16 agosto 2015 - XII domenica dopo Pentecoste
Normalmente
ci infastidiamo se qualcuno non ci ascolta e possiamo immaginare qualche
situazione nella quale abbiamo chiesto a qualcuno di fare per noi qualcosa,
oppure di ascoltarci e questo non l’ha fatto. La nostra reazione è stata
quella, probabilmente, di chi si sente un po’ trascurato o quasi invisibile.
Penso a quelle situazioni in cui un genitore chiede a un figlio un piacere,
oppure tra marito e moglie. A volte, quando non si è ascoltati si può cadere in
una sorta di tristezza perché ci si sente estranei.
La
prima lettura ci dice, per bocca del profeta Geremia, che per ventitré anni “con premura e insistenza” lui ha
proposto ai capi del suo popolo la conversione del cuore. Ventitré anni. Noi lo
raffrontiamo a quelle piccole durezze che nascono da un dialogo mancato, da un
ascolto non compiuto.
L’invito
alla conversione è un invito quotidiano da parte di Dio, non perché Lui sia una
sorta di esattore delle tasse, per cui se non paghi aumentano, ma perché sa
benissimo che nella misura in cui il nostro cuore è disposto bene nel compiere
la sua volontà, la nostra vita - anche se pare attraversare degli ostacoli- in
realtà è in cammino verso un compimento di bene.
L’essere
lontano da Lui porta invece a vivere esperienze che sempre di più definiscono
la vita intorno a una realtà che non è la nostra felicità. Certo non è
un’equazione! Sappiamo bene che la vita è un intreccio di libertà: quella di
Dio che continuamente mi sceglie, mi cerca, mi chiama e la mia che è chiamata a
rispondere e a cercare di compiere in ogni cosa bene tutto quello che mi è
chiesto immediatamente per il mio bene, ma sapendo che è anche per il bene di
chi non conosco, di chi mi sta accanto.
Contemplando
Maria Assunta in cielo abbiamo detto che Lei è colei che ha cercato di
custodire in tutta la sua vita il bene, avendo a cuore tutto ciò che è
profondamente umano ma con uno sguardo rivolto ai beni eterni, con uno sguardo
di cielo, perché quella nostalgia di Dio che ogni uomo che è capace di
ascoltare a se stesso porta nel cuore non sia qualcosa che svuota l’impegno
nella vita quotidiana, ma sia la ragione per cui impegnarsi nella vita di tutti
i giorni.
Le
letture di oggi ci dicono che Dio ha scelto, nel suo misterioso disegno di
salvezza, di rivelarsi a un popolo piccolo, quasi insignificante. All’inizio
era un gruppo di tribù molto diviso tra di loro; nel corso della storia ha
trovato una sua unità (di per sé per breve tempo) per poi trovarsi sempre a
essere soggetto all’oppressione di diversi nemici. Geremia dice al suo popolo: “Ciò che ci permette di stare uniti non è la
terra, non è neanche il tempio che verrà distrutto dai Babilonesi. Ciò che ci
permette di essere uniti è la comunione con Dio”. Allora è possibile che
anche nella dispersione noi abbiamo un punto così forte in comune da sentirci
in comunione, altrimenti se ciascuno di noi segue qualche suo interesse sopra
quello degli altri, la disgregazione è grande, non c’è un linguaggio comune.
Certo,
la profezia di Geremia guarda quello che accadrà da lì a poco, la distruzione
della città di Gerusalemme, la profanazione del tempio, la deportazione per 70
anni in terra di Babilonia, ma Dio userà anche questo per rivelare ai
Babilonesi il Suo volto e perché ritornando Israele possa riscoprire qual è
la radice autentica della propria storia: il Signore.
Il
Vangelo oggi ci invita ad annunciare a tutti la conversione del cuore, ma
possiamo farlo unicamente se ci sta a cuore la nostra. Quando parliamo di
conversione non abbiamo in mente uno stravolgimento totale. Convertire vuol
dire cercare ogni giorno di mettere i
nostri passi nei passi che ci indica la Parola di Dio; orientare ogni giorno i
pensieri modellandoli su quelli di Dio; progettare, sognare la nostra vita
cercando di interpretare quello che Dio dice ai nostri giorni. Per fare
questo è necessario avere una confidenza con la Parola di Dio e con i
sacramenti, altrimenti il rischio è quello di cadere nel buon senso, senza che
il Vangelo innervi tutta la nostra esistenza e faccia in modo che la nostra
testimonianza sia luminosa.
Dicevo
ieri che compito di un cristiano, su esempio di Maria, è quello di far
sussultare di gioia le persone che incontriamo. Come sarebbe bello che il
nostro compito, il nostro punto di gloria fosse quello di rendere felici le
persone che incontriamo: cambierebbe molto lo sguardo che abbiamo sugli altri,
ma anche sulla nostra vita. Anche le persone anziane che pensano di aver
esaurito, oramai, il loro compito troverebbero nella vita di tutti i giorni la
possibilità di far sorridere, di esortare e di far presente il passato non come
un lamento ma come un tesoro al quale attingere, per dire ai più giovani
“guardate, alcune strade che percorrete non portano a nulla”. Avere uno sguardo
così sulla vita, uno sguardo così sulla conversione ce la fa sentire un po’ più
vicina e desiderabile.
Intanto, noi siamo certi, il Signore continuerà con premura e insistenza a invitarci a cambiare il cuore, perché sa che è il nostro bene. Non ci imporrà mai nulla perché il Dio nel quale noi abbiamo posto la nostra fiducia è il Dio della libertà e non ci opprimerà mai con l’imposizione ma sempre con l’invito. Allora anche il comandamento che ci pare a volte così esigente sarà una conseguenza dell’amore e scopriremo che davvero portare il suo carico è leggero e docile.
Intanto, noi siamo certi, il Signore continuerà con premura e insistenza a invitarci a cambiare il cuore, perché sa che è il nostro bene. Non ci imporrà mai nulla perché il Dio nel quale noi abbiamo posto la nostra fiducia è il Dio della libertà e non ci opprimerà mai con l’imposizione ma sempre con l’invito. Allora anche il comandamento che ci pare a volte così esigente sarà una conseguenza dell’amore e scopriremo che davvero portare il suo carico è leggero e docile.
Abbiamo
bisogno però di sostenerci gli uni gli altri perché alcune volte c’è chi ha uno
slancio maggiore e c’è chi si impigrisce; c’è chi ha un desiderio più grande e
chi, deluso dalla vita, pensa che Dio sia un estraneo. Noi veniamo alla Messa
proprio per sostenerci a vicenda, per riscoprire che la Fede è davvero
un’esperienza che può dare senso all’esistenza, a tutti i momenti, anche a
quelli del riposo durante il tempo dell’estate, anche a quegli aspetti che
spesso pensiamo essere estranei al Signore.
Noi
abbiamo da custodire questa parola “gratuitamente
avete ricevuto gratuitamente date”. La vita, la vita nella Fede, la
capacità di amare e di essere amati sono doni che ci sono stati consegnati
gratuitamente: raccogliamo tutto questo e offriamo con generosità, con
gratuità. Assomiglieremo al Volto di Dio e faremo in modo che quello che
celebriamo in ogni Eucaristia abbia senso perché s’incarna nel nostro modo di
agire, di parlare, di pensare, di sognare.
Ci
accompagni il Signore in questa domenica e in questa settimana perché sempre di
più riscopriamo quanto sia un dono prezioso aver ricevuto la Fede nel Dio di
Gesù Cristo, quanto sia importante rinnovarla, quanto la conversione non sia un
ostacolo ma una strada per giungere alla nostra felicità.
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