Pasqua nella Risurrezione del Signore


Maria di Magdala va al sepolcro per cercare Gesù. Possiamo pensare che non fosse proprio rassegnata a questa perdita così grande, in quel modo… il suo amico, il suo maestro. Va al sepolcro con la speranza di trovare qualcosa di nuovo ma è ancorata a quello che conosce: la morte è così dura, ti strappa dagli affetti più cari; poi in quel modo così assurdo che lei ha partecipato e vissuto interamente. 
Maria di Magdala è una donna che cerca e nel Vangelo tutti coloro che cercano trovano, mentre coloro che pensano di sapere già tutto, coloro che sono sicuri di se stessi, quanti pensano di avere tutte le risposte e di non aver bisogno di cercare, magari vanno anche da Gesù ma con i loro pregiudizi, le loro idee e pertanto non lo incontrano, le sue parole non arrivano al cuore.
Maria ci rappresenta tutti perché tutti noi, in fondo, cerchiamo il Signore in modi diversi: c’è chi lo fa con più costanza, con più fedeltà, c’è chi invece vive momenti un po’ altalenanti, c’è chi è frustrato dentro di sé da un dolore che lo schiaccia e dal quale non sa rialzarsi, c’è chi è deluso dalla vita per alcune esperienze che non sono positive o che minacciano la sua serenità, la sua felicità, c’è chi si sente lontano perché in fondo, normalmente, non gli dedica tempo. Tutti però cerchiamo e siamo qui per questo: cerchiamo qualcosa dal Signore.
Maria cerca in una tomba vuota, in un segno che parla di morte ma che poi si rivela una segno di risurrezione. Perché questo accada Maria deve, però, fare dei passi: scoprire innanzitutto che ciò che è importante non è immediatamente sempre quello che si vede, che si tocca, che si sperimenta. Così davanti a quel segno, davanti a quell’annuncio è smarrita: «Se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hanno posto. Andrò a prenderlo».
Allora accade che la chiamata avvenga ancora nel modo più bello «Maria» Essere chiamati per nome, essere riconosciuti. La voce parla dall’intimità del cuore. Ci sono delle parole che sono rimaste nel nostro cuore non solo perché sono belle ma perché qualcuno ce le ha dette con un’intonazione della voce particolare. Ci sono parole che custodiamo dentro di noi che non sono più belle di altre ma per noi sono fondamentali perché ce le ha dette quella persona, in quel modo, con quella voce tanto che quella voce la sapremmo riconoscere tra milioni.
«Maria»: una parola che arriva nell’intimità. Scopriamo che davvero per trovare non è necessario sempre misurare tutto, toccare, conoscere attraverso un’intelligenza che tiene tutto sotto controllo. Negli affetti non è così. Maria in quell’essere chiamata riscopre che la possibilità di trovare il Signore è quella di entrare nella propria intimità.
L’intimità chiede silenzio, chiede di non lasciare spazio alle chiacchiere, di mettersi in ascolto, di non avere la pretesa di aver sempre qualcosa da dire. Intimità permette all’altro di entrare dentro di me perché gli faccio spazio, non una volta ogni tanto, non solo a Pasqua ma ogni giorno. E nella Pasqua della domenica che rinnova quell’annuncio “il Crocifisso è risorto” e diventa il motivo per cui si sente l’urgenza di andare a dire a tutti “Ho visto il Signore”, io sono lieto di appartenergli. Non posso tenere dentro di me questo annuncio. Non è una cosa mia, è di tutti.
Quando incontriamo veramente il Signore Gesù sentiamo che è un peccato che altri non lo conoscano, è una pena che altri non lo conoscano ma prima dev’essere un’esperienza mia, profondamente mia, che ho assaporato ogni giorno pur nella tristezza, pur nella fatica, pur nell’angoscia. Come in questi giorni quando la banalità del male è diventata per noi, ancora, violenza, giudizio, maledizione e in alcuni anche odio. Noi siamo qui a celebrare la Pasqua che è risposta alla banalità del male attraverso un’amore che è senza armi, un’amore che, come dicevamo in questi giorni, cambia e stravolge il mondo. Se fino ad allora era il più forte a vincere, il più spietato, quello più armato, la croce ci dice che non è così: vince la morte colui che ama

Allora noi siamo uomini e donne della speranza, non come dicono coloro che non sono credenti o agnostici oppure un po’ scettici “voi non siete persone che usano l’intelligenza perché proiettate nel futuro lontano la vostra felicità. La vostra speranza è fuori da questo mondo”. Non è così. La nostra speranza ci aiuta a stare in questo mondo e a credere che tutto quello che faccio, tutto quello che di bene, di buono, di santo, di giusto faccio è per sempre, è per l’eternità. La mia speranza è questa: che la mia vita, nel suo frenetico correre ogni giorno, inseguendo tutto e tutti, non sia un susseguirsi di eventi che non hanno senso ma che son legati da quel filo sottile, a volte quasi invisibile, dell’amore che ci collega direttamente a quello di Dio.
Possiamo dire così:
“Signore, oggi tu sei qui in mezzo a noi.
Aiutaci a credere che tu sei il bene ultimo della nostra vita.
Aiutaci a riscoprire che lo Spirito rinnova dentro di noi una primavera e, come siamo stupiti della bellezza dei fiori, delle piante che ritornano a vivere dopo il torpore dell’inverno, come siamo lieti del calore che riscalda e che accompagna la crescita di tutto ciò che è bello, così vorremo che anche per noi fosse così, che la tua Presenza fosse questo, che la tua Pasqua per noi fosse questo, che il nostro dire “Buona Pasqua” fosse fare un’esperienza di bello, di buono, di giusto, di santo, di vero, che alimenta questo giorno, ma anche domani, dopo domani… fino alla prossima domenica, quando torneremo qui a riascoltare lo stesso annuncio che diventa una sorgente, che accompagna il fluire del tempo e fa in modo che tutto ciò che ci accade, sia ciò che è lieto sia ciò che è triste, non sia senza Dio ma sia dentro una comunione che ci permette ogni giorno di scoprire che quando viviamo nella ricerca autentica del Dio di Gesù Cristo, entriamo nel mistero della Trinità, nel mistero d’amore che ci rivela come solamente il dono, solamente l’apertura, l’accoglienza, la disponibilità, cambiano la nostra vita e quella degli altri.
Portiamo al Signore le nostre vite. Portiamo al Signore le nostre domande, le nostre fatiche, portiamo i nostri dolori. Mettiamo tutti qui e chiediamo allo Spirito in questo giorno santo di accogliere la nostra preghiera, di sostenere la nostra fatica, di rinnovare in noi la fiducia, di renderci uomini e donne della speranza perché sentiamo dentro l’urgenza di quella carità più grande che è raccontare a tutti che il Signore è vivo in mezzo a noi e che noi l’abbiamo visto, lo abbiamo incontrato.

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