1 settembre 2017 - All'inizio della Festa Patronale di Figliaro
Questa domanda credo ci possa accompagnare in questo inizio di festa patronale. Il momento che viviamo nella nostra comunità di Figliaro fa da apri-pista a tutte le altre esperienze pastorali che caratterizzano l’anno che viviamo insieme, tanto che è il ritrovarsi insieme dopo la dispersione dell'estate per vivere un momento di festa. Per ciascuno la festa patronale ha un significato diverso: ci sono alcuni nella nostra Comunità che da tanto tempo organizzano questo evento, lo fanno con la passione che caratterizza coloro che hanno a cuore una realtà buona, bella come è quella della Comunità; alcuni si spendono molto e lo fanno perché vogliono bene a questa realtà. Noi dobbiamo essere grati perché questo impegno garantirà la bellezza dello stare insieme dei prossimi giorni. Tuttavia, è sempre opportuno per noi ricordare che l’autentico senso di una festa patronale è quello che nasce dal cuore del Vangelo, che dà valore poi a tutto quello che facciamo. La capacità di accogliere Gesù come Signore della nostra vita ci rende uomini e donne che sanno poi dare valore giusto valore a tutto quello che viviamo, perché noi cristiani abbiamo il vantaggio che quando viviamo in modo autentico il nostro appartenere al Signore Gesù riscopriamo come tutto quello che abbiamo a disposizione nella nostra vita è buono, è bello e può diventare occasione per manifestare la nostra capacità di amare, di scegliere il bene, di valorizzare tutto ciò che ci rende la vita più facile, più bella.
Festa patronale per noi oggi è rendere grazie per un cammino compiuto durante questo anno, dall’ultima festa ad oggi, costellato da una serie infinita di occasioni buone: abbiamo celebrato tante volte l’Eucaristia, abbiamo celebrato momenti comunitari come i Battesimi, come il saluto a persone che hanno terminato la loro vita e abbiamo consegnato nelle mani di Dio, abbiamo vissuto momenti lieti condivisi con i nostri ragazzi. Ma poi festa patronale è anche rendere grazie a Dio per le innumerevoli occasioni di incontro, di conoscenza reciproca, di impegno di ciascuno a cercare di rendere più vera la propria vita nella fede. Tutto questo noi raccogliamo in una festa patronale e per questo siamo capaci davvero di valorizzare ogni cosa e siamo lieti di poter offrire il meglio di noi stessi perché ciascuno, nella sua parte, possa aiutare tutti a crescere sapendo bene che quando io ricevo un dono, poiché faccio parte di una comunità, tutta la comunità ne giova e se io custodisco una capacità concreta di fare il bene, anche se mi appartiene, diventa un bene per tutti. In questo stile potremmo crescere sempre di più nella gratitudine e nella stima reciproca, potremmo mettere da parte tutte le divisioni, i rancori, le tensioni che nascono quotidianamente nel cammino della vita e scoprire che a fare comunione non è l’amicizia, non sono le buone intenzioni e neanche i buoni propositi, ma è il Signore Gesù, l’unico che sa fare di molti uno solo, l’unico che sa fare di molti cuori l’unico Cuore che pulsa d’amore nell’incontro che viviamo nell’Eucaristia.
Che cosa cercate? Che cosa vi sta a cuore? Che cosa volete all’inizio dell’anno pastorale? Un anno così particolare per noi, che ci chiede di essere protagonisti di cambiamenti, di guardare al futuro non con paura ma con fiducia, di mettere un di più di amore in quello che facciamo, avendo a cuore di aprire un po’ lo spazio della nostra Comunità per accogliere altri che non conosciamo ma che sicuramente hanno qualcosa di bello da donarci. Che cosa cercate? Che cosa vale la pena di spendere tempo, energie, sonno, denaro?
