6 gennaio 2017 - Epifania del Signore


Nell’arco dell’anno liturgico il tempo del Natale è molto breve. Prepariamo il Natale con le settimane dell’Avvento per poi vivere quel giorno così carico di attesa, di bellezza, di luce, di gioia. Poi la Chiesa ci invita a custodire tutto questo per otto giorni, in quell’ottava di Natale che è un unico grande giorno, tanto che possiamo ridirci con verità “Buon Natale” a ricordarci che il Natale non è un’esperienza puntuale che avviene e se ne va, ma è la memoria grata di Dio con noi, per noi, come noi e ha bisogno di essere amplificata per un tempo lungo perché non ce ne dimentichiamo. E poi i giorni immediatamente prima dell’Epifania, manifestazione di Dio a tutti gli uomini, possibilità per tutti di riconoscere Dio con noi, per noi, come noi.
Tutta l’umanità si identifica in questi personaggi misteriosi dei quali il Vangelo non ci dice molto ma a sufficienza perché noi ci lasciamo guidare dal loro esempio. Pertanto ancora una volta proviamo a fare il nostro cammino con i magi, a cogliere che cosa significhi anche per noi oggi venire dal Signore e contemplarlo; che cosa significhi per noi cercare la risposta alle domande più autentiche del nostro cuore.
Innanzitutto, cogliamo l’invito del profeta: «Alzati, rivestiti di luce». Alzati: questa parola che ci rimanda immediatamente alla Risurrezione. Il rialzarsi, il non lasciarsi schiacciare da tutto ciò che ci impedisce di guardare verso l’alto, di coltivare desideri grandi, sogni belli, di custodire nel cuore le intuizioni di Dio che continuamente affollano il nostro cuore. Si tratta di uscire da quelli schemi e da quelle strutture di male che ci vengono proposte come lettura del nostro tempo. Noi all’inizio di un nuovo anno vorremmo custodire nel cuore un sogno, un desiderio, un’intuizione del cuore che ci permetta di scrollarci di dosso tutte queste parole cattive, che continuamente ascoltiamo. Ma è mai possibile che la nostra vita sia definita dalle riflessioni, dagli studi dei giornalisti? È mai possibile che il nostro tempo sia unicamente disegnato attraverso dei giudizi che vengono fatti soprattutto su ciò che accade di male come a dirci che la nostra vita è tutta segnata da un orizzonte negativo? Ma che senso avrebbe celebrare il Natale, l’Epifania se questo dovesse essere l’unico sguardo sulla realtà, del mondo e di noi stessi? Proviamo a rialzarci anche noi e a pensare di mettere al centro di questo tempo, di questo anno, un’intuizione che abbiamo nel cuore da tanto, che teniamo lì e non se ne va; oppure un progetto da realizzare, qualcosa che vogliamo compiere noi personalmente o con qualcuno che amiamo. Per fare questo è necessario camminare. Camminare è difficile. Si fa fatica a camminare. Anche chi ama camminare fa fatica. Per camminare ci vuole intelligenza e cuore. Intelligenza perché è necessario che io sappia dove andare; non si può camminare a vuoto, senza una meta. È importante che io mi confronti con la Parola di Dio, navigatore della vita come ci dice il Papa, è importante che io mi confronti con coloro che prima di me hanno fatto esperienza della ricerca di Dio. Non possiamo così pensare di incontrare il Signore se non abbiamo mai tempo per ascoltare la sua Parola e per ascoltare la parola degli uomini di Dio. Poi il cuore: chi sono le relazioni che abbiamo tra di noi, le persone che incontriamo sul nostro cammino. In tutte Dio nasconde qualche tratto della Sua presenza, in tutti possiamo cogliere qualche aspetto bello della nostra vita, per la nostra vita. Questo camminare non è in solitaria, non sappiamo in realtà quanti fossero questi magi. La tradizione ci consegna tre figure, in realtà non