8 gennaio 2017 - Battesimo di Gesù


Con la festa del Battesimo di Gesù concludiamo questo tempo del Natale che ci appare come un piccolo scrigno nel quale troviamo tanti tesori.
Il Natale ci ha consegnato la presenza di Dio per noi, con noi, come noi; subito dopo la testimonianza dei martiri nel dire che la fede nel Dio di Gesù Cristo è una questione seria, che interpella tutti noi, chiamati oggi a una testimonianza autentica che, anche se non chiede il dono del sangue, chiede però che sia visibile. Poi la circoncisione di Gesù nel primo giorno dell’anno, nel ricordarci il profondo legame che c’è tra la storia del popolo di Israele e il nuovo popolo di Dio, riunito intorno a Gesù Cristo, giornata di preghiera per la pace perché tutti riscopriamo che la pace è possibile solo se nasce dal nostro cuore. L’Epifania, la manifestazione di Gesù a tutti gli uomini perché tutti lo possano riconoscere, Lui che si fa così piccolo, bambino perché nessuno possa dire che è troppo distante, lontano, che è impossibile trovarlo- Infine oggi, festa del Battesimo di Gesù che ci parla di una nuova rivelazione. Noi vogliamo oggi fermarci su questo evento e cogliere se le parole che abbiamo ascoltato possono parlare anche a noi.
Gesù innanzitutto si mette insieme a tutti gli altri, si mette in fila con tutti gli uomini e Giovanni, che lo ha riconosciuto come l’Agnello di Dio, è convinto che non sia così che deve avvenire poiché è lui ad aver bisogno di Gesù. Ma Gesù ci rivela in questo gesto la sua volontà di essere uomo, non di sembrarlo, di stare accanto a coloro che cercano con le proprie capacità di cogliere la presenza di Dio. Gesù sceglie di stare in mezzo all’umanità facendola propria fino in fondo, anche in quella dimensione che non gli appartiene che è quella della penitenza, del confronto con il male, a dire che questo Dio è così vicino a noi che non tralascia nulla di quello che viviamo, che non ha paura di stare con noi, che siamo a volte sbagliati. Questo dialogo prepara l’evento che è descritto rapidamente.
Noi ci fermiamo soprattutto su un fatto: il cielo si squarcia, la presenza di Dio diventa visibile attraverso il segno di una colomba, e poi queste parole «Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento». Se queste parole rivolte a Gesù sono autentiche e noi le riconosciamo come tali, allora sono rivolte anche a noi; se diciamo di essere in Gesù figli di Dio, se diciamo che in Gesù siamo creature, se diciamo che è Gesù la pienezza della rivelazione del volto del Padre e la pienezza dell’umanità, allora queste parole sono rivolte anche a noi. La prima parola è figlio: noi non siamo guardati da Dio come dei sudditi, dei dipendenti, degli schiavi. Siamo figli. Dio per noi è Padre e noi possiamo chiamarlo così perché Gesù ci ha parlato di Lui in questo modo. Lo facciamo ogni volta che ripetiamo il Padre nostro e lo facciamo ogni volta che guardiamo a Dio e non lo sentiamo lontano, come un giudice severo. Un teologo usa un’espressione molto forte per dire questo legame che c’è tra l’uomo e Dio: «l’uomo è l’unico animale che ha Dio nel sangue». Toglie tutti i dubbi sul fatto che noi siamo davvero il capolavoro di Dio, nessun’altra creatura può dire questo.
Amato: questa parola dice un’intenzione di Dio, un’opera di Dio; prima ancora che io possa fare qualcosa, prima di agire, di pensare, di scegliere io sono amato. Questo amore di Dio ci anticipa, ci avvolge e lo fa indipendentemente dalla nostra volontà di accoglierlo e ogni volta che diciamo se oggi sono buono Dio mi vorrà bene ci mettiamo lontano dal Dio di Gesù Cristo. È quello che accade quando rimandiamo continuamente il perdono, quando pensiamo che non sia necessario andare a confessarsi. Ci dimentichiamo che noi non siamo schiavi di un re ma siamo figli di Dio; andiamo a chiedere perdono non perché dobbiamo rendere conto ma per sentire una parola che è una parola per me e per dire al Signore di avere pazienza ancora una volta con me perché io riconosco che solamente Lui può rendermi pienamente quello che sono. Ogni volta, invece, che pensiamo che l’amore di Dio lo possa meritare allora lo sentiamo distante perché ogni volta che sbagliamo abbiamo paura del suo giudizio. Ma tu sei l’amato, tu sei colui che io scelgo al punto di dare la vita per te. Può essere un Dio giudice questo?
Infine, l’ultima parola: tu sei il motivo, la causa della mia gioia, in te ho posto il mio compiacimento. Si può anche tradurre così: “tu mi dai piacere”. Provate a pensare: quando qualcuno ci dice “tu mi dai gioia!” è una cosa bellissima. Uno pensa: “Io? Io veramente? Tu sei contento di me così tanto da provare gioia?”. Questa cosa ci stupisce e anche un po’ ci sorprende, ci sbarella…. Pensate che Dio a ciascuno di noi dice così: “Tu sei per me gioia. È bello sapere che tu ci sei, è bello saperti nella mia vita”. Capite che se questo è essere figli di Dio, se questo è vivere il Battesimo dobbiamo riscoprirlo a fondo.
All’inizio di un anno come questo dobbiamo dire al Signore “Aiutami a crescere in questa consapevolezza. Aiutami a lasciarmi guardare così e aiutami a guardare gli altri così”. Tu sei Figlio, amato, causa della mia gioia.
 Questo cielo che si squarcia e che ci rivela questa parola è il cielo che sarà cupo sulla croce di Gesù ma certamente, anche in quel momento, lui avrà ricordato quelle parole, perché non c’è nessun cielo, nessuna situazione che non possa essere squarciata dall’amore di Dio, dalla sua presenza, dalla sua parola. Perché questo accada dobbiamo essere disponibili a stare a lungo con il Signore, perché quella parola che ci rivolge noi la sentiamo nostra e diventi in noi vita. Chiediamo al Signore che sia così in questo giorno, in questo tempo. Chiediamo al Signore che possiamo davvero fare questa esperienza di essere figli, amati, causa di quella gioia che ha caratterizzato l’incontro dei magi con il Signore e che caratterizza coloro che veramente riconoscono in Gesù il cuore, il senso della propria vita. 

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