Andrea e Giovanni vivono un’esperienza così grande che quando Giovanni scrive il Vangelo ricorda persino l’ora in cui ha vissuto quell’esperienza. Un po' come fanno gli innamorati quando devono descrivere il momento in cui hanno incontrato colei o colui che ha cambiato la loro vita: si ricordano il luogo, com’era vestita, com’era vestito, dov’era… tutto! Come sarebbe bello che fosse così anche del nostro rapporto con il Signore, perché è Lui che poi dà una speranza che va oltre il momento presente; è Lui che fa in modo che tutto quello che facciamo quando è una scelta d’amore è già anticipazione dell’eternità. Così quello che facciamo nella piccolezza della nostra parrocchia già ha un’eco nell’eternità, perché tutto quello che nasce dal cuore di Dio non viene dimenticato. Così Israele ha fatto fatica a capire che dopo la morte c’è la risurrezione, ci ha messo tanti anni, un’esperienza lunga ma come abbiamo ascoltato nella prima Lettura, erano consapevoli che dopo la morte c’è una vita che non finisce e che è possibile essere perdonati anche quando durante la vita si è perso di vista l’essenziale, quando non si è più capito bene che cosa cercare. Noi oggi, allora, apriamo questa festa patronale e ci facciamo carico di tutti: di coloro che si sono un po’ dimenticati del Signore, di quelli che sono affaticati dalla vita, di quelli che sono arrabbiati con Dio, di quelli che non aspettano più niente e non cercano più niente. Ci facciamo carico dei nostri bambini che hanno bisogno di avere davanti a sé uomini come Giovanni Battista, che sanno indicare chi è l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Ci facciamo carico dei nostri ragazzi che vengono distratti da una serie infinita di altre proposte immediate, facili ma che poi non hanno il sapore dell’eternità: a loro dobbiamo mostrare un amore autentico, vero, fedele come quello di tanti sposi che nella Chiesa ricordano con letizia un cammino lungo di amore, non privo di difficoltà ma fatto costantemente di scelte, pur nella sofferenza, tutte per l bene. Portiamo qui le famiglie, a volte segnate da profondi dolori: quelle rotte, rotte dall’incapacità di accogliersi, di amare, quelle segnate da un profondo dolore come quelle di un lutto o di una malattia che limita i tempi del divertimento, della distensione e riporta duramente ogni giorno alla fatica di vivere. Portiamo qui i sogni dei giovani che se dovessimo definirli con quello che ci racconta ogni giorno la televisione dovremmo dire sempre dei “sogni impossibili” e che invece sono dei sogni grandi, come è il loro cuore e hanno bisogno di avere accanto a sé non dei disillusi ma di uomini e donne del Vangelo. Portiamo qui i nostri anziani, soprattutto quei malati che non possono più venire in chiesa e che ne hanno una nostalgia come di una realtà così bella, tanto che basta poco a riscaldare il loro cuore. Noi oggi siamo qui e vogliamo dire al Signore che questa festa patronale per noi è davvero l'inizio di un cammino nuovo, perché cerchiamo Lui in ogni cosa che viviamo, nella celebrazione dell’Eucaristia come nel sedersi intorno a un tavolo per vivere un momento di distensione e di gioia, come partecipare a un gioco o camminare per le vie del nostro paese portando con noi Maria. Così vorremo vivere la nostra festa patronale, con la gioia di chi dice “la vita è così, nella sua semplicità”. Ma la vita è bella perché possiamo viverla insieme, perché possiamo viverla da cristiani, da coloro che hanno intuito che Colui che toglie i peccati del mondo, Colui che è senso alla nostra vita è Gesù e a Lui arriviamo attraverso il cuore di Maria che lui ha voluto fosse nostra Madre, colei che guarda, che fa da guardia sulla nostra esistenza, colei che vigila. E lo fa sempre, come una Mamma, che a volte viene un po' dimenticata, come accade spesso per le nostre mamme ma alla quale non verrà tolta mai la gioia di essere premurosa, attenta e fedele e amorosa.
Così vorremmo viver questa festa. Lo facciamo noi qui questa sera e raccogliamo tutti nella nostra preghiera, non abbiamo timore di contarci, abbiamo solamente la gioia di rispondere a questa domanda “che cosa cercate? Per che cosa vale la pena vivere? Per che cosa vale la pena cercare nella vita?”. Che il Signore ci accompagni in questo cammino, che Maria vigili su ciascuno di noi e ci metta nel cuore quella profondissima gioia di chi davanti al Signore dice «Eccomi, sono la serva del Signore, si compia in me la tua Parola».
Festa patronale per noi oggi è rendere grazie per un cammino compiuto durante questo anno, dall’ultima festa ad oggi, costellato da una serie infinita di occasioni buone: abbiamo celebrato tante volte l’Eucaristia, abbiamo celebrato momenti comunitari come i Battesimi, come il saluto a persone che hanno terminato la loro vita e abbiamo consegnato nelle mani di Dio, abbiamo vissuto momenti lieti condivisi con i nostri ragazzi. Ma poi festa patronale è anche rendere grazie a Dio per le innumerevoli occasioni di incontro, di conoscenza reciproca, di impegno di ciascuno a cercare di rendere più vera la propria vita nella fede. Tutto questo noi raccogliamo in una festa patronale e per questo siamo capaci davvero di valorizzare ogni cosa e siamo lieti di poter offrire il meglio di noi stessi perché ciascuno, nella sua parte, possa aiutare tutti a crescere sapendo bene che quando io ricevo un dono, poiché faccio parte di una comunità, tutta la comunità ne giova e se io custodisco una capacità concreta di fare il bene, anche se mi appartiene, diventa un bene per tutti. In questo stile potremmo crescere sempre di più nella gratitudine e nella stima reciproca, potremmo mettere da parte tutte le divisioni, i rancori, le tensioni che nascono quotidianamente nel cammino della vita e scoprire che a fare comunione non è l’amicizia, non sono le buone intenzioni e neanche i buoni propositi, ma è il Signore Gesù, l’unico che sa fare di molti uno solo, l’unico che sa fare di molti cuori l’unico Cuore che pulsa d’amore nell’incontro che viviamo nell’Eucaristia.
