3 settembre 2017 - All'inizio di un nuovo anno pastorale


Visitando i monasteri delle Meteore nel viaggio pellegrinaggio che abbiamo vissuto in Grecia, con anche alcuni di voi qui presenti, siamo stati introdotti alla lettura di alcune immagini che sono presenti nelle Chiese di quei monasteri ma in tante altre chiese ortodosse. Chi di voi ha visitato alcune di queste chiese le ricorda tutte affrescate, con delle immagini che poi ritroviamo nella tradizione anche nostra delle icone, cioè di queste figure che non hanno la volontà di ripresentare in modo reale il corpo, il viso di qualcuno, ma che attraverso i colori e i segni invitano alla preghiera.
Una delle immagini che ci è stata proposta è quella di Santi che emanano dal viso una luce, che dice la profonda intimità che hanno raggiunto con Dio. Sono dei Santi, hanno un volto luminoso ma gli occhi tristi. Questa tristezza non è legata al fatto che non siano contenti di Dio o della loro vita ma è la tristezza per coloro che non hanno incontrato il Signore, per coloro che hanno sciupato la vita. Questa immagine mi accompagna e mi ha accompagnato anche in questi giorni, e mi accompagna ogni volta che cammino per le strade delle nostre Comunità, perché non si tratta di fare dei bilanci e di dire, quindi, se una festa patronale va bene se succede questo o quello. Tuttavia un Pastore, cioè chi è chiamato a essere in una comunità colui che guida il popolo a lui affidato verso la conoscenza di Gesù, deve avere a cuore tutti.
Mentre camminavamo per strada, aiutati anche dalle intenzioni di preghiera, cercavo di parlare con il Signore e con la Madonna chiedendo loro "cosa possiamo fare? Che strada dobbