviamo in questa notte. Allora sarà un buon Natale.

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