20 settembre 2015 - IV domenica dopo il martirio di S. Giovanni
Ci sono momenti della vita che sembra impossibile affrontare con serenità anche in virtù della propria fede. Così Elia, considerato il più grande tra i profeti d’Israele, ad un certo punto si trova a vivere un grande dramma interiore: il desiderio della fedeltà a Dio, la sua fiducia in Dio ma anche la paura. Gezabele lo sta cercando per ucciderlo, è rimasto da solo, unico profeta del Dio di Isacco, di Isacco e di Giacobbe in Israele. Ha molti nemici, rischia la vita. Ha paura. Si ritira, allora, pensando alla morte come soluzione per uscire da questo momento così oscuro; proprio in quel momento Dio si avvicina e gli mostra la strada e quel pane che gli viene offerto “alzati e mangialo” lo condurrà fino all’incontro con Dio, al monte Oreb.
Quaranta
giorni, quaranta notti: un tempo indicativo del fatto che si può compiere un
cammino nella vita che porta a un compimento, che porta a un evento che risolve
una situazione che sembrava impossibile. Così Elia, forte della vicinanza del
Signore, riprende il cammino con forza e coraggi e continua la sua missione di
annunciatore dell’esistenza di un unico Dio che non ha bisogno di sacrifici se
non quello del cuore dell’uomo.
Questo
pane evoca l’Eucaristia che Paolo ci dice, nella seconda lettura, è il cuore
della comunità tanto che non si può vivere l’Eucaristia essendo divisi. La
comunità di Corinto viveva grandi difficoltà, faceva i conti con un annuncio
del Vangelo che si scontrava con tradizioni molto lontane da quelle che Gesù
con il suo annuncio portava. Si trattava di convertire il cuore, soprattutto
per quanto riguardava le relazioni interpersonali. Paolo ricorda che quello che
lui annuncia è quanto ha ricevuto attraverso la testimonianza di coloro che lo
hanno accolto nella chiesa e che gli hanno raccontato di come la presenza di
questo Gesù vivo nell’Eucaristia è capace di motivare la vita di tutti, anche
di gesti impensabili. Lui aveva negli occhi la morte di Stefano, conosceva
della morte di Giacomo e sapeva bene che il cuore di quella fede ardente che
arriva fino al dono della vita è proprio l’Eucaristia; come dicevano i martiri
del nord Africa “Non possiamo vivere
senza l’Eucaristia”.
Così,
la celebrazione eucaristica che noi viviamo non è solamente assolvimento di un
precetto ma per noi diventa l’occasione almeno settimanale, domenicale di
confrontarci con Gesù vivo, presente in mezzo a noi. Noi celebriamo
l’Eucaristia come Chiesa e l’Eucaristia sempre di più modella la Chiesa intorno
a quel messaggio che cambia la storia dell’umanità: il Signore Gesù, crocifisso
è risorto.
Ci
domandiamo: qual è il rapporto che io ho
costruito nella mia vita di fede con l’Eucaristia? Quale spazio ha Gesù vivo
nell’Eucaristia nella mia vita? Come preparo la celebrazione eucaristica? Penso
che è il momento, è il tempo nel quale posso fare comunione? Che mi accosto a
Lui per riceverlo e per diventare come Lui?
Spesso
l’Eucaristia è pensata come al premio per coloro che sono bravi, che non
sbagliano ma Gesù si propone come pane
del cammino, farmaco di vita: certo, è necessario accostarsi essendo in
grazia di Dio – cioè avendo il cuore ben disposto nei confronti del Signore, un
cuore che cerca con tutte le sue forze di compiere gesti che lo allontanano
dalla comunione - , ma spesso nelle nostre assemblee assistiamo al fatto che tanti
partecipano della Messa ma non ricevono il Corpo di Cristo. Il Signore si
propone come compagno di viaggio, come cibo, sapendo bene che solamente con la
forza della sua presenza in noi è possibile compiere il cammino della vita e
arrivare alla meta. Vi esorto allora a considerare come sia impegnativo, certo,
decidere di ricevere il Corpo di Cristo: innanzitutto perché richiede a
ciascuno di noi, personalmente, di volere essere di più come Gesù.
“Io scelgo, mangiando di Te Signore, di
essere come Te. Io credo che in questo segno c’è la Tua presenza, credo che Tu
sei vivo in mezzo a noi, che sei Tu che
mi riveli il volto del Padre. Sento tutta l’urgenza di accoglierti e tutto
l’impegno nel fare questo”.
Ma
non è solamente un atto personale, è un atto comunitario. Ricevere l’Eucaristia
significa “creare comunione”. Come è sofferenza constatare che a volte proprio
nelle nostre comunità che celebrano l’Eucaristia ci siano divisioni per cose
piccole, di poco conto, di nessun valore. L’Eucaristia fa comunione perché
ciascuno di noi si impegna nel suo ambito, nella sua storia a mettere tutto ciò
che può perché il Signore sia presente, conosciuto e amato.
Invito,
allora, anche quanti hanno un po’ timore a ricevere Gesù, a pensare alla
possibilità di cambiare atteggiamento: accostarsi al sacramento della Riconciliazione
più spesso, anche per ricevere l’Eucaristia, ma soprattutto accostarsi al
Signore Gesù vivo nella celebrazione della messa per dire “voglio essere come Gesù. Voglio essere come Te”.
Oggi
noi viviamo la giornata per il seminario e siamo lieti di riaccogliere i
seminaristi Francesco e Samuele che anche in questo anno pastorale sono stati
affidati alle nostre Comunità. È per loro un impegno quello di venire ogni
domenica ad animare il pomeriggio nei nostri oratori, ma per noi è una gioia
quella di poter accompagnare dei giovani che sono alla ricerca della propria
vocazione, che cercano di scoprire se questa intuizione che hanno nel cuore è
davvero ciò che può plasmare la propria esistenza. È una responsabilità
reciproca. Siamo allora grati al Signore per il Seminario che ci dona nella
figura di Francesco e Samuele, nella figura di don Virginio, un aiuto concreto
per crescere come comunità cristiane in comunione con Gesù che celebriamo
nell’Eucaristia. Preghiamo per tutti coloro che sono in cammino nella ricerca
della loro vocazione, perché siano aiutati da educatori saggi, buoni, con un
cuore grande e una capacità di annunciare la bellezza dell’appartenenza a
Cristo attraverso la testimonianza di una vita sacerdotale santa. Preghiamo
perché non manchino mai vocazione al presbiterato che garantiscano alle
comunità, anche a quelle piccole come le nostre, una presenza costante di chi
spenda la vita per annunciare che Gesù, il Crocifisso, è risorto. Chiediamo che
anche tra i nostri ragazzi ci sia qualcuno che si lasci affascinare tanto da
Gesù da desiderare di essere come Lui.
Il Signore
ascolti le nostre preghiere, ci accompagni in questa domenica e in questa
settimana e ci doni il coraggio per trovare il tempo per venire a trovare Lui,
Gesù vivo e risorto, nel silenzio delle nostre chiese anche durante i giorni
feriali, in quella visita a Gesù Eucaristia che è incontro con la presenza di
Dio in mezzo a noi; che è la possibilità di crescere nell’amicizia con il Signore;
che è l’esperienza di chi sa di avere con sé qualcuno che ti accompagna anche
nei momenti oscuri della vita e fa in modo che la tua vita giunga all’incontro
con Dio, pienezza della nostra gioia, pienezza della nostra vocazione.
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