29 gennaio 2017 - Festa della famiglia
Viviamo un tempo nel quale spesso a guidare l’opinione pubblica è il pensiero di alcuni che hanno la pretesa, sulla scorta di sondaggi o di indagini sociologiche, di descrivere la realtà solamente a partire da questo. Così ci vengono riportati i dati che riguardano la famiglia e si parla costantemente di questa istituzione come di un’istituzione in crisi, quasi a dire che non serve più, che ormai non c’è una fiducia così diffusa nei confronti di questa realtà, tanto da poter lasciare spazio ad ogni forma di convivenza come se questa fosse uguale a un’altra. Senza differenze.
Ci sembra quasi di essere un po’ fuori dalla storia trovarci invece qui oggi a dire che noi, cristiani, nel rispetto di tutti diciamo che c’è un’esperienza di comunione tra un uomo e una donna che è immagine chiara dell’amore di Dio per l’umanità. Tanto che nella Scrittura c’è un libro - il Cantico dei Cantici - che descrive l’amore di Dio per il suo popolo come l’amore tra uno sposo per la sua sposa. Il matrimonio è lo spazio in cui si manifesta l’amore di Dio, per difendere la sacralità della vita, di ogni vita, per difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente.
Dobbiamo dire anche con umiltà che se questa realtà non è così condivisa oggi, se è guardata con un po’ di sufficienza, a volte senza rispetto, abbiamo responsabilità anche noi cristiani. A volte accade di sentire alcuni più anziani che guardano ai giovani che decidono di sposarsi con un atteggiamento di grande sfiducia “chissà quanto dura”, “se dura”, facendo riferimento a un’esperienza - la propria - dove certamente erano minori i casi in cui i matrimoni si rompevano dopo poco tempo, ma lasciando lo spazio a una sfiducia che fa in modo che i giovani non possano guardare al proprio futuro con speranza, un futuro già più volte funestato da tante situazioni avverse legate alla vita sociale, al lavoro….
Credo che il primo atteggiamento da custodire come cristiani sia quello di togliere dal nostro cuore e dalle nostre labbra parole di sfiducia nei confronti dei nostri ragazzi e di investire invece queste energie cercando di trovare i modi per aiutarli a fare delle scelte che siano autentiche, serie, che non abbiano paura di un futuro che è per sempre. Non basta avere dei supporti di carattere sociologico, psicologico per poter dare fondamento a un’esperienza di comunione per tutta la vita. Chi di voi ha alle spalle un po’ di anni di matrimonio può insegnare agli altri che stare insieme non è sempre facile, che si fa fatica, che ogni giorno ci si sceglie così come siamo, con tutte le fatiche che ci portiamo dietro ma anche con tutte le bellezze. Questo scegliersi continuamente è il miracolo dell’amore ed è il modo in cui noi manifestiamo l’amore di Dio che continuamente sceglie l’uomo nonostante lui non sia sempre disposto ad accoglierlo. Non si tratta di puntare il dito contro nessuno, né su chi non è capace di fare una famiglia né sulle vicende che hanno portato alcune famiglie a lacerarsi. Quante volte abbiamo usato parole dure, insensate nei confronti di qualcuno che conosciamo appena… Poiché in ogni famiglia, purtroppo, viviamo questa esperienza e ne siamo segnati dovremmo avere più l’umiltà di accompagnare che non l’arroganza di giudicare.
Così oggi siamo invitati soprattutto a ridire la bellezza di questa realtà e a invitarci a sostenerla, non contro qualcuno ma a favore di tutti. Perché lo sappiamo bene che azioni buone, che comunità familiari autentiche, che luoghi dove si vive l’esperienza della reciprocità, dell’accoglienza, del perdono, dell'accompagnare sono una benedizione non solo per questa famiglia ma per tutti coloro che vengono a contatto con questa realtà, per la comunità cristiana, per tutta la società civile. Non si tratta davvero di rivendicare dei diritti contro qualcun altro ma di ridire con umiltà che la storia, anche de nostro paese, è segnata profondamente da questa realtà buona e che custodirla significa regalarci possibilità di futuro, dare ai nostri ragazzi possibilità di futuro. Impegnarci in questo come comunità cristiana significa certo ripensare ai corsi di accompagnamento al matrimonio cristiano ma anche alla cura della scelta vocazionale dei nostri giovani. Significa accompagnare quei ragazzi, quelle ragazze, quei bambini che si trovano a subire la fatica dei grandi, significa interessarsi - che è diverso dall’impicciarsi - delle fatiche dei più piccoli, dei più deboli; significa avere uno sguardo bello sulle famiglie che oggi scelgono di avere più bambini e non a guardare con sospetto, a volte quasi con ironia, senza vedere in quella scelta una responsabilità, una serietà e non solamente un giudizio che si ferma dire “come è venuto in mente in una realtà come quella di oggi nella quale i bambini sono una spesa, un problema economico”. Si tratta di guardare con rinnovata stima a quelle famiglie che allargano i loro spazi e fanno posto a bambini che non sono loro ma che diventano loro figli: l’affido, l’adozione come luoghi dove dire una gratuità dell’amore che spesso mette in gioco tante energie sconosciute, tante fatiche che vanno benedette. Significa avere sulle famiglie che portano la fatica di accompagnare una persona anziana e malata uno sguardo di rinnovata fiducia e stima e, se possibile, anche di aiuto perché sappiamo bene quanto la malattia e la sofferenza alteri i tempi, quanto metta in discussione il tempo libero, il tempo per sé… Ma quanto impariamo da coloro che faticosamente si prendono cura dei malati all’interno della propria casa oppure, quando non possono più, nel consegnarli a strutture rimanendo però fedeli alla premura e alla cura per loro! Si tratta anche di guardare a coloro che hanno visto il percorso della loro vocazione matrimoniale interrotta dalla morte, nel cercare di custodire una vedovanza non come una condanna ma come luogo dove, elaborando il proprio dolore, si possa ancora portare frutto.
