29 maggio 2016 - II domenica di Pentecoste


Oggi viviamo in modo singolare un gesto che ripetiamo ogni domenica: la professione di fede, che dice la ragione che ci spinge ad essere qui a celebrare l’Eucaristia. Diciamo fondamentalmente che la nostra fede si pone in un Dio che è Creatore, in Gesù Cristo suo Figlio che è il Salvatore, nello Spirito Santo che è il Consolatore, il nostro maestro interiore. Diciamo anche che crediamo che la fede passa attraverso l’esperienza della Chiesa e ci proietta verso l’eternità: per questo diciamo che noi crediamo nella Risurrezione, nel perdono dei peccati, nell’eternità della vita, nella risurrezione del corpo.
I ragazzi che oggi, davanti a tutta la Comunità, professeranno la loro fede a nome anche nostro, sono stati guidati in questo cammino dai loro genitori, che hanno scelto per loro il Battesimo, ma poi hanno trovato nella Comunità Cristiana delle persone che li hanno presi per mano conducendoli attraverso alcune esperienze a capire se davvero era per loro importante, prezioso, porre questo gesto. Infatti, anche se molti ragazzi vengono accompagnati al momento della cresima, è possibile che dopo questo importante Sacramento qualcuno perda un po’ contatto con la Comunità. Spesso intorno a questo fatti si fanno delle riflessioni molto amare, soprattutto i grandi pensano come questi ragazzi non abbiamo niente, siano vuoti; ci son quelli che danno sentenze sulle famiglie ritenendole incapaci di trasmettere valori, mentre una volta era tutto diverso.
In realtà non è così: questi giudizi rimangono chiacchiere vuote. Certo, ci sono ragazzi che fanno più fatica ad accogliere l’esperienza della fede, altre famiglie che sono più distratte ma la presenza di questi amici ci dice che è possibile, all’interno di un cammino di Chiesa e di una Comunità seppur piccola come la nostra, proporre un cammino di fede che sia credibile e che spinga a compiere un gesto che non è formale.
Questi ragazzi hanno vissuto settimanalmente un incontro in quell’esperienza che noi chiamiamo “Missione Sirio” e che si articola con il pranzo, il gioco, la riflessione. Hanno vissuto alcuni segni: la consegna della Luce, della Croce, del Padre Nostro, del Credo stesso. Hanno vissuto alcuni eventi: la partecipazione al pellegrinaggio decanale a Roma dopo la Pasqua, la partecipazione ai ritiri decanali, il pellegrinaggio recente al Sacro Monte insieme al Vescovo della nostra Diocesi. Questi segni arricchiscono il cammino, lo rendono più solido. Questi ragazzi hanno bisogno anche della nostra stima, della nostra preghiera e soprattutto della nostra testimonianza, del fatto cioè che noi adulti mostriamo loro che essere cristiani è una cosa seria ed è una realtà che riempie di gioia la vita, altrimenti come possiamo proporre qualcosa che non interessa? Come possiamo essere credibili noi e come possiamo offrire loro qualcosa se questa realtà rimane ai margini della nostra esistenza? Se non informa la nostra vita? Se non la plasma? Se non la ricrea costantemente?
La Parola di Dio di oggi ci viene in soccorso perché diventa un programma di vita per voi e per noi. Innanzitutto, ci viene detto che siamo inseriti in un progetto di creazione che non possiamo assolutamente contenere. Ogni uomo che si affaccia sulla terra può scoprire quanta grazia ci sia nella creazione che lo circonda; purtroppo può anche scoprire come questa creazione sia fragile e come sia possibile inquinarla, rovinarla. In questo tempo penso che anche voi abbiate fatto riflessioni sul tema dell’inquinamento e di come noi uomini siamo un po’ strani, andando a rovinare ciò che è principio della nostra vita; non è un inquinamento solamente legato al nostro cattivo comportamento. Quando io non riesco a leggere la creazione come un dono, ne divento proprietario e penso di essere io misura del bene in relazione ad esso. Scoprire invece che la creazione è un dono e chiede la mia collaborazione per essere custodito e promosso, cambia la prospettiva. Noi ci affacciamo sulla storia del mondo, alcuni hanno il compito di scoprire e di inventare quello che la natura ancora ci dischiude ma nessuno - nemmeno lo scienziato più bravo - può creare dal nulla, deve sempre utilizzare qualcosa che ha già trovato nella natura. Il mistero della creazione ci chiede di essere rispettosi di essa, di riconsiderare come al centro ci sia l’uomo che è il principe delle creature, che è colui che può dare il nome ad ogni realtà e per questo collabora con il mistero di Dio.