Che cosa cercate? Che cosa vi sta a cuore? Che cosa volete all’inizio dell’anno pastorale? Un anno così particolare per noi, che ci chiede di essere protagonisti di cambiamenti, di guardare al futuro non con paura ma con fiducia, di mettere un di più di amore in quello che facciamo, avendo a cuore di aprire un po’ lo spazio della nostra Comunità per accogliere altri che non conosciamo ma che sicuramente hanno qualcosa di bello da donarci. Che cosa cercate? Che cosa vale la pena di spendere tempo, energie, sonno, denaro?
Andrea e Giovanni vivono un’esperienza così grande che quando Giovanni scrive il Vangelo ricorda persino l’ora in cui ha vissuto quell’esperienza. Un po' come fanno gli innamorati quando devono descrivere il momento in cui hanno incontrato colei o colui che ha cambiato la loro vita: si ricordano il luogo, com’era vestita, com’era vestito, dov’era… tutto! Come sarebbe bello che fosse così anche del nostro rapporto con il Signore, perché è Lui che poi dà una speranza che va oltre il momento presente; è Lui che fa in modo che tutto quello che facciamo quando è una scelta d’amore è già anticipazione dell’eternità. Così quello che facciamo nella piccolezza della nostra parrocchia già ha un’eco nell’eternità, perché tutto quello che nasce dal cuore di Dio non viene dimenticato. Così Israele ha fatto fatica a capire che dopo la morte c’è la risurrezione, ci ha messo tanti anni, un’esperienza lunga ma come abbiamo ascoltato nella prima Lettura, erano consapevoli che dopo la morte c’è una vita che non finisce e che è possibile essere perdonati anche quando durante la vita si è perso di vista l’essenziale, quando non si è più capito bene che cosa cercare. Noi oggi, allora, apriamo questa festa patronale e ci facciamo carico di tutti: di coloro che si sono un po’ dimenticati del Signore, di quelli che sono affaticati dalla vita, di quelli che sono arrabbiati con Dio, di quelli che non aspettano più niente e non cercano più niente. Ci facciamo carico dei nostri bambini che hanno bisogno di avere davanti a sé uomini come Giovanni Battista, che sanno indicare chi è l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Ci facciamo carico dei nostri ragazzi che vengono distratti da una serie infinita di altre proposte immediate, facili ma che poi non hanno il sapore dell’eternità: a loro dobbiamo mostrare un amore autentico, vero, fedele come quello di tanti sposi che nella Chiesa ricordano con letizia un cammino lungo di amore, non privo di difficoltà ma fatto costantemente di scelte, pur nella sofferenza, tutte per l bene. Portiamo qui le famiglie, a volte segnate da profondi dolori: quelle rotte, rotte dall’incapacità di accogliersi, di amare, quelle segnate da un profondo dolore come quelle di un lutto o di una malattia che limita i tempi del divertimento, della distensione e riporta duramente ogni giorno alla fatica di vivere. Portiamo qui i sogni dei giovani che se dovessimo definirli con quello che ci racconta ogni giorno la televisione dovremmo dire sempre dei “sogni impossibili” e che invece sono dei sogni grandi, come è il loro cuore e hanno bisogno di avere accanto a sé non dei disillusi ma di uomini e donne del Vangelo. Portiamo qui i nostri anziani, soprattutto quei malati che non possono più venire in chiesa e che ne hanno una nostalgia come di una realtà così bella, tanto che basta poco a riscaldare il loro cuore. Noi oggi siamo qui e vogliamo dire al Signore che questa festa patronale per noi è davvero l'inizio di un cammino nuovo, perché cerchiamo Lui in ogni cosa che viviamo, nella celebrazione dell’Eucaristia come nel sedersi intorno a un tavolo per vivere un momento di distensione e di gioia, come partecipare a un gioco o camminare per le vie del nostro paese portando con noi Maria. Così vorremo vivere la nostra festa patronale, con la gioia di chi dice “la vita è così, nella sua semplicità”. Ma la vita è bella perché possiamo viverla insieme, perché possiamo viverla da cristiani, da coloro che hanno intuito che Colui che toglie i peccati del mondo, Colui che è senso alla nostra vita è Gesù e a Lui arriviamo attraverso il cuore di Maria che lui ha voluto fosse nostra Madre, colei che guarda, che fa da guardia sulla nostra esistenza, colei che vigila. E lo fa sempre, come una Mamma, che a volte viene un po' dimenticata, come accade spesso per le nostre mamme ma alla quale non verrà tolta mai la gioia di essere premurosa, attenta e fedele e amorosa.
Così vorremmo viver questa festa. Lo facciamo noi qui questa sera e raccogliamo tutti nella nostra preghiera, non abbiamo timore di contarci, abbiamo solamente la gioia di rispondere a questa domanda “che cosa cercate? Per che cosa vale la pena vivere? Per che cosa vale la pena cercare nella vita?”. Che il Signore ci accompagni in questo cammino, che Maria vigili su ciascuno di noi e ci metta nel cuore quella profondissima gioia di chi davanti al Signore dice «Eccomi, sono la serva del Signore, si compia in me la tua Parola».
Commenti
Posta un commento