Credo davvero che nel momento in cui noi abbiamo una cura - ciascuno per la sua possibilità - di questa realtà facciamo bene a noi stessi, alla nostra comunità cristiana, alla comunità civile. E questo riguarda tutti. Tutti possiamo avere del tempo per la preghiera. Tutti possiamo togliere dalle nostre labbra parole di giudizio. Tutti possiamo coltivare nel cuore uno sguardo di futuro sui nostri ragazzi. Tutti possiamo fare questo almeno ed è già tantissimo. Poi, chi invece ha ancora più risorse, possibilità da mettere in gioco, lo faccia sapendo che ogni volta che noi creiamo relazioni autentiche in cui prendiamo seriamente l’amore come esperienza che dà senso alla vita, noi compiamo un’opera divina. Il matrimonio è segno dell’amore di Dio. Questo è ciò che ha fatto differente il matrimonio cristiano rispetto al matrimonio che c’è sempre stato, anche prima di Gesù. Nessuno mai prima di quel momento ha detto che l’amore tra un uomo e una donna aperto alla vita, custode della vita, di ogni vita, è segno evidente dell’amore di Dio. Noi umilmente oggi ridiciamo questa realtà e lo facciamo con grande rispetto per tutti ma chiedendo che questo rispetto sia anche per una storia, per una tradizione, per una realtà, per un vissuto che non può essere definito unicamente dalla sociologia o dai sondaggi.
Che il Signore ci aiuti a vivere così questa festa perché crescendo anche come famiglia di Dio nella comunità cristiana noi diventiamo segno di bellezza per tutta la comunità civile, così che il nostro celebrare l’Eucaristia qui, in questa Chiesa e nelle nostre chiese, diventi la sorgente che ci permette, uscendo, di portare a tutti l’annuncio buono del Vangelo che ci dice che l’amore tra di noi è segno evidente dell’amore di Dio.
Ci sembra quasi di essere un po’ fuori dalla storia trovarci invece qui oggi a dire che noi, cristiani, nel rispetto di tutti diciamo che c’è un’esperienza di comunione tra un uomo e una donna che è immagine chiara dell’amore di Dio per l’umanità. Tanto che nella Scrittura c’è un libro - il Cantico dei Cantici - che descrive l’amore di Dio per il suo popolo come l’amore tra uno sposo per la sua sposa. Il matrimonio è lo spazio in cui si manifesta l’amore di Dio, per difendere la sacralità della vita, di ogni vita, per difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente.
Dobbiamo dire anche con umiltà che se questa realtà non è così condivisa oggi, se è guardata con un po’ di sufficienza, a volte senza rispetto, abbiamo responsabilità anche noi cristiani. A volte accade di sentire alcuni più anziani che guardano ai giovani che decidono di sposarsi con un atteggiamento di grande sfiducia “chissà quanto dura”, “se dura”, facendo riferimento a un’esperienza - la propria - dove certamente erano minori i casi in cui i matrimoni si rompevano dopo poco tempo, ma lasciando lo spazio a una sfiducia che fa in modo che i giovani non possano guardare al proprio futuro con speranza, un futuro già più volte funestato da tante situazioni avverse legate alla vita sociale, al lavoro….
Credo che il primo atteggiamento da custodire come cristiani sia quello di togliere dal nostro cuore e dalle nostre labbra parole di sfiducia nei confronti dei nostri ragazzi e di investire invece queste energie cercando di trovare i modi per aiutarli a fare delle scelte che siano autentiche, serie, che non abbiano paura di un futuro che è per sempre. Non basta avere dei supporti di carattere sociologico, psicologico per poter dare fondamento a un’esperienza di comunione per tutta la vita. Chi di voi ha alle spalle un po’ di anni di matrimonio può insegnare agli altri che stare insieme non è sempre facile, che si fa fatica, che ogni giorno ci si sceglie così come siamo, con tutte le fatiche che ci portiamo dietro ma anche con tutte le bellezze. Questo scegliersi continuamente è il miracolo dell’amore ed è il modo in cui noi manifestiamo l’amore di Dio che continuamente sceglie l’uomo nonostante lui non sia sempre disposto ad accoglierlo. Non si tratta di puntare il dito contro nessuno, né su chi non è capace di fare una famiglia né sulle vicende che hanno portato alcune famiglie a lacerarsi. Quante volte abbiamo usato parole dure, insensate nei confronti di qualcuno che conosciamo appena… Poiché in ogni famiglia, purtroppo, viviamo questa esperienza e ne siamo segnati dovremmo avere più l’umiltà di accompagnare che non l’arroganza di giudicare.