Ci è stato detto proprio oggi che questa creazione non è per sempre, ad un certo punto finirà ma non finisce tutto il bene che noi abbiamo saputo condividere e vivere all’interno di questa esperienza. È lo Spirito Santo che ci guida nel cammino dell’esistenza, fin dal giorno del Battesimo. Da allora, in modo a volte non così visibile ma reale, voi - noi tutti - siete agiti dallo Spirito e anche il gesto che oggi ponete è frutto dello Spirito. Voi lo potete dire perché avete degli amici, vostri coetanei, persone che hanno vissuto con voi alcune esperienze all’interno della Comunità Cristiana, che oggi non sono qui. Il nostro pensiero va anche a loro perché possano riscoprire come sia bello crescere nella vita di tutti i giorni sorretti dall’esperienza della vita cristiana vissuta nella Parrocchia e in Oratorio.
Infine, il Vangelo diventa un programma di vita. Leggendo questa parola si potrebbe pensare che Gesù non è tanto a posto: non ci si deve preoccupare di mangiare, bere, vestire? Ma a un certo punto Gesù dice: «il Padre sa che di questa cose avete bisogno ma se diventano le più importante, vi dimenticate di ciò che è essenziale». Proviamo a pensare: tutti noi abbiamo un sacco di cose, cibo, vestiti… all’interno delle nostre case ci sono beni che usiamo poco, alcuni quasi mai…
Il cercare la giustizia e il regno di Dio significa cercare ogni giorno di spendere la propria vita in ordine al Vangelo per imitare Gesù Cristo e, anzi, per lasciare che Lui sia colui che dà forma alla mia vita. Se allora vivo così il cibo, il vestito, le preoccupazioni verranno lette alla luce di questa presenza e io so che avrò sempre il necessario perché saprò essere più sobrio ed essenziale, non avrò la preoccupazione di essere come tutti gli altri ma di essere me stesso. Avrò come desiderio unicamente di esprimere il bene che sono senza dovermi omologare a nessuno, senza pensare che a determinare la mia vita sia una moda, un modo di pensare. Questa libertà interiore ci viene data dall’incontro con Gesù Cristo. È la capacità di stare in questa creazione sapendone godere, aspettandola, amandola perché sappiamo che non siamo eterni.
È questa libertà che vi auguriamo: che possiate essere ragazzi che crescano nella libertà del cuore, avendo un ideale grande, credendo che Gesù può dare un senso alla vostra vita. Scoprirete così che qualsiasi cosa farete, dalla più umile e nascosta a quella più evidente e sotto gli occhi di tutti, potrete collaborare alla creazione di Dio ed essere uomini e donne che sanno porre semi di giustizia e di pace. È l’augurio che vi facciamo con tutto il cuore, ringraziando i vostri genitori, i vostri catechisti, gli animatori che vi hanno accompagnato.
Abbiate il coraggio di continuare questo cammino, di farlo nella gioia di chi inizia a scoprire la vita, di chi inizia a progettarla e a pensarla come vocazione.
A noi tutti il compito di accompagnarli con la stima e la preghiera, di non lasciarli soli e di mostrargli quando sia bello oggi poter dire la propria fede in Dio che è Padre, in Gesù che è il Suo Figlio, nello Spirito Santo che è il Consolatore, il nostro maestro interiore, all’interno di quell’esperienza della Chiesa che, regalandoci sacramenti, ci conduce alla vita eterna. 

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