23 agosto 2015 - domenica che precede il Martirio di S. Giovanni
Tutti
noi sperimentiamo come la fede possa essere talora attraversata da momenti di
dubbio, di fatica e talvolta possa essere posta nella condizione di trovarci
contrari a qualcuno, magari anche vicino a noi, della nostra famiglia.
Forse
nessuno di noi ha vissuto l’esperienza della persecuzione a motivo della fede,
tuttavia sappiamo come siano molti oggi i nostri fratelli e le nostre sorelle
nella fede che, a motivo della loro adesione al Signore, pagano con la vita,
sofferenza e morte.
Vivere
in modo autentico la fede da sempre chiede una scelta coraggiosa, fedele,
quotidiana: non solo perché può essere minacciata dall’esterno, ma perché noi
stessi facciamo esperienza di come essa possa essere fragile. Ogni giorno
viviamo una lotta interiore tra ciò che ci inclina verso il bene e ciò che ci
porta verso il male.
Abbiamo
ascoltato nella prima lettura una testimonianza che, se presa al di fuori del
contesto della fede in Dio e soprattutto della fede della vita eterna, ci pare
un’assurdità. Può essere capitato anche a noi di partecipare a un momento di
lutto per la morte di un figlio giovane di una famiglia e constatare il dolore
di una mamma che perde il proprio figlio; così come abbiamo accompagnato nella
nostra vita situazioni in cui bambini piccoli hanno perso la mamma ancora
giovane e in quei momenti la nostra fede ha vacillato perché ci siamo domandati
dove fosse Dio. Senza un riferimento esplicito alla fede nella vita eterna, il
racconto del secondo libro dei Maccabei ci pare davvero un’assurdità. La storia
di questa famiglia che viene sterminata a motivo dell’odio di questo re
invasore, Antioco Epifane, che un secolo e mezzo prima della nascita di Cristo invade
la Palestina, Israele, e impone la propria religiosità e passa a fil di spada
con la morte tutti coloro che rifiutano di abbandonare la tradizione dei Padri.
Abbiamo
ascoltato la testimonianza di questa madre che esorta i suoi figli ad essere
forti nel rifiutare di essere traditori nella fede del Dio di Abramo, di
Isacco, di Giacobbe. “Senza dubbio il
creatore dell’universo per la sua misericordia vi restituirà di nuovo il
respiro e la vita, poiché voi ora per le sue leggi non vi preoccupate di voi
stessi”: noi abbiamo una fede che si fonda sulla Risurrezione e sulla vita
eterna. Il tempo che ci è dato è tutto da spendere nel conoscere il volto di
Dio rivelato a noi in Gesù Cristo, perché al termine della nostra esistenza
terrena possiamo incontrare questo Dio in un abbraccio di comunione, pace e
misericordia. Solamente uno sguardo così alla vita, anche a quella terrena, che
ci impegna quotidianamente a una fedeltà ai nostri compiti di tutti i giorni con
amore, con impegno, con interesse ci permette di avere sempre uno sguardo di
cielo, dove certo noi siamo lieti di vivere questa vita e cerchiamo di
custodirla il più a lungo possibile ma tuttavia sappiamo che il suo pieno
compimento non è nel molto lavoro, nell’accumulare molto denaro e neanche negli
affetti più profondi, ma è nel rimandare tutto questo al Cuore di Dio che sa
valorizzare ancora più di quanto sappiamo fare noi tutto ciò che di buono,
di bello, di vero, di giusto nasce dal nostro cuore, dalle nostre azioni, dai
nostri pensieri e dalle nostre parole.
Gesù
ci dice che l’esperienza della fede è una questione seria e che si forma su due
elementi: Dio non ha lasciato che il suo
Figlio rimanesse nel sepolcro ma lo ha risuscitato dalla morte. Noi
crediamo nella vita eterna. Questo è
il motivo per cui possiamo impegnarci tanto in questa esistenza, sapendo che
costruiamo con Dio il suo regno, sapendo che siamo collaboratori dell’azione di
Dio che ama questo popolo, questa terra, questo mondo così com’è, perché anche
attraverso di noi possa essere migliore, più bello, più accogliente.
La
nostra fede si fonda, poi, sulla Provvidenza
di Dio: nemmeno i passeri del cielo
sono dimenticati da Dio, i capelli del nostro capo sono contati. Noi valiamo di
più di molti passeri. Noi abbiamo smarrito questo senso della Provvidenza
di Dio, del fatto che tutto concorre al bene di coloro che credono in Dio, che
la fragilità della nostra vita, che Paolo dice essere un vaso di creta, non impedisce a Dio di fare in modo che custodiamo
un tesoro grande, quello di una Fede autentica in un Dio che non lascia nessuno
in preda alla morta e che è provvidente.
Tutto
questo è per noi un impegno serio della fede: ci chiede di non vivere una fede
superficiale, ma di approfondirla, di dedicare tempo all’ascolto e al silenzio
per onorare, anche, il martirio di tanti fratelli e sorelli nella fede che
oggi, a motivo della loro adesione a Cristo, pagano con la vita, con il dono di
tutto se stessi l’essere di Dio. Noi, che viviamo lontano dai teatri dove si
svolge questo quotidiano massacro a volte veniamo disturbati da qualche notizia
ma non riusciamo più a dare giusto peso a questa realtà. Nel secolo scorso si è
stimato che quasi 27 milioni siano stati coloro che a motivo della loro fede,
per affermare la libertà religiosa, abbiano pagato con il dono della vita.
Anche
l’inizio di questo millennio è segnato da una strage silenziosa e quotidiana di
coloro che scelgono che la loro vita sia orientata religiosamente. Noi abbiamo
il compito di onorare il sangue dei martiri All’inizio del cristianesimo il
corpo dei martiri veniva custodito con grande cura ed era il segno evidente che
si poteva vivere una fede come quella di Gesù Cristo. Le reliquie dei martiri
erano custodite con grande onore e tutti gli altari consacrati custodiscono
reliquie di martiri per ricordarci che quando un uomo vive una vita così dedita
a Dio, tanto da saper rinunciare alla sua vita perché crede fermamente
nell’eternità, allora lì si rivela il mistero di questo Dio che continua a
scegliere l’umanità come la realtà più cara e più amata.
Chiediamo
al Signore di rinnovare e ravvivare la nostra fede, di aiutarci a superare i
momenti di oscurità, anche quelli di dubbio attraverso il confronto con coloro
che sentiamo più forti nella fede, attraverso l’ascolto della Scrittura più quotidiano
e fedele, attraverso il silenzio dove lo Spirito di Dio parla.
Chiediamo
al Signore che ci aiuti a vivere oggi, qui dove siamo chiamati a vivere, la
nostra fede perché sia luminosa testimonianza del fatto che tutto centra con la
fede con la nostra vita di ogni giorno: Dio centra con tutta la mia esistenza.
Chiediamo al Signore di rinnovare in noi una fiducia grande nella Provvidenza,
perché mettendo a frutto tutti i carismi che abbiamo, tutti i doni dello
Spirito che ci sono stati regalati, sappiamo contribuire a rendere questa
realtà così com’è sempre più conforme al disegno buono di Dio, perché se Dio
continua a scegliere e ad amare questa terra, questa umanità noi che siamo suoi
discepoli non possiamo che collaborare al suo progetto buono.
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