19 aprile 2015 - III domenica di Pasqua


Quando il Signore Gesù parla del compimento della nostra vita, quando parla del nostro cammino di vita segnato dalla fede che si apre all’eternità parla di una casa, di un luogo dove vivere una piena comunione con lui, col Padre nello Spirito. La casa che non è unicamente un luogo fisico, come è caro alla tradizione del nostro Paese dove costruire la casa è sempre stato un sogno da parte di molti per poter vivere un’esperienza di intimità, di comunione, di condivisione profonda – così tanti genitori hanno speso tempo e denaro per costruire una casa per i propri figli, per garantire ad essi un futuro. La casa è oltre un luogo fisico, è uno spazio di intimità, di condivisione, uno spazio in cui tornare una dimensione da vivere in pienezza dopo un momento di fatica, dopo una malattia. La casa come luogo dove poter sperimentare la comunione.
Questo compimento è possibile attraverso un percorso che Gesù ci indica, dicendo innanzitutto di essere la Via. Noi cristiani siamo coloro che scelgono avere come riferimento per la propria vita la Via, la strada tracciata da Gesù; noi vogliamo essere testimoni di questo volto di Dio che lui ci ha rivelato, anzi, che lui ha incarnato, tanto che l’unico volto di Dio è quello che ci ha rivelato Gesù: il volto del Padre è quello che ci mostra il Figlio, perché “quello che io vi dico non lo dico da me stesso ma dal Padre. Io compio le sue opere perché io rimango in lui e lui in me”. Innanzitutto allora noi siamo coloro che custodiscono la via tracciata da Gesù e cercano di seguirla.
Gesù poi dice “Io sono la Verità”, non una verità, la Verità, unica. Pertanto noi sappiamo che il cristianesimo non è tanto un insieme di precetti, di regole, di comandamenti ma è un’esperienza. Noi siamo chiamati a confrontarci con l’esperienza di Gesù. Attraverso i Vangeli ci viene presentata questa figura che ci chiede di essere disponibili ad affidargli la nostra vita. Solamente così può diventare anche Vita per noi, perché altrimenti rimane sempre ai margini della nostra esperienza di vita quotidiana. Le nostre scelte non sono conformi all’insegnamento di Gesù, al Vangelo ma seguono talora le regole del buon senso, talora quelle della convenienza discostandosi da quella che è una strada precisa, netta, chiara che a volte può costare fatica. D’altra parte, se noi rileggiamo la storia del cristianesimo sappiamo bene che fin dall’inizio è segnato dalla persecuzione, dal rifiuto. Gesù stesso viene ucciso perché fedele a Dio e agli uomini, in nome di una libertà che non si può negoziare con nessuno, per la quale non si può scendere a patti o diminuire per salvare la vita. La prima unità cristiana è segnata dalla persecuzione: a Gerusalemme la morte di Stefano e poi quella di Giacomo decretano quella dispersione che porterà il Vangelo, attraverso Paolo, fino ai confini degli imperi e da allora fino a noi, passando ininterrottamente attraverso quel martirio che non si può accumunare con quello che attualmente viene attribuito a quanti pensano che per poter andare a casa, in Paradiso, si debba uccidere chi non la pensa come te, chi non ha la tua religione, chi è infedele.  
C’è un coraggio della testimonianza che diventa anche franchezza e lo abbiamo sperimentato in questi giorni, quando il Papa ha preso una posizione di verità nei confronti di un fatto storico e questo ha decretato una situazione di violenza, come è sempre di quanti hanno il coraggio di essere autentici, veri. Oggi noi siamo messi a confronto con questa parola e ci domandiamo se veramente per noi Gesù è Via, Verità e Vita.
Se abbiamo scelto di seguirlo come unica strada, non come tracciato che ogni tanto si può abbandonare, come il sentiero dal quale si può deviare pensando di sapere noi quale strada compiere; se abbiamo scelto che lui sia Verità, cioè che il metro di misura di ogni decisione non si altro che chiedere a lui di aiutarmi a comprendere cosa farebbe al mio posto in quella situazione, in quell’incontro, in quella decisione da prendere in quella posizione da mantenere, in quel modo di pensare che possiamo anche cambiare, perché altrimenti lui non sarà mai Via, rimarrà sempre ai margini della nostra esistenza e il nostro essere cristiani rimarrà sempre un modo di dire, non un modo di essere. C’è molta differenza tra il dirsi cristiani e l’esserlo.
Ci stiamo preparando sempre più decisamente a un evento molto importante che caratterizzerà in modo singolare la parrocchia di Beregazzo ma che coinvolge tutta l’Unità Pastorale: l’ordinazione presbiterale di Gregorio Simonelli diventa per tutti noi invito alla preghiera, perché questo giovani che sceglie di seguire il Signore sia un presbitero secondo il cuore di Dio, un uomo che sceglie Gesù come Via, Verità e Vita.
È un invito per tutti noi a considerare come il Signore continua a chiamare tra i nostri giovani qualcuno che sia disponibile a donargli tutta l’esistenza cercando, nell’umiltà della propria fragilità, di essere segno di una misericordia che è senza confini.
Tutto possiamo nella tua misericordia: così i candidati al presbiterato di questo anno hanno scelto come parola che guidi il loro cammino. Allora nella preghiera noi vogliamo accompagnare Gregorio, perché ogni cosa che prepareremo per fare festa a lui in quei giorni di giugno, diventerà occasione anche per le nostre comunità di rinnovata comunione proprio perché radicati nell’ascolto, nell’accoglienza della Parola e nell’ascolto e nell’accoglienza della volontà di Dio che si compie in questo giovane e che chiede di essere compiuta anche nella nostra vita.
Ma oggi invocheremo anche un gesto ecclesiale importante, non formale: quello dell’elezione del nuovo Consiglio Pastorale Parrocchiale. Questo gesto, che per alcuni è inutile “tanto le cose non cambiano, tanto decide sempre il parroco, tanto è inutile perché non si vede nessun cambiamento….”: in questo gesto c’è il desiderio della partecipazione alla vita della Chiesa e attraverso anche un umile gesto, come quello di porre una preferenza, dice la volontà di discernere insieme quali sentieri di bene, di Vangelo, le nostre comunità possono compiere.

Che il Signore ci aiuti a vivere in una profonda comunione tra di noi, comunione che è possibile solo se scegliamo prima di tutto che la nostra strada da seguire sia quella che il Signore ci indica, che l’unica Verità sia quella che il Vangelo ci annuncia, che la Vita vera sia una profonda, quotidiana, tenace, fedele comunione con Gesù Cristo.

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