2 aprile 2017 - V di Quaresima
«Io sono la Risurrezione e la Vita»: sono questi i nomi che oggi Gesù ci consegna e regala in questo episodio noto, perché ritorna in ogni Quaresima e ci parla di un anticipo di quello che tra due settimane vivremo nell’annuncio della Pasqua che squarcia il velo della morte e ci consegna Gesù risorto, vivente.
«Io sono la Risurrezione e la Vita»: a ricordarci che il motivo per cui siamo qui oggi è perché noi crediamo che Gesù è il Risorto, colui che dà la vita, colui che è l’origine della vita, colui che è la fonte della vita; che la nostra fede ci porta qui, incerta, forte, lieta, triste… tutti noi siamo qui perché crediamo che il Cristo è il Risorto. Così i gesti dell’Eucaristia ci riportano costantemente a quel momento in cui Gesù ha deciso di portare a compimento la sua vita nella fedeltà alla sua missione, essendo vero fino alla fine, scegliendo di essere ucciso piuttosto che fuggire o negare chi fosse veramente: la Risurrezione e la Vita, il Figlio di Dio.
Questa manifestazione si colloca all’interno di un evento che conosciamo bene: la casa di Betania è una casa sicura per Gesù, è un luogo di amicizia, vicino a Gerusalemme, teatro di tanti scontri e di momenti duri, di tante situazioni in cui si è trovato ad essere da solo, allontanato, giudicato, criticato. Betania è un luogo dove trovare casa, amicizia. Lazzaro viene infatti chiamato ‘amico’, («il nostro amico Lazzaro si è addormentato») e le sorelle mandano a dire a Gesù «Lazzaro, colui che tu ami, è malato». Lazzaro è un uomo che noi conosciamo per questi titoli: amico e amato. Come sarebbe bello che fosse anche per ciascuno di noi! Come sarebbe bello che per Gesù noi fossimo così, ci sentissimo così, gli amici, coloro che da lui sono amati.
Marta e Maria. Le conosciamo bene per quell’episodio che narriamo spesso: Maria tutta presa dall’ascolto della Parola, accovacciata ai piedi di Gesù, mentre Marta si affanna nelle faccende di casa, tanto da rimproverare Gesù perché non prende posizione, perché non chiede a sua sorella di aiutarla. La casa di Betania è una casa amica e Gesù vi trova spesso pace, accoglienza. Come avviene nelle case di tutti, noi succede un dramma, la malattia, la morte e Gesù viene chiamato e Marta dà sfogo al suo dolore: «Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto». Loro hanno riconosciuto che Gesù non è un uomo qualunque, non è profeta qualunque ma in quel momento non c’era. Come capita anche a noi a volte quando invochiamo il Signore e sembra che lui non ci sia, che non ci senta, che sia distratto e lontano. «Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà» e allora Gesù si manifesta «Io sono la Risurrezione e la Vita. Tu credi questo?». Anche noi oggi siamo chiamati a rispondere a questa domanda: noi crediamo che Gesù è la Risurrezione e la Vita? Se crediamo questo vuol dire che la nostra vita è già risorta, viviamo già come coloro che vivono l’esperienza di una vita che non è destinata alla morte ma alla vita e che, certo passa attraverso quel momento oscuro - lo è stato anche per Gesù - che è la morte, ma per aprirsi a un’eternità di vita. «Credi tu questo?». È questa la tua speranza, la tua fiducia? È questo il motivo per cui ogni giorno vivi il tempo? Maria ha la stessa espressione, dimentica, ma non aggiunge un’altra parola; compie un gesto: si getta ai piedi di Gesù, l’atteggiamento più umile, quello che ci ricorda Giovanni «Maria era colei che aveva unto il corpo di Gesù», quell’atteggiamento di chi riconosce che Lui è il Signore. Non aggiunge altre parole, per dire che i sentimenti più profondi, come quello del dolore, della sconfitta, della paura possono essere riposti in una preghiera sofferta e silenziosa, come a dire che l’intimità con Dio si può ottenere unicamente se decido che il mio tempo sia speso anche per mettermi in ascolto, silenzioso.
