25 giugno 2017 - III dopo Pentecoste


Anche la Parola di Dio di questa domenica ci riporta al tema che stiamo vivendo durante il nostro Oratorio Estivo. Il tema è “Detto fatto” e riguarda la creazione.
Se abbiamo posto attenzione, nella prima lettura si parla proprio dell’origine del progetto buono di Dio nella creazione dell’uomo. In questa pagina troviamo il cuore stesso di Dio. «Allora Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente»: perchè secondo la Scrittura, secondo l’insegnamento della Chiesa, Dio ha creato il mondo? Cosa lo ha spinto a mettere in ciascuno uomo “un alito di vita”, la sua stessa Presenza? Perché solamente quell’alito di vita lo fa diventare un essere vivente.
Innanzitutto, la buona notizia che dovremmo sempre raccontare a noi stessi e a tutti è che noi siamo nati  come figli, siamo stati voluti e pensati come figli. Così, nella nostra esistenza, in quella di ciascuno di noi nessuno escluso, è impressa la stessa presenza di Dio che si manifesta nella nostra capacità di amare. Questo spirito di Dio, questo alito di vita ci pervade e niente e nessuno lo può cancellare. Niente e nessuno lo può eliminare. Noi possiamo fare del male a noi stessi, possiamo anche non amarci, possiamo scegliere ciò che è il nostro danno, possiamo scegliere di rovinare ciò che c’è intorno a noi, quello che chiamiamo creato, ma non possiamo distruggere quell’impronta originaria di Dio. Siamo Figli di Dio! Questa notizia dovrebbe un po’ stupirci anche quando ci troviamo in mezzo al buio più assoluto, anche quando ci troviamo a pensarci così lontani da Dio da non meritare neppure un suo sguardo.
La buona notizia che ci viene consegnata dal Vangelo è che il principio buono della creazione, l’origine buona di tutto ciò che ci riguarda è un’esperienza che ci riporta costantemente all’essere fatti a immagine e somiglianza Sua. È un dono essere vivi, è un dono poter vivere l’esistenza come risposta all’amore di Dio. Noi abbiamo il compito, in particolare diventando grandi, di consegnare a chi è più giovane questo sguardo sulla vita, perché nessuno ce lo inquini, nessuno ci porti via questo sguardo e ci impedisca di credere che la vita vale per come uno la spende, la dona.
Il secondo annuncio di questa domenica lo raccogliamo da questa espressione: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio»: nel Vangelo la declinazione dell’amore si ha con il verbo dare. Così noi ricordiamo «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» e ancora troviamo negli Atti degli Apostoli «C’è più gioia nel dare che nel ricevere». Ecco, quando vogliamo vivere il Vangelo dobbiamo rifarci unicamente a questo. Anzi, possiamo dire così: quando vivo il Vangelo? Quando faccio della mia vita un dono. Perchè lo faccio? Perché ho scoperto di essere io per primo frutto di un dono. Dio continua ogni giorno a ricordarci che questo dono non è a caso ma è il frutto di un suo disegno buono. Ci ha pensato, voluto, creato. Non siamo una combinazione di coincidenze favorevoli o sfavorevoli. Non siamo il frutto di alcuni incroci astrali o ancestrali. Siamo pensati, voluti e “Dio ha tanto amato il mondo”: quel mondo lì, di Gesù non era migliore di quello di oggi, c’erano altre dinamiche, altre problematiche ma il mondo è sempre stato amato da Dio perchè è abitato da noi. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio”. La scorsa settimana, parlando di Dio e della Trinità, ci siamo soffermati su questo fatto che noi diciamo che il nostro Dio è uno ma si manifesta in tre persone, cedendo al rischio di voler un po’ misurare, tenere dentro una definizione, ma in realtà quando Dio si rivela in Gesù parla sempre di comunione e la comunione ha come caratteristica fondamentale il donarsi l’uno all’altro. Così, se vogliamo parlare veramente della Trinità e comprendere il mistero dovremmo solamente far riferimento al mistero di comunione per scoprire che ogni volta che siamo capaci di realizzarlo tra di noi, noi diciamo che Dio è presente in mezzo a noi. D’altra parte ce l’ha detto Lui «dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro».
C’è poi una terza parola, un terzo messaggio da custodire nel cuore: «Ha dato il suo figlio» per la salvezza del mondo. Noi non siamo in comunione con Gesù perchè, facendo i bravi, andiamo in Paradiso. Noi scegliamo di essere in comunione con Gesù perchè già questa comunione con Lui è salvezza. Parliamo poco di questo tema della salvezza, un tempo si parlava di più della salvezza dell’anima e tanti insegnamenti erano atti a indicare a tutte le generazioni, sia quelle giovani sia più mature, che bisognava salvare l’anima, con il rischio che poi ci si dimenticasse che l’anima è legata così intimamente al corpo che chiede costantemente che questa salvezza non sia qualcosa di orientato sempre più lontano da noi ma sia qualcosa che vivo ogni giorno, che l’esperienza dell’amore che ho per Gesù sia la mia salvezza. Dio si è donato perchè noi siamo salvi, già ora, perché altrimenti quello che vivremo nell’eternità è sganciato da questo, ma se diciamo che la storia di Gesù è il modello della vita di ogni uomo, e lui quella vita l'ha vissuta qui in mezzo a noi, allora vuol dire che la vita umana è profondamente legata alla vita eterna.
In questi giorni il Papa si è recato nei luoghi che hanno visto la presenza di due presbiteri, di due sacerdote, che nel loro tempo sono stati molto osteggiati, o comunque non capiti. Erano uomini di Dio, dotati di un temperamento molto forte, che guardavano alla realtà con il desiderio che ogni uomo scoprisse di avere valore, che la vita è un dono e che questo dona si valorizza donando e che in questo donarsi c’è la salvezza. In modi diversi don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani hanno insegnato questo. Oggi, anche grazie al Papa che ha voluto visitare i luoghi della loro vita, molti corrono a recuperarli volendoli mettere sugli altari cosa che, conoscendo don Primo e don Lorenzo ancora di più, assolutamente era lontano dal loro desiderio. A volte incensare qualcuno vuol dire anche farlo tacere. In realtà, invece, loro ci hanno insegnato questo sguardo sulla vita, sulla vita di tutti e soprattutto dei più deboli e dei più poveri. Don Primo diceva «Dal di fuori non si salva, lamentandosi non si salva, condannando soltanto non si salva nessuno. Cristo è Verità, giustizia, amore incarnato, cioè fatto uomo tra gli uomini e per gli uomini. Il nostro mondo ha bisogno di Gesù Cristo, in un tipo di santità che viva e operi nel suo cuore stesso». L’augurio, allora, che faccio a me oggi è che la mia fede torni sempre al principio buono dell’essere pensato, voluto, creato, che mi consegna ogni giorno il desiderio che la mia vita sia donata, non solo per la salvezza della mia anima ma per la salvezza di tutti coloro che camminano con me. Allora, io sono certo che la mia vita sarà evangelica e sarà un canto di lode.

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