21 giugno 2015 - IV domenica dopo Pentecoste


È possibile che sia capitato anche a noi di vivere una profonda delusione dopo aver invitato qualcuno a un momento di festa preparato e vedere come il nostro invito sia stato disatteso, dimenticato, messo da parte. Sarà capitato anche a noi di rimanere profondamente amareggiati per qualcuno che ha preferito fare altro rispetto a quello di accogliere il nostro invito e spendere del tempo con noi. Questa sala vuota, dove il re si trova dopo il suo invito, ci ricorda come spesso il Signore rimane da solo. I suoi inviti non vengono accolti, le sue parole non vengono ascoltate, i suoi ministri vengono talora trattati con indifferenza, a volte con violenza. Ci capita anche di dire “Dio cosa fa davanti alle innumerevoli storie di male che ci sono tra gli uomini? Dio dov’è? Cosa fa?”. Intanto dimentichiamo che spesso la sala del suo invito rimane vuoto, che le sue parole non vengono ascoltate, che viene spesso messo da parte e chiamato in causa quando la violenza tra gli uomini è diventata, come per Sodoma e Gomorra, ormai legge. Ma questo Dio che noi celebriamo ogni volta che veniamo all’Eucaristia è un Dio che non si arrende. L’invito è per coloro per i quali pensava il meglio, perché riteneva che fossero coloro che avevano compreso l’importanza dello stare con Lui, ma si accorge che non è così. Il mistero rimane grande, come il mistero del male, quando ha il suo inizio ma sembra non avere una fine.
Allora, questa stanza non vuole che sia vuota, perché il Suo Amore è un Amore che non si può contenere e invita ad andare a prendere tutti per le strade e tutti vengono invitati, cattivi e buoni, a dire che non è importante in prima istanza chi siamo, cosa abbiamo fatto, quali meriti abbiamo, quale bene abbiamo compiuto. Ciò che è importante agli occhi suoi è che gli diamo la possibilità di parlarci, di incontrarci, di rivivere la sua festa, cattivi e buoni, tutti. Sarà proprio l’incontro con Lui a creare la differenza, a scoprire che non si può essere calunniatori, ladri, depravati – come dice Paolo -, ma possiamo scegliere di non essere così solamente se incontriamo il Signore.
Per questo veniamo rivestiti di una veste bianca, già dal nostro battesimo, consegnata ai nostri genitori, al padrino e alla madrina con questo impegno a tenerla pulita. Veste bianca che dice la dignità di chi è Figlio di Dio, di chi non vive più la condizione di schiavitù ma di regalità, destinato a regnare con Cristo per sempre. Una vesta bianca che dice anche la possibilità di sporcarla in fretta: per questo è importante che noi ci ricordiamo di quella veste e decidiamo di indossarla sempre, perché sia segno luminoso come era nell’antichità quando dopo il Battesimo si veniva rivestiti di questa veste e la si portava per una settimana per dire a tutti, anche quando si era in un tempo di persecuzione: “Io sono cristiano e te lo mostro con la mia presenza”. Quanto abbiamo bisogno di una testimonianza che sia visibile oggi del nostro appartenere a Cristo. La cosa straordinaria è che ogni volta che noi ci fidiamo di Lui, ogni volta che veramente vogliamo entrare in comunione con Lui è Lui che ci riveste della sua gloria, della sua luce. Così siamo tutti testimoni di aver incontrato qualcuno che, stato vicino al Signore, è stato capace di regalarci una luce, una parola, che ci ha folgorati perché abbiamo riconosciuto non essere degli uomini ma di Dio.
Chiediamo al Signore di aiutarci a non lasciar cadere i suoi inviti, a non aver paura di entrare nelle stanze del suo banchetto; chiediamo il coraggio di rivestirci ogni giorno del suo battesimo come di quella veste bella che dice la nostra più profonda identità, Figli di Dio. Lasciamo che quest’incontro ci rivesta della sua luce perché la nostra vita sia un segno della sua presenza.

Oggi accompagniamo Gregorio all’inizio del suo ministero da presbitero a Brugherio. Preghiamo perché il suo cuore, da pastore, sia sempre più come quello di Dio che non si arrende mai di andare a cercare i suoi figli; sia un cuore misericordioso e premuroso che faccia intuire come il Signore davvero non si stanca di amare questa terra e questa umanità e rinnova la sua alleanza. Custodiamo nella preghiera il cammino di questo nostro giovane perché il suo ministero sia riflesso di quell’amore che lui per primo ha sperimentato. Allora, ne siamo certi, sarà una benedizione per tutti coloro che incontra.

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