È l’amore di Gesù per Lazzaro quel pianto commosso che porta vita a ricordarci che Gesù è la manifestazione del Padre, l’ultima e definitiva che ci rivela quel mistero di creazione nel quale noi siamo stati voluti, benedetti, nel quale noi siamo Figli amati sempre, da sempre e per l’eternità. Quel pianto dice l’amore. Dice come Dio non si lasci fermare da nulla, neppure dalla morte, dice come lui l’abbia vinta per aprirci l’orizzonte che è l’eternità. Gesù è consapevole che quello che sta per fare non è un atto di auto-celebrazione ma è per dire a tutti “il Padre c’è e non ci lascia soli. Tu sempre mi dai ascolto, io lo so, ma lo dico per chi mi sta attorno perché vedano la Tua gloria” e così appena Gesù compie l’impossibile, chiedendo di togliere la pietra, Marta - colei che si era riempita la bocca delle più belle espressioni della fede - subito pone un’obiezione: “Ma come, Marta, tu avevi detto che eri convinta che Gesù poteva chiedere qualsiasi cosa e l’avrebbe ottenuta, e invece no…”. «È troppo tardi. Quattro giorni». «Non ti ho detto che se credi vedrai la Gloria di Dio?». E così quel togliere la pietra ridona Lazzaro vivo: liberatelo, lasciatelo andare, togliete quelle bende e quel sudario perché non è quello il destino dell’uomo, non è la realtà definitiva dell’uomo. Noi crediamo che la nostra vita, spesa in questo tempo nella fatica quotidiana, è destinata all’eternità. Noi siamo qui per celebrare questo, per chiedere al Signore che aumenti in questo la nostra fede, perché la nostra vita sia già ora risorta.
È interessante che Giovanni annoti così: «molti dei giudei che erano venuti da Maria». È Maria che ci rivela come stare nel momento del dolore e come vivere il momento della prova, in quel silenzio umile, non rassegnato, ma di grande abbandono e di grande fiducia, che dice “io sono certo che tu mi dai sempre ascolto, che non mi lascerai mai solo perché io sono l’Amato, sono l’amico, sono colui che non può essere dimenticato”.
Chiediamo allora al Signore di vivere così il nostro tempo: come uomini e donne risorte che spendono tutte le energie per cercare di rendere visibile la presenza di Dio nella loro vita, per vivere ogni gesto d’amore come anticipazione della vita eterna, per rimandare costantemente a quella presenza di Dio che non ci lascia soli, neppure nel momento più oscuro. Così quello che noi celebriamo oggi è anticipazione di quella Pasqua che tra poco vivremo, che possiamo ancora preparare con una maggiore disponibilità del cuore lasciando che sia il silenzio dell’ascolto e della preghiera a caratterizzare questi ultimi giorni. Solo così accompagneremo Gesù on questo cammino. Solo così per noi rimarranno vere e diventeranno fonte di vita le Sue parole «Io sono la Risurrezione e la Vita».
«Io sono la Risurrezione e la Vita»: a ricordarci che il motivo per cui siamo qui oggi è perché noi crediamo che Gesù è il Risorto, colui che dà la vita, colui che è l’origine della vita, colui che è la fonte della vita; che la nostra fede ci porta qui, incerta, forte, lieta, triste… tutti noi siamo qui perché crediamo che il Cristo è il Risorto. Così i gesti dell’Eucaristia ci riportano costantemente a quel momento in cui Gesù ha deciso di portare a compimento la sua vita nella fedeltà alla sua missione, essendo vero fino alla fine, scegliendo di essere ucciso piuttosto che fuggire o negare chi fosse veramente: la Risurrezione e la Vita, il Figlio di Dio.
Questa manifestazione si colloca all’interno di un evento che conosciamo bene: la casa di Betania è una casa sicura per Gesù, è un luogo di amicizia, vicino a Gerusalemme, teatro di tanti scontri e di momenti duri, di tante situazioni in cui si è trovato ad essere da solo, allontanato, giudicato, criticato. Betania è un luogo dove trovare casa, amicizia. Lazzaro viene infatti chiamato ‘amico’, («il nostro amico Lazzaro si è addormentato») e le sorelle mandano a dire a Gesù «Lazzaro, colui che tu ami, è malato». Lazzaro è un uomo che noi conosciamo per questi titoli: amico e amato. Come sarebbe bello che fosse anche per ciascuno di noi! Come sarebbe bello che per Gesù noi fossimo così, ci sentissimo così, gli amici, coloro che da lui sono amati.
