27 novembre 2016 - III di Avvento
Tutti noi sperimentiamo come sia una gioia credere ma anche spesso una fatica. Tutti noi conosciamo momenti in cui la fede ci sembra che sia viva, che sia corrispondente all’esperienza della vita e tratti di cammino in cui ci sembra di non avere fede o di non averne a sufficienza, tanto che a volte diciamo “ho perso la fede”.
La Parola di Dio che oggi abbiamo ascoltato ci viene in sostegno, ci presenta ancora una volta la figura di Giovanni il Battista, che si trova in carcere perché ha avuto il coraggio di denunciare il suo re dicendogli “tu vivi in modo distante da Dio perché hai preso la moglie di tuo fratello”. Mentre è in carcere Gesù inizia la sua predicazione e quello che Giovanni sente nell’opera di Gesù lo confonde. Gesù si sbilancia verso i più poveri, i più deboli. Il suo annuncio è un annuncio che è salvezza dalla malattia, dagli spiriti immondi. Tutta brava gente quella che Gesù incontra e salva ma non adatta a formare un esercito che si metta contro l’imperatore romano, l’oppressore e riporti Israele al suo splendore. Così si confonde: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Il dubbio che sorge in Giovanni ci consola perché ci fa mettere nella condizione di chi di fronte al Signore coltiva qualche domanda. Domande che non sono mancanza di fede ma desiderio di capire, di andare oltre quello che si è sentito, imparato, al di là delle abitudini, delle tradizioni, del fatto che siamo cresciuti in un ambiente cristiano dove il riferimento era quello e non ce n’era un altro. Giovanni ci dice “dovete farvi delle domande grandi, anche in relazione alla fede se volete che questa fede aumenti”. Giovanni si trova smarrito perché dice “io sto pagando con la vita per essere testimone della presenza di Dio nel suo popolo, ma Dio dov’è? È questa la strada? E se Gesù fosse un imbroglione come tanti altri? Anch’io sono stato confuso con il Messia. Se fosse davvero Gesù l’Agnello di Dio colui che io ho indicato?”. Domande vere di un uomo giusto, grande che Gesù non esita a indicare come il più grande dei profeti. Sono domande che portiamo tutti nel cuore, e di fronte alla realtà che ci circonda ci chiediamo quale sia la presenza di Dio. Gesù dice ai discepoli «andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete», quella che è la mia opera, portate Giovanni a comprendere quello che i profeti hanno detto prima di lui, che il volto di Dio si manifesta nel prendersi a cuore e nel dare il cuore a chi è miserabile, è misericordia di Dio. Questo sguardo rinnovato su Gesù, questo modo di guardare a Lui non come al giudice che arriva e punisce i cattivi che sono sempre gli altri, che arriva e mette ordine dove gli altri hanno messo disordine: questa immagine di Gesù è distante dal Vangelo, dal cuore di Dio.
Ciascuno di noi deve trovare il tempo perché la relazione con Gesù sia una relazione personale e autentica, perché ciascuno di noi arrivi a dire “Gesù tu sei l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”. Questo cammino di lavoro interiore non può essere lasciato agli episodi, al caso, non può essere che noi pensiamo di entrare in una relazione profonda con Cristo se ci limitiamo dal alcuni momenti della settimana. La ricerca di Dio deve essere costante nella nostra vita, anche chiedendo umilmente ogni giorno “Signore, aumenta la mia fede” che è il grido anche dei discepoli, quando si trovano di fronte a una presenza di Gesù così grande da sentirsi distante da Lui. Solamente questa presa di coscienza della distanza da Lui ci permette di affidarci, altrimenti tutte le volte che pensiamo di bastare a noi stessi, di Dio ci dimentichiamo. In questo cammino non siamo abbandonati: il Signore sa che anche i giovani si stancano, che anche gli adulti perdono il coraggio. È allora proprio Lui che irrobustisce le mani fiacche, che rende salde le ginocchia vacillanti. Lui non ci abbandonerà mai. Siamo noi che possiamo decidere di stare lontano da Dio, ma Dio non può stare lontano da noi.
Se nel cuore, allora, abbiamo qualche domanda grande, mettiamola ai piedi del Signore nell’Eucaristia; se abbiamo delle domande della fede che toccano il profondo di noi stessi perché sono esperienze che nascono dalla sofferenza, dalla malattia, dall’ingiustizia, dalla morte, abbiamo il coraggio di metterle nell’Eucaristia perché il Signore ci doni consolazione e pace e rinnovi in noi quella fiducia che ci ha portato qui questa mattina perché questa Eucaristia, perché la nostra preghiera, perché il nostro Credo che anche oggi ripeteremo diventi sempre più profondo e radicato; perché la nostra fede sia salda, la nostra speranza sia forte, la nostra carità coraggiosa. Sosteniamoci gli uni gli altri in questo cammino: è questo il senso di vivere comunitariamente l’Eucaristia. Chiediamo che Giovanni il Battista, Maria Santissima ci accompagnino in questo tempo di Avvento perché il nostro cuore si apra davvero alla gioia grande del Natale.
