24 dicembre 2015 - Vigiliare Vespertina del Santo Natale


È una sera straordinaria anche per noi. Non solo perché prima non avevamo mai fatto il presepe Vivente per le vie di questo nostro paese, ma soprattutto perché ancora una volta tante persone diverse si sono messe insieme per realizzare un momento di festa, la Festa del Signore Gesù che viene in mezzo a noi; tante persone si sono mosse per venire qui prima ancora che per vedere il Presepe Vivente, per realizzarlo. Persone diverse, di tutte le comunità: non solo i ragazzi ma anche gli adulti. La gioia, poi, del dono di una famiglia che ci ha regalato la possibilità di avere tra noi un bambino piccolo, un cucciolo d’uomo, come Gesù. Così questa sera per noi Enea è diventato Gesù Bambino e, abbiamo sentito, non è solamente una questione di emozione ma è il ricordarci che Dio ha scelto così: di farsi piccolo, bambino ed è straordinario.
Non dobbiamo abituarci a questa notizia, non dobbiamo pensare che sia scontata, perché Dio non ha fatto finta di diventare uomo ma lo è diventato realmente e non ha mai smesso di essere Dio per portarci con Lui nell’eternità. 
Oggi è una sera straordinaria e siamo qui in molti, ciascuno con il suo bagaglio di fede: chi è forte nella fede perché ha scelto coraggiosamente, faticosamente, tenacemente di esserci, di essere discepolo del Signore; chi tra noi è un po’ incerto perché le preoccupazioni della vita di ogni giorno, di tanti impegni, le incombenze, i problemi fanno sentire Dio un po’ distante, un po’ a parte, ai margini; c’è chi tra noi è qui con un dolore grande nel cuore, chi con un problema, chi con una speranza; chi vorrebbe cambiare in fretta la sua situazione e chi è lieto; chi si affaccia alla vita e chi piano piano sta arrivando al suo compimento. C’è qualcuno tra noi che è felice, come chi attende un bimbo o chi destreggia tra le braccia un bambino caro, ma anche chi è triste perché questo Natale sarà senza una persona amata. Siamo qui in tanti, diversi.
A volte ci dimentichiamo di questo Dio Bambino, ma questa sera no e lui è lieto di incontrarci. Non ci rimprovera le nostre mancanze, le nostre assenze, ci dice solo che sono occasioni sprecate, che non tornano e ci chiede di rinnovare nel cuore il desiderio di essere suoi discepoli.
Mi sono domandato “se quella notte non fosse nato nessuno là dove Gesù era nato? Se quei pastori avessero detto ‘è un’allucinazione, è una pazzia, una follia… poi noi che siamo gli ultimi, quelli che non vengono mai considerati: come possiamo essere noi testimoni di un fatto così grande?’: eppure quegli uomini andarono e furono i primi testimoni di un evento straordinario, così i primi missionari sono proprio dei pastori. È forse per questo che Gesù quando parla di sé dice “Io sono il Buon Pastore e porto su di me coloro che sono più in difficoltà, coloro che fanno più fatica, coloro che sono incerti”.
Ho pensato poi anche alla porta chiusa del luogo dove Maria e Giuseppe hanno chiesto alloggio: in questo Anno Santo che spalanca le porte, una porta chiusa dice il rifiuto, l’indifferenza, la paura. Solamente Maria e i pastori spalancano il cuore perché fanno un incontro con un angelo, con un messaggero di Dio. Possono aprire il cuore solamente coloro che stanno in ascolto, non quelli che sanno già tutto, che hanno già tutte le risposte, quelli che sanno risolvere da soli i problemi, quelli che pensano che Dio non centri con l’esistenza. Possono incontrare Dio solamente quelli che ascoltano. Vogliamo custodire questa sera straordinaria nello stupore, come Maria e Giuseppe, come i pastori, come tutti coloro che da quel giorno riconoscono che Gesù è il Figlio di Dio, che si nasconde in un’umanità fragile ma ci porta (per tutti quelli che lo desiderano) pace, serenità, consolazione.
Ma come per i pastori, come per Maria e Giuseppe, come per tutti coloro che sanno bene che ciò che importante si costruisce nella fedeltà, l’impegno che ci prendiamo questa sera è di custodire con Lui, questa vicinanza. Questa sera ho ricevuto un regalo, è stata l’ultima confessione di questa giornata e uno tra voi è venuto a narrarmi della fatica anche di credere, della fatica di confessarsi ma mi ha regalato il dono più grande di questo Natale perché mi ha ricordato che il Signore Gesù è venuto unicamente per offrire il perdono, tutte le altre cose vengono dopo.
Questa sera, allora, tutti chiediamo perdono al Signore e poi tutti offriamolo questo perdono: una parola buona, un gesto di amicizia, un superamento di una difficoltà. Allora sarà davvero una sera straordinaria, non solo perché in molti ci siamo trovati qui, perché in molti rinnoviamo il desiderio che la luce di Gesù nel mondo sia quella notizia buona che permette di sperare la pace non come un sogno irrealizzabile ma come una possibilità reale. Questa possibilità non nasce nel cuore degli altri ma nel nostro cuore. Chiediamo perdono e offriamolo a tutti perché questo è il dono più grande, perché in questo Anno della Misericordia se spalancheremo il cuore al perdono di Dio scopriremo di poterlo imitare. Non è importante se sarà un cammino lungo, difficile, i Magi ci insegnano che non è questo il problema. Ciò che è decisivo è che decidiamo oggi che questa sera non sia una sera isolata nella nostra vita di ogni giorno, nel nostro anno, nel nostro tempo ma sia l’inizio di incammino nuovo. 

Mentre ringrazio tutti coloro che hanno realizzato tutto questo, questa sera vi invito a lodare il Signore per tutto il bene che sta compiendo, già a partire da questa Eucaristia, nel cuore di ciascuno di noi.

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