11 aprile 2015 - Ricordando donSi!

Abbiamo vissuto questi giorni come un unico grande giorno di Pasqua perché la festa e la gioia del giorno dell’annuncio della Risurrezione è incontenibile, si dilata nel tempo, chiede una disponibilità ad essere custodita, riportata continuamente al cuore. La gioia della Pasqua non si piò esaurire nel breve volgersi di poche ore ma ci accompagna per tutto questo tempo e, in particolare, in questi giorni nei quali vogliamo rendere grazie a Dio per aver rinnovato in noi la fiducia, la speranza e perché ci chiede di vivere nella carità la nostra fede e la nostra speranza.
Durante tutto il tempo della Quaresima vi ho proposto di riflettere e di riconsiderare il sacramento della Riconciliazione. Ma anche il tempo pasquale è tempo favorevole per la conversione del cuore e per poter vivere un’esperienza del perdono che sia capace di rigenerare in noi la disponibilità a vivere una vita di fede sempre più autentica. Se il tempo della Quaresima si caratterizza come tempo della penitenza, della conversione del cuore, il tempo pasquale dilata in noi quell’annuncio che abbiamo ascoltato in questo brano di Vangelo: “Pace a voi!”, la somma di tutti i doni di Dio sono riversati nei cuori di coloro che sanno accogliere la parola del Vangelo. Ancora: “A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati, a coloro a cui non perdonerete non saranno perdonati”. L’esperienza del perdono continua ad essere per noi da conoscere e sperimentare, desiderare, volere di più… Ho come sempre più l’impressione che, in fondo, si diventi spesso “autosufficienti” anche nei confronti di quella che noi chiamiamo la “grazia di Dio”, l’opera efficace di Dio nella mia vita. L’invito allora è quello di vivere questa domenica della Divina Misericordia non solo come pratica di una devozione importante e buona, come quella che Giovanni Paolo II con forza ha proposto e promosso nella Chiesa, ma come esperienza di misericordia che è confronto mio personale con l’amore di Dio che mi risolleva costantemente dalla mia incredulità e mi rende credente. Chiediamo allora al Signore di vivere questo tempo pasquale prolungando la riflessione che abbiamo fatto durante il tempo della Quaresima perché anche in queste settimane maturi sempre di più in noi la convinzione che riconoscere l’amore misericordioso del Padre cambia la vita.
Ma questa sera, in modo singolare, vogliamo soffermarci su un evento che ha caratterizzato questi giorni e che abbiamo vissuto un po’ a distanza, almeno fisicamente ma non con il cuore. Solo due settimane fa abbiamo condiviso con don Silvano l’ultima Eucaristia proprio in questa chiesa. La presenza di don Virginio questa sera, dopo giorni in cui anche lui è stato poco bene, ci dice la testimonianza di un’amicizia che con don Silvano è nata in questo ultimo anno, quando ci è stata data la possibilità di incontrarlo, conoscerlo e accoglierlo, di poter apprezzare dei tratti di un presbiterato che, affinato anche dalla malattia, è diventato mite e gratuito. Quando ho ricevuto il messaggio che diceva della sua nuova malattia, ho subito avvertito questo fatto di conoscere ancora troppo poco don Silvano, la sua storia, il percorso di vita di questi 50 anni donati al Signore nel servizio alla Chiesa e al popolo di Dio, ad ogni uomo.
Poi mi sono detto che quello di lui sapevo era sufficiente per essere profondamente grato di aver avuto, anche se per un breve tratto di strada, la possibilità di camminare con lui. In questi giorni mi è stato ricordata la prima volta che don Silvano è venuto a offrire il suo ministero tra noi: era il giorno delle prime confessioni dello scorso anno. Era visibilmente commosso della possibilità di vivere quel momento, era una commozione che nasceva sicuramente dal sentirsi, ancora una volta, chiamato a offrire pur nella fragilità di un corpo segnato dalla malattia, il dono straordinario che ogni sacerdoto custodisce come in un vaso di creta, cioè la possibilità di dire a un proprio fratello “Tu sei perdonato, tu sei amato da Dio, un amore che non puoi neppure immaginare. Io sono solo strumento ma tu sei rivestito di una grazia, di una benevolenza, di un affetto, di un amore che è disposto a dare la vita”. Da allora in poi lo abbiamo accolto ogni volta che lui ha voluto, qui a concelebrare proprio questa Messa.