La Parola di Dio che oggi abbiamo ascoltato ci viene in sostegno, ci presenta ancora una volta la figura di Giovanni il Battista, che si trova in carcere perché ha avuto il coraggio di denunciare il suo re dicendogli “tu vivi in modo distante da Dio perché hai preso la moglie di tuo fratello”. Mentre è in carcere Gesù inizia la sua predicazione e quello che Giovanni sente nell’opera di Gesù lo confonde. Gesù si sbilancia verso i più poveri, i più deboli. Il suo annuncio è un annuncio che è salvezza dalla malattia, dagli spiriti immondi. Tutta brava gente quella che Gesù incontra e salva ma non adatta a formare un esercito che si metta contro l’imperatore romano, l’oppressore e riporti Israele al suo splendore. Così si confonde: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Il dubbio che sorge in Giovanni ci consola perché ci fa mettere nella condizione di chi di fronte al Signore coltiva qualche domanda. Domande che non sono mancanza di fede ma desiderio di capire, di andare oltre quello che si è sentito, imparato, al di là delle abitudini, delle tradizioni, del fatto che siamo cresciuti in un ambiente cristiano dove il riferimento era quello e non ce n’era un altro. Giovanni ci dice “dovete farvi delle domande grandi, anche in relazione alla fede se volete che questa fede aumenti”. Giovanni si trova smarrito perché dice “io sto pagando con la vita per essere testimone della presenza di Dio nel suo popolo, ma Dio dov’è? È questa la strada? E se Gesù fosse un imbroglione come tanti altri? Anch’io sono stato confuso con il Messia. Se fosse davvero Gesù l’Agnello di Dio colui che io ho indicato?”. Domande vere di un uomo giusto, grande che Gesù non esita a indicare come il più grande dei profeti. Sono domande che portiamo tutti nel cuore, e di fronte alla realtà che ci circonda ci chiediamo quale sia la presenza di Dio. Gesù dice ai discepoli «andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete», quella che è la mia opera, portate Giovanni a comprendere quello che i profeti hanno detto prima di lui, che il volto di Dio si manifesta nel prendersi a cuore e nel dare il cuore a chi è miserabile, è misericordia di Dio. Questo sguardo rinnovato su Gesù, questo modo di guardare a Lui non come al giudice che arriva e punisce i cattivi che sono sempre gli altri, che arriva e mette ordine dove gli altri hanno messo disordine: questa immagine di Gesù è distante dal Vangelo, dal cuore di Dio.
Ciascuno di noi deve trovare il tempo perché la relazione con Gesù sia una relazione personale e autentica, perché ciascuno di noi arrivi a dire “Gesù tu sei l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”. Questo cammino di lavoro interiore non può essere lasciato agli episodi, al caso, non può essere che noi pensiamo di entrare in una relazione profonda con Cristo se ci limitiamo dal alcuni momenti della settimana. La ricerca di Dio deve essere costante nella nostra vita, anche chiedendo umilmente ogni giorno “Signore, aumenta la mia fede” che è il grido anche dei discepoli, quando si trovano di fronte a una presenza di Gesù così grande da sentirsi distante da Lui. Solamente questa presa di coscienza della distanza da Lui ci permette di affidarci, altrimenti tutte le volte che pensiamo di bastare a noi stessi, di Dio ci dimentichiamo. In questo cammino non siamo abbandonati: il Signore sa che anche i giovani si stancano, che anche gli adulti perdono il coraggio. È allora proprio Lui che irrobustisce le mani fiacche, che rende salde le ginocchia vacillanti. Lui non ci abbandonerà mai. Siamo noi che possiamo decidere di stare lontano da Dio, ma Dio non può stare lontano da noi.
Se nel cuore, allora, abbiamo qualche domanda grande, mettiamola ai piedi del Signore nell’Eucaristia; se abbiamo delle domande della fede che toccano il profondo di noi stessi perché sono esperienze che nascono dalla sofferenza, dalla malattia, dall’ingiustizia, dalla morte, abbiamo il coraggio di metterle nell’Eucaristia perché il Signore ci doni consolazione e pace e rinnovi in noi quella fiducia che ci ha portato qui questa mattina perché questa Eucaristia, perché la nostra preghiera, perché il nostro Credo che anche oggi ripeteremo diventi sempre più profondo e radicato; perché la nostra fede sia salda, la nostra speranza sia forte, la nostra carità coraggiosa. Sosteniamoci gli uni gli altri in questo cammino: è questo il senso di vivere comunitariamente l’Eucaristia. Chiediamo che Giovanni il Battista, Maria Santissima ci accompagnino in questo tempo di Avvento perché il nostro cuore si apra davvero alla gioia grande del Natale.
Commenti
Posta un commento