25 dicembre 2016 - Messa del giorno


Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce.
Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse.
Così il profeta Isaia ci presenta il mistero dell’apparizione della grazia di Dio fra gli uomini: Gesù, Dio con noi. Così la Chiesa oggi ci presenta il mistero che è il Natale: luce che squarcia le tenebre, luce che rifulge sulla terra che è preda dell’oscurità. Così anche il Vangelo ci dice che l'apparizione degli angeli ai pastori è Gloria che li avvolge di luce.
Queste parole, luce e tenebre, ci aiutano a riflettere sulle esperienze della nostra vita perché sono capaci di evocare tante realtà che noi viviamo.
Per il profeta che parlava agli uomini del suo tempo questo messaggio era invito alla speranza. Un popolo che aveva vissuto il dramma della guerra, la pena dell’esilio, un futuro incerto, fatto più di paure, di tristezza che di possibilità di una vita rinnovata. C’era all’orizzonte ancora la possibilità di una sofferenza dovuta alla guerra, c’era comunque l’incertezza di un futuro di pace.
La Liturgia che oggi viviamo proclama queste parole per tutti gli uomini ed è la luce di Dio che rifulge nelle tenebre del peccato, nell’oscurità che ci portiamo dentro tutti, a motivo delle nostre scelte sbagliate, a volte a motivo della nostra incapacità di andare a cercare il Signore o trovare il tempo per Lui perché sia Lui a dare senso a tutto il nostro esistere e illumini anche i momenti più oscuri della nostra esistenza. Tutti noi ci rendiamo conto come ogni giorno facciamo esperienza del male: un male che provochiamo noi, un male che subiamo, un male che è intorno a noi. Così ogni volta che ci affacciamo su questo mondo, ogni volta che ci parlano di questo mondo, ce lo descrivono come un mondo brutto, tanto che anche nel mio camminare per le strade delle nostre comunità la parola che ho sentito di più - soprattutto da parte degli anziani - è “che brutto mondo”. Mi ripeto stesso che questo è l’unico mondo che abbiamo, non ce n’è un altro da scartare come dono per Natale. È questo ed è il mondo che certamente è segnato dall’assurdità della violenza e del terrorismo cieco, della violenza sulle donne e sui bambini, sugli anziani e sui malati; è certo il mondo delle guerre, di quelle che ci vengono buttate in faccia ogni giorno e di quelle dimenticate; è certo il mondo delle perplessità, delle insicurezze, di un lavoro che non c’è mai abbastanza, di un lavoro che non c’è per i più giovani, dell’insicurezza legata alle situazioni che si creano nella vita quotidiana… in questo mondo Dio ha voluto essere presente. Quel tempo, il tempo di Gesù, non era sicuramente migliore di questo; non era certo un tempo in cui sconosciuto fosse il male, o ci fossero meno situazioni di sofferenza.
Dio viene qui, in questo momento nella nostra storia per squarciare tutte le tenebre, quelle tenebre che generano la paura, la paura che genera la sfiducia. Così gli angeli dicono ai pastori «Non temete!» cioè “non abbiate paura!” e questo invito attraversa tutta la Scrittura per ogni giorno dell’anno: per 365 volte non temete, a ricordarci che contrario della fede è proprio la paura. La paura che arriva anche a pensare a un Dio cattivo, a un Dio severo, a un Dio che mi punisce per i miei errori. Invece il volto di Dio, che Gesù Cristo ci ha rivelato, è il volto della tenerezza, così come noi lo contempliamo in un bambino: tenerezza, dolcezza ma anche fragilità. Dio si pone così piccolo, così fragile perché nessuno di noi possa dire “io non lo posso accogliere”. Si fa così piccolo e così fragile da mettersi in una mangiatoia, in uno spazio degli animali perché anche il cuore più ferito, anche l’esperienza più dolorosa, anche chi si sente lontano da Dio ha certo un cuore più accogliente di un luogo dove mangiano gli animali.
Questo è il Natale, è una luce che vuole strapparci dalle tenebre del peccato, della sfiducia e ricrea, e ci invita a ricreare, quella capacità di guardarci con stima, con benevolenza, con rispetto perché spesso succede proprio così: la paura ci fa vedere gli altri come dei nemici, ci fa vedere quelli che non conosciamo come delle minacce che ci portano via le nostre cose, che vengono a creare confusione, che ci portano via sicurezza e serenità. Noi siamo di Cristo, siamo di questo Bambino che si fa così piccolo, così umile, così semplice, perché ciascuno di noi possa accoglierlo.
Lo abbiamo ascoltato in questa notte «A coloro che lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio». Essere figli per noi significa essere immersi nella luce della grazia, che non significa che non sbaglieremo più, che non faremo degli errori, che non cederemo ancora al male. Significa credere che noi questo mondo lo possiamo amare così com’è e attraverso la luce che portiamo noi, che nasce in questo Natale e nella nostra esperienza quotidiana della fede, possiamo renderlo una casa più accogliente per Dio e per tutti gli uomini.
«Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo»: questa luce è posta anche nei nostri cuori. L’auguro è che non la spegniamo mai. Se anche ci capitasse di sentirci un po’ spenti ricordiamo che sempre Lui è disposto a riaccendere in noi fiducia e speranza attraverso la carità della sua misericordia. 

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