All’inizio la sua voce era incerta, ma nelle ultime celebrazioni quando leggeva il canone, lo faceva con una voce forte e sicura, come se avesse ripreso una confidenza con una celebrazione che ha sempre vissuto con grande affetto. Anche quel giorno, due settimane fa, poi ha speso il pomeriggio a confessare. In questa Quaresima gli ho chiesto di essere fedele a questo appuntamento di ogni sabato; era profondamente lieto di potermi aiutare per il Triduo Pasquale, tante ore di confessionale aveva intenzione di regalarci.
Così quella sera lo abbiamo atteso proprio perché fino alle 18.00 è rimasto nel confessionale; poi ci siamo salutati, come sempre, dandoci appuntamento ai prossimi incontri. Ricorderete tutti, poi, quell’evento bellissimo, tra i più belli di questo anno con lui, che è stato il giorno del suo 50esimo: in quel giorno siamo riuscito a convincerlo a presiedere l’Eucaristia, perché era proprio il giorno giusto della sua ordinazione, 28 giugno. Ricorderete tutti quel momento di grande commozione che accompagnò la fine dell’Eucaristia. Abbiamo intuito tutti come ci fosse davvero per il Signore un grande amore, e come la malattia non avesse indurito il cuore di questo nostro fratello, ma l’avesse affinato e, pur passando sicuramente attraverso momenti di sconforto, momenti di fatica e di ribellione, tuttavia quel cuore non è stato ferito. Don Silvano era profondamente grato alle comunità che lo hanno accolto, era una gratitudine sincera che spesso si rivelava in commozione. L’altra sera, vigilia delle sue esequie, ho deciso di scrivere al Vescovo di Siena perché, non potendo partecipare di persona, volevo che colui che è il responsabile del clero senese al quale Monsignor Silvano apparteneva, sapesse di questo ultimo periodo. Gli ho scritto poco così, che fino all’ultimo pur segnato dalla malattia, donSi è stato presbitero per la Chiesa e ha offerto il meglio di sé con mitezza e gratuità. L’evento che lo ha portato via da noi così velocemente, tanto quasi da non accorgercene perché avvenuto nei giorni della Pasqua, non può toglierci dal cuore la grande gratitudine per questo tratto di cammino con lui condiviso. Chiediamo al Signore che dal cielo continui a benedire le  comunità che ha servito, conosciuto e amato e dal cielo continui a custodire anche le nostre comunità. Intanto ci rimanga nel cuore questa memoria buona, di un sacerdote che abbiamo incontrato appena ma credo che abbia lasciato un segno nel cuore di molti, di coloro che hanno avuto la possibilità di incontrarlo nel sacramento della Riconciliazione e di coloro che lo hanno visto a volte incerto, ma sempre presente, a vivere l’Eucaristia, a distribuire l’Eucaristia con la consapevolezza di offrire il meglio di sé.
Io ringrazio chi mi ha permesso di conoscerlo, ringrazio coloro che di lui si sono presi cura con tanta amorevolezza e tenerezza per tanto tempo, e in questi giorni hanno rinnovato questa dedizione senza riserve. Quando sono andato a trovarlo il giovedì Santo gli ho portato la benedizione dell’Arcivescovo che, alla fine della Messa, ci ha invitato a pregare e a custodire tutti i sacerdoti anziani e malati e gli ho detto che per sostituirlo abbiamo scomodato persino un Vescovo. Così, quando lo prendevo un po’ in giro dicendogli che avevo come vicario un Monsignore, volevo dirgli proprio che ero contento di poter condividere anche nella grande semplicità, questo cammino insieme. Che il Signore ci aiuti a non perdere la memoria di quei pastori che affida anche alla nostra preghiera, oltre a mettere sul nostro cammino, così vi invito a pregare per lui perché possa ricevere il premio del servo giusto, buono e fedele. Vi invito a pregare perché dal cielo donSi continui a vegliare su ciascuno di noi.


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