1 novembre 2015 - Solennità di tutti i Santi


Credo che dal giorno del mio battesimo l’unico mio destino è la comunione piena con Dio e che tutta la mia vita è tensione verso questo compimento finale. La santità non è una meta lontanissima, per alcuni che fanno parte del gruppo dei bravi, di quelli che sono giusti; la santità è la mia vocazione perché coincide con quella di essere figlio, perché nel giorno del battesimo sono stato rivestito di una veste bianca che diceva la mia dignità ed è una realtà che nessuno mi può strappare o cancellare o ostacolare. Il mio destino è essere in comunione con Dio ed è per questo che ogni volta che vivo questa comunione anticipo la vita eterna; è per questo che i primi cristiani venivano chiamati Santi, perché la santità non era una separazione ma essere appartenenti a Dio. Santo è colui che è Dio, santo è appartenenza a Dio.
Oggi noi viviamo la festa di tutti i Santi. Non è solamente l’onomastico di tutti ma è l’invito a guardare a coloro che ci hanno preceduti nel cammino della fede e che sono riusciti a vivere, pur nella fragilità della loro vita, un’appartenenza che ora li rende – come dice il Prefazio – amici e modelli di vita. Noi chiediamo l’intercessione dei santi, lo facciamo nel giorno del battesimo, nel giorno del matrimonio, dell’ordinazione sacerdotale, nel giorno delle esequie per dirci che la comunione dei santi, che ripetiamo in ogni Eucaristia come professione di fede, non è un’idea ma un’esperienza che si rinnova ogni volta che nella preghiera eucaristica li ricordiamo, ogni volta che ciascuno di noi, attraverso la devozione popolare e personale, li tieni cari. I santi ci parlano di questa realtà di comunione che è per tutti, come dice l’Apocalisse: questo numero che indica la totalità, centoquarantaquattro mila, questa moltitudine immensa, incalcolabile davanti al trono dell’agnello. La fede è un’esperienza per tutti. La comunione con Dio è un’esperienza per tutti. Non si tratta di avere dei meriti perché è lo sguardo che Dio ha su ciascuno: tutti siamo segnati come un segno sulla fronte, come nel giorno del nostro battesimo quando siamo stati accolti e segnati con il segno della croce, così come siamo stati riconfermati nel giorno della Cresima. Questo segno di salvezza che è la croce di Cristo e che introduce a quel mistero d’amore che ogni volta che troviamo a vivere l’Eucaristia celebriamo. Veniamo qui non per ripetere un gesto abituale, non perché è domenica o è festa, non per una consuetudine ma perché ci troviamo, nonostante tutte le difficoltà, a guardare a questo Signore che dona la vita come unico Signore della storia e della nostra vita. Così, questo desiderio di Dio di far parte della nostra esistenza si manifesta, come dice Paolo, in una volontà estrema di comunione che nessuno può separare: nessuno ci può separare dall’amore di Dio in Cristo Gesù. Così i santi ci raccontano di storie straordinarie, anche di storie feriali. Ci sono, certo, uomini e donne che possono raccontare una vita fatta di momenti strabilianti, ma c’è anche una santità quotidiana, molto popolare, fatta di gesti che si ripetono sempre uguali e che pure, poiché fatti con amore, sono capaci di cambiare la propria vita e quella di chi ti sta accanto. Il fine ultimo della nostra vita e più in generale dell’esperienza di un cristiano, anche se ogni giorno siamo a contatto o siamo chiamati a confrontarci con il mistero della sofferenza, del male, del peccato, è questa beatitudine che Gesù ripete per nove volte che ci racconta come sua prima esperienza; in ogni beatitudine possiamo leggere un tratto del volto di Cristo, tanto che questa pagina di Vangelo che conosciamo bene può diventare carta d’identità di tutti coloro che riconoscono che Gesù sia il Signore della loro vita, beati – felici. Noi siamo beati – felici perché apparteniamo a Cristo e ogni volta che ci dimentichiamo che fine ultimo del nostro essere cristiani è proprio quello di essere in comunione con Dio e quindi essere felici, non siamo capaci di dare testimonianza di quell’amore che Dio continuamente riversa nei nostri cuori. Siamo qui per sostenerci a vicenda perché a volte questi slanci per il Signore sono autentici ma anche limitati da tante situazioni dalle quali non riusciamo a liberarci: il nostro peccato, la nostra pigrizia, la nostra incostanza, la nostra infedeltà. Per questo siamo chiamati una volta alla settimana, almeno, a venire a celebrare l’Eucaristia, per rompere con questi schemi, con queste storture dove non sappiamo, magari, sfruttare a pieno questo momento: ci distraiamo, abbiamo altri pensieri o sofferenze ma dove lasciamo che il Signore ci parli, ci dica “Beato perché tu sei invitato a questa cena; beato perché ascolti la mia parola beato perché nella tua vita quotidiana cerchi di essere semplice, essenziale, operatore di pace; cerchi di essere mite, di essere un uomo giusto”. Ti accorgi che non sempre sei così e ricominci e ti riaffidi e allora scegli il Sacramento della Riconciliazione come esperienza dove vivere l’esperienza dell’amore misericordioso di Dio e tutti i santi ci raccontano come questo sia stato per loro essenziale: confrontarsi con la misericordia di Dio.

Oggi noi chiediamo al Signore di aiutarci a tenere sempre presente davanti a noi la meta del nostro cammino, la comunione con Lui, la santità. Chiediamo che sia per noi non una parola vuota, ma un’esperienza; preghiamo gli uni per gli altri perché il nostro cammino di appartenenza alla Chiesa, a questa realtà, possa diventare sempre di più una testimonianza che aiuta altri che si sono un po’ smarriti, impigriti e che hanno fatto esperienze negative a ritrovare la possibilità di considerare come la fede nel Dio di Gesù Cristo riempie la vita e la rende felice. Chiediamo il dono della felicità, della beatitudine, anche tra le difficoltà della vita perché quando un cristiano mostra il volto gioioso della sua appartenenza, lascia un segno profondo e perché induce molti a domandarsi “davvero il Signore Gesù è così capace di portare luce dove c’è tenebra, di portare pace dove c’è odio, di essere verità dove c’è il dubbio?”. Che il Signore ci accompagni in questo giorno, in cui viviamo anche la nostalgia, tristezza per persone che abbiamo amato e che abbiamo affidato già all’amore misericordioso di Dio. La comunione dei santi è comunione con tutti coloro che hanno cercato nella loro vita di essere del Signore: li ritroviamo tutti in questa Eucaristia, come in ogni Eucaristia. Preghiamo per loro e con loro. Dal cielo essi proteggano le nostre vite e ci aspettano perché la comunione con Dio è davvero l’unico nostro destino.

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