8 maggio 2016 - VII domenica di Pasqua


L’unico che può improvvisare è Dio, noi che dobbiamo sempre preparare spesso improvvisiamo. Dio, che è il solo che può improvvisare, prepara.
Dio ci insegna così a preparare ciò che è importante: abbiamo preparato il Natale con un lungo tempo di Avvento; la Pasqua con la Quaresima; siamo all’interno del tempo pasquale che prepara la Pentecoste, un tempo nel quale ricordare - ripetere al cuore - “Il Signore Gesù Crocifisso è risorto”. Bisogna preparare il cuore, perché la festa di Pentecoste non arrivi e passi senza lasciare dentro di noi la persuasione che noi siamo agiti dallo Spirito, abitati da Dio, che noi possiamo comprendere quello che Gesù ha detto, rivivere quello che Lui ha fatto proprio in forza dello Spirito.
Stefano e Paolo, nelle letture che abbiamo ascoltato, ci dicono chiaramente che la gloria di Dio si è rivelata in Gesù Cristo ed è Lui che ci rivela il volto del Padre. E se noi vogliamo veramente conoscere Dio non abbiamo altra strada che spendere tempo per il Signore. Non possiamo pensare di raggiungere questa meta in altro modo. Anche Gesù ha preparato la sua missione. Per trent’anni si è nascosto in un luogo a molti sconosciuto, in una famiglia di persone semplici, in un villaggio dove ha imparato a lavorare, a guardare al cielo, alla terra, la realtà che in lui era stata creata per imparare, come noi, a saper cogliere i segreti. Così si è interessato di cosa significhi occuparsi di un gregge, di cosa significhi coltivare la terra, raccogliere il grano, preparare il cibo.
Preparare.
Tutto ciò che è importante va preparato, perché ciò che si improvvisa può anche andare bene ma non lascia traccia, non lascia memoria. Tutto ciò che noi prepariamo invece, rimane. Preparare richiede pazienza, pazienza che è sempre un atteggiamento difficile perché contiene dentro di sé un rimando necessario alla fatica, alla sofferenza.
In questo itinerario che abbiamo compiuto nel tempo quaresimale e nel tempo pasquale abbiamo posto la nostra attenzione sulle opere di misericordia, corporale e spirituale e oggi ci fermiamo a considerare cosa significhi sopportare pazientemente le persone moleste, riconoscendo come anche all’interno delle nostre famiglie, nei luoghi del lavoro, a scuola, nei luoghi del divertimento, incontriamo sempre qualcuno che non è mai come lo vorremmo. Facciamo sempre i conti con i limiti degli altri, con la nostra pretesa nei confronti degli altri, subiamo a volte delle ingiustizie, delle molestie… Cosa significa “sopportare pazientemente” se non far riferimento alla pazienza di Dio, a quella del Dio d’Israele che continua a essere paziente nell’ira “lento all’ira e grande nell’Amore”, alla stessa pazienza di Cristo e alla sua passione che ci rivela un amore di Dio così tenace da non fermarsi davanti alla morte?!
La pazienza non è un atteggiamento passivo ma è la decisione di non rispondere alla violenza con la violenza, trattenersi dall’insulto, dalla relazione scomposta, cercando di recuperare di un rapporto ciò che è buono, ciò che rimane di bello nell’altro. La pazienza è una virtù, un atteggiamento costante del cuore che noi possiamo vivere solamente perché agiti dallo Spirito. La pazienza è opera dello Spirito Santo. Ci riporta alla passione di Gesù, al suo amore fino alla fine.
Noi oggi contempliamo un modo speciale di declinare la pazienza. Oggi, festa della Mamma, noi guardiamo a tutte le donne che hanno avuto per grazia di Dio il dono di diventare mamme. Pazientemente hanno tessuto nel loro grembo la vita, hanno lasciato che quella vita trasformasse il loro tempo, il loro modo di pensare, il loro modo di mangiare, il loro modo di gestire la vita quotidiana non solo per quei mesi ma per tutta la vita, perché una madre continua sempre a generare la vita. Questa pazienza di Dio che rende le donne collaboratrici della creazione oggi per noi diventa occasione, in modo singolare, per dire “grazie”. Ringraziamo per il dono della maternità, ringraziamo per il dono delle mamme: quelle anziane, che portano dentro di sé la fatica di vivere, la malattia, il peso degli anni; le mamme giovani che guardano con fiducia ai loro bambini; le donne che desiderano avere un figlio e le donne che stanno attendendo la loro nascita; preghiamo le mamme che soffrono per la morte dei loro figli; per le mamme che non sono state capaci di mantenere quell’alleanza d’amore con la vita dentro di sé e per le mamme che ci hanno già lasciato, quelle che sono in Paradiso.
Chiediamo al Signore di lasciarci sempre lo stupore davanti a questo mistero che è così disponibile, anche se noi cerchiamo di rovinare un po’ tutto. Ci rimane sempre la coscienza che questo dono di Dio, che è la vita, sia sempre più forte, sia sempre più grande. Oggi chiediamo al Signore di aiutarci a vivere bene la nostra vita, imparando proprio dalla maternità. Chiediamo al Signore di accompagnarci sulle strade del mondo perché la nostra vita sia vangelo, una buona notizia. Gesù ha pregato per noi perché imparassimo a vivere la piena comunione con Lui come possibilità di piena comunione tra i fratelli: preghiamo perché la nostra vita sia segno di comunione proprio perché abitata da quello Spirito che è segno grande della piena comunione tra il Padre e il Figlio. Ci accompagni così il Signore in questa settimana. Prepariamo la Pentecoste! Non lasciamo che arrivi senza aver disposto il cuore ad accogliere questo dono. 

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