lo sappiamo. Sappiamo però che hanno camminato insieme, hanno cercato insieme: è un piccolo gruppo. Così non ci spaventa il fatto che oggi, magari più che in passato, la Chiesa appaia un piccolo gruppo, che il Vangelo non venga accolto, che Gesù venga osteggiato, perseguitato, che ci siano uomini e donne non peggiori di noi, forse anche migliori, che per la loro fede oggi pagano con la loro vita. Cercare insieme perché la fede è un’esperienza certo personale ma anche comunitaria, altrimenti non saremmo qui questa mattina e non faremmo la fatica di andare incontro agli altri, di stare con gli altri per cercare insieme, per pregare insieme. Ci sono segni evidenti - la Parola di Dio, i Sacramenti - dai quali non possiamo prescindere; poi ci sono i segni legati alle persone e quanto amore, quanto bene, quanta benedizione possiamo avere dai nostri compagni di viaggio. In questa ricerca poi c’è un aspetto che non dobbiamo tralasciare e che dobbiamo umilmente accettare: non bisogna avere paura di sbagliare. I magi camminavano guardando una stella, visibile soprattutto nella notte, ma anche loro hanno fatto degli errori: non hanno trovato subito Gesù e sono finiti nel luogo sbagliato, a Gerusalemme, e sono finiti dall’uomo sbagliato, Erode. Chissà quanti errori hanno fatto in quel percorso cercando di capire dove andare! Fare degli errori non è una condanna, è una condizione. Sbaglia unicamente chi fa, chi cerca. Ma noi - lo abbiamo contemplato in questo anno della misericordia - possiamo sempre ricominciare. Dio ci risolleva sempre, ci rialza sempre e ci abbraccia sempre perché vuole camminare con noi. Così la misericordia è un abbraccio che mi sostiene e che mi accompagna nel cammino, che non denuncia il mio errore ma che mi aiuta a superarlo. Chi si lascia guidare da questo Dio non può che provare una grandissima gioia. Così il perdono, la misericordia, sono stella luminosa nel cammino della vita perché di errori ne facciamo sempre tanti, magari anche piccoli, tuttavia possiamo sempre ricominciare e scoprire che Dio è piccolo, che Dio non si fa giudice della mia vita ma che mi sta accanto perché io giudichi la mia vita attraverso il suo sguardo, che è uno sguardo di tenerezza, di dolcezza, di amore.
Possiamo davvero togliere dal nostro volto tutte quelle maschere legate a quei giudizi negativi sulla nostra vita e sul mondo intero e provare a cercare il Signore e chiedere umilmente di poterlo trovare, di poterlo incontrare; possiamo offrirgli i piccoli doni della nostra esistenza, l’amore di cui siamo capaci ma anche la nostra incostanza, la nostra infedeltà perché Lui guardandoci ci sveli il meglio di noi stessi e perché quella gioia, promessa agli uomini di Dio, ci abiti. Solamente in questo modo noi terremo fuori dalla storia tutti coloro che oggi hanno il volto, il cuore di Erode, tutti coloro che oggi per paura compiono il male, per follia scelgono strade di morte. Noi dobbiamo tenere fuori dalla nostra vita tutti quegli erodi che oggi ci tolgono la speranza e la fiducia in Dio e in noi stessi. Chiediamo al Signore che questa Epifania sia manifestazione del volto di Dio innanzitutto a ciascuno di noi perché anche noi, poi, scegliendo di cambiare strada possiamo tornare alle nostre case avendo nel cuore il desiderio di rialzarci, di coltivare un grande sogno e un grande progetto, di camminare non da soli ma insieme senza paura di sbagliare, perché Dio ci dà la possibilità sempre di ricominciare. Così noi lo possiamo davvero incontrare e possiamo lasciare che la nostra vita sia illuminata dal Suo Amore, l’unica possibilità di vivere una grandissima gioia. 

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