Sabato Santo - Veglia Pasquale
«Solo Dio può donare l’acqua che estingue la sete dell’uomo e il cibo che può salvare il suo desiderio di vita. La parola del Signore è efficace e non delude. Solo questa parola è veramente simile alla neve mandata dal cielo sulla terra, ha reso fecondi i campi riarsi del nostro cuore».
Così già il nostro padre Ambrogio commentava la Parola di Dio che abbiamo ascoltato in questa notte santa. Secondo una tradizione antichissima noi abbiamo ripercorso, accompagnati da questa Parola, la storia di Israele, del popolo di Dio, ma anche il cammino di ogni battezzato.
Come la prima lettura ci ha introdotti nel mistero della creazione, quella prima dalla quale è originata la vita di tutto, oggi noi siamo qui per contemplare la nuova creazione in Cristo, colui che è Risorto da morte e apre a noi la prospettiva di una vita rinnovata. Così abbiamo compiuto un cammino della memoria, dei ricordi, di ciò che va riportato al cuore, custodito nel cuore, la memoria dell’inizio di tutto, avvolto nelle tenebre ma abitato dalla presenza di Dio che, nel momento in cui parla, crea, e come prima cosa ci dona la luce, quella luce che sfolgora nel mattino di Pasqua, in questa notte quando Colui che era avvolto dalle tenebre, chiuso nel sepolcro, ci ridona una prospettiva di futuro che era inimmaginabile. Così, il buio della notte di Abramo chiamato a sacrificare l’unico figlio - il figlio della promessa - diventa luce nello scoprire che l’unico sacrificio sarà quello di Cristo; così il popolo degli ebrei, oppresso dalla schiavitù nella paura di essere ucciso dall’ira del faraone scopre che l’unico passaggio, l’unica Pasqua che dona salvezza è in Cristo che, attraverso il battesimo, ci rivela come l’alleanza con il popolo d’Israele si compia in ogni uomo e donna che sceglie di riconoscere che Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto, è il Figlio di Dio. Così noi siamo chiamati a lavarci da tutto ciò che ci impedisce di essere capaci di accogliere la parola buona di Dio e il suo gesto d’Amore, siamo chiamati a nutrirci dell’Agnello Immolato, del quale non deve avanzare nulla perché è tutto riferito a Cristo, colui che dona interamente il Suo Corpo perché diventi il nostro cibo.
Abbiamo compiuto un lungo cammino che è fatto di memoria, ma non perché vogliamo stare a guardare al passato, rimpiangere il passato, ma perché vogliamo che Cristo illumini quel passato che è la nostra realtà che ci ha generato affinché impariamo sempre di più ad amare il nostro presente, e il nostro futuro. Così abbiamo compiuto un cammino di memoria e un cammino di speranza. La Pasqua ci invita a vivere nella speranza, anche se a volte ci sembra che in questo momento tutto sia avvolto dal buio - o almeno nella penombra. Le notizie che costantemente ci arrivano dal mondo ci parlano di eventi di guerra, ci portano le immagini terribili di banalità dell’uomo che sceglie la via della violenza per affermare una supremazia che finisce nel giro di poco.
Quanto diverso è il messaggio del nostro Signore, che in questi giorni abbiamo contemplato abbattuto, colpito, umiliato, schiaffeggiato, ucciso in modo barbaro eppure capace anche in quel momento di dire una parola di perdono, di aprire un orizzonte di fiducia, di speranza, di gridare il suo dolore ma anche la sua piena fiducia. Noi siamo discepoli di questo Signore, del Crocifisso Risorto. È lui che illumina il nostro presente, il nostro futuro di speranza. Così la nostra libertà ha una radice, un fondamento, che è questa storia di cui abbiamo parlato questa sera, di cui abbiamo ascoltato in questa sera. Non possiamo pensare che la nostra libertà parta da noi stessi, da quello che ci piace fare, da quello che ci sembra giusto, da quello che abbiamo voglia di fare. La nostra libertà deve tanto al nostro passato, alla memoria del nostro passato, deve molto a chi ci ha preceduto, a chi ci ha regalato le possibilità che abbiamo ora. Noi dobbiamo molto al nostro compito, alla nostra vocazione, dobbiamo molto a Colui che ci ha chiamato alla vita. Per questo ogni libertà, quella di ciascuno di noi, è chiamata a orientarsi continuamente verso il Cuore di Gesù, Colui che ha una parola che si compie, Colui che compie un gesto che diventa per sempre compagnia, custodia della nostra esistenza, pane quotidiano, possibilità di vivere una vita rinnovata.
Per fare tutto questo abbiamo da compiere due gesti. Il primo è rinnovare la grazia del nostro battesimo: dobbiamo ricordarci di più che noi siamo figli di Dio, che questa è la nostra dignità e come tali vogliamo vivere, che non c’è nulla che ci può separare dall’amore di Dio in Cristo Gesù, che non c’è nessuno - neanche alcun peccato - che ci può impedire di accogliere la novità del Vangelo che abbiamo ascoltato ora. Siamo poi chiamati ad andare all’origine del nostro incontro con Gesù, quando abbiamo avuto coscienza della sua presenza e abbiamo scelto di essere cristiani, abbiamo scelto che quel battesimo, ricevuto per noi tutti quando non avevamo ancora la consapevolezza, è diventato poi coscienza. Quella è la nostra Galilea, è l’incontro con Gesù. Ciascuno di noi ha una sua storia, dei momenti, degli episodi, delle persone, dei luoghi che gli ricordano quel momento iniziale, quando abbiamo scoperto che Gesù non è un racconto per bambini, non è una favoletta, che la Risurrezione non è un’invenzione per cercare di portare avanti questa vita infelice. La Risurrezione è il cuore, il senso dell’esperienza credente, e il Signore davvero ha la possibilità di dirci una parola nuova sulla nostra vita e sul nostro futuro, senza dimenticare però cosa ci sta alle spalle: la tradizione di un popolo, l’esperienza di una comunità, la fede di chi ci ha preceduto, di chi ce l’ha trasmessa e testimoniata, di chi ci ha fatto vedere il volto di Gesù.
Che sia una Santa Pasqua per ciascuno di noi, se sapremo custodire il passato senza rimpianti, senza rimorsi, senza sensi di colpa ma nella consapevolezza che lì troviamo la fedeltà di Dio. Sarà una Santa Pasqua se oggi, in questo presente, decideremo di rinnovare il nostro battesimo, dicendo con verità “rinuncio al male e credo che Dio sia Padre, che sia Salvatore, che sia Colui che mi accompagna come consolatore nel cammino dell’esistenza”. Sarà una Santa Pasqua se decido che il mio futuro sia con Cristo Risorto, che sia pieno di speranza, che non ci sia nessuno che mi può rapire dal cuore la gioia della Pasqua. È l’augurio che ci rivolgiamo gli uni gli altri e che cerchiamo di custodire nel cuore.
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