Così oggi siamo invitati soprattutto a ridire la bellezza di questa realtà e a invitarci a sostenerla, non contro qualcuno ma a favore di tutti. Perché lo sappiamo bene che azioni buone, che comunità familiari autentiche, che luoghi dove si vive l’esperienza della reciprocità, dell’accoglienza, del perdono, dell'accompagnare sono una benedizione non solo per questa famiglia ma per tutti coloro che vengono a contatto con questa realtà, per la comunità cristiana, per tutta la società civile. Non si tratta davvero di rivendicare dei diritti contro qualcun altro ma di ridire con umiltà che la storia, anche de nostro paese, è segnata profondamente da questa realtà buona e che custodirla significa regalarci possibilità di futuro, dare ai nostri ragazzi possibilità di futuro. Impegnarci in questo come comunità cristiana significa certo ripensare ai corsi di accompagnamento al matrimonio cristiano ma anche alla cura della scelta vocazionale dei nostri giovani. Significa accompagnare quei ragazzi, quelle ragazze, quei bambini che si trovano a subire la fatica dei grandi, significa interessarsi - che è diverso dall’impicciarsi - delle fatiche dei più piccoli, dei più deboli; significa avere uno sguardo bello sulle famiglie che oggi scelgono di avere più bambini e non a guardare con sospetto, a volte quasi con ironia, senza vedere in quella scelta una responsabilità, una serietà e non solamente un giudizio che si ferma dire “come è venuto in mente in una realtà come quella di oggi nella quale i bambini sono una spesa, un problema economico”. Si tratta di guardare con rinnovata stima a quelle famiglie che allargano i loro spazi e fanno posto a bambini che non sono loro ma che diventano loro figli: l’affido, l’adozione come luoghi dove dire una gratuità dell’amore che spesso mette in gioco tante energie sconosciute, tante fatiche che vanno benedette. Significa avere sulle famiglie che portano la fatica di accompagnare una persona anziana e malata uno sguardo di rinnovata fiducia e stima e, se possibile, anche di aiuto perché sappiamo bene quanto la malattia e la sofferenza alteri i tempi, quanto metta in discussione il tempo libero, il tempo per sé… Ma quanto impariamo da coloro che faticosamente si prendono cura dei malati all’interno della propria casa oppure, quando non possono più, nel consegnarli a strutture rimanendo però fedeli alla premura e alla cura per loro! Si tratta anche di guardare a coloro che hanno visto il percorso della loro vocazione matrimoniale interrotta dalla morte, nel cercare di custodire una vedovanza non come una condanna ma come luogo dove, elaborando il proprio dolore, si possa ancora portare frutto.
Credo davvero che nel momento in cui noi abbiamo una cura - ciascuno per la sua possibilità - di questa realtà facciamo bene a noi stessi, alla nostra comunità cristiana, alla comunità civile. E questo riguarda tutti. Tutti possiamo avere del tempo per la preghiera. Tutti possiamo togliere dalle nostre labbra parole di giudizio. Tutti possiamo coltivare nel cuore uno sguardo di futuro sui nostri ragazzi. Tutti possiamo fare questo almeno ed è già tantissimo. Poi, chi invece ha ancora più risorse, possibilità da mettere in gioco, lo faccia sapendo che ogni volta che noi creiamo relazioni autentiche in cui prendiamo seriamente l’amore come esperienza che dà senso alla vita, noi compiamo un’opera divina. Il matrimonio è segno dell’amore di Dio. Questo è ciò che ha fatto differente il matrimonio cristiano rispetto al matrimonio che c’è sempre stato, anche prima di Gesù. Nessuno mai prima di quel momento ha detto che l’amore tra un uomo e una donna aperto alla vita, custode della vita, di ogni vita, è segno evidente dell’amore di Dio. Noi umilmente oggi ridiciamo questa realtà e lo facciamo con grande rispetto per tutti ma chiedendo che questo rispetto sia anche per una storia, per una tradizione, per una realtà, per un vissuto che non può essere definito unicamente dalla sociologia o dai sondaggi.
Che il Signore ci aiuti a vivere così questa festa perché crescendo anche come famiglia di Dio nella comunità cristiana noi diventiamo segno di bellezza per tutta la comunità civile, così che il nostro celebrare l’Eucaristia qui, in questa Chiesa e nelle nostre chiese, diventi la sorgente che ci permette, uscendo, di portare a tutti l’annuncio buono del Vangelo che ci dice che l’amore tra di noi è segno evidente dell’amore di Dio.
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