Marta e Maria. Le conosciamo bene per quell’episodio che narriamo spesso: Maria tutta presa dall’ascolto della Parola, accovacciata ai piedi di Gesù, mentre Marta si affanna nelle faccende di casa, tanto da rimproverare Gesù perché non prende posizione, perché non chiede a sua sorella di aiutarla. La casa di Betania è una casa amica e Gesù vi trova spesso pace, accoglienza. Come avviene nelle case di tutti, noi succede un dramma, la malattia, la morte e Gesù viene chiamato e Marta dà sfogo al suo dolore: «Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto». Loro hanno riconosciuto che Gesù non è un uomo qualunque, non è profeta qualunque ma in quel momento non c’era. Come capita anche a noi a volte quando invochiamo il Signore e sembra che lui non ci sia, che non ci senta, che sia distratto e lontano. «Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà» e allora Gesù si manifesta «Io sono la Risurrezione e la Vita. Tu credi questo?». Anche noi oggi siamo chiamati a rispondere a questa domanda: noi crediamo che Gesù è la Risurrezione e la Vita? Se crediamo questo vuol dire che la nostra vita è già risorta, viviamo già come coloro che vivono l’esperienza di una vita che non è destinata alla morte ma alla vita e che, certo passa attraverso quel momento oscuro - lo è stato anche per Gesù - che è la morte, ma per aprirsi a un’eternità di vita. «Credi tu questo?». È questa la tua speranza, la tua fiducia? È questo il motivo per cui ogni giorno vivi il tempo? Maria ha la stessa espressione, dimentica, ma non aggiunge un’altra parola; compie un gesto: si getta ai piedi di Gesù, l’atteggiamento più umile, quello che ci ricorda Giovanni «Maria era colei che aveva unto il corpo di Gesù», quell’atteggiamento di chi riconosce che Lui è il Signore. Non aggiunge altre parole, per dire che i sentimenti più profondi, come quello del dolore, della sconfitta, della paura possono essere riposti in una preghiera sofferta e silenziosa, come a dire che l’intimità con Dio si può ottenere unicamente se decido che il mio tempo sia speso anche per mettermi in ascolto, silenzioso.
È l’amore di Gesù per Lazzaro quel pianto commosso che porta vita a ricordarci che Gesù è la manifestazione del Padre, l’ultima e definitiva che ci rivela quel mistero di creazione nel quale noi siamo stati voluti, benedetti, nel quale noi siamo Figli amati sempre, da sempre e per l’eternità. Quel pianto dice l’amore. Dice come Dio non si lasci fermare da nulla, neppure dalla morte, dice come lui l’abbia vinta per aprirci l’orizzonte che è l’eternità. Gesù è consapevole che quello che sta per fare non è un atto di auto-celebrazione ma è per dire a tutti “il Padre c’è e non ci lascia soli. Tu sempre mi dai ascolto, io lo so, ma lo dico per chi mi sta attorno perché vedano la Tua gloria” e così appena Gesù compie l’impossibile, chiedendo di togliere la pietra, Marta - colei che si era riempita la bocca delle più belle espressioni della fede - subito pone un’obiezione: “Ma come, Marta, tu avevi detto che eri convinta che Gesù poteva chiedere qualsiasi cosa e l’avrebbe ottenuta, e invece no…”. «È troppo tardi. Quattro giorni». «Non ti ho detto che se credi vedrai la Gloria di Dio?». E così quel togliere la pietra ridona Lazzaro vivo: liberatelo, lasciatelo andare, togliete quelle bende e quel sudario perché non è quello il destino dell’uomo, non è la realtà definitiva dell’uomo. Noi crediamo che la nostra vita, spesa in questo tempo nella fatica quotidiana, è destinata all’eternità. Noi siamo qui per celebrare questo, per chiedere al Signore che aumenti in questo la nostra fede, perché la nostra vita sia già ora risorta.
È interessante che Giovanni annoti così: «molti dei giudei che erano venuti da Maria». È Maria che ci rivela come stare nel momento del dolore e come vivere il momento della prova, in quel silenzio umile, non rassegnato, ma di grande abbandono e di grande fiducia, che dice “io sono certo che tu mi dai sempre ascolto, che non mi lascerai mai solo perché io sono l’Amato, sono l’amico, sono colui che non può essere dimenticato”.
Chiediamo allora al Signore di vivere così il nostro tempo: come uomini e donne risorte che spendono tutte le energie per cercare di rendere visibile la presenza di Dio nella loro vita, per vivere ogni gesto d’amore come anticipazione della vita eterna, per rimandare costantemente a quella presenza di Dio che non ci lascia soli, neppure nel momento più oscuro. Così quello che noi celebriamo oggi è anticipazione di quella Pasqua che tra poco vivremo, che possiamo ancora preparare con una maggiore disponibilità del cuore lasciando che sia il silenzio dell’ascolto e della preghiera a caratterizzare questi ultimi giorni. Solo così accompagneremo Gesù on questo cammino. Solo così per noi rimarranno vere e diventeranno fonte di vita le Sue parole «Io sono la Risurrezione e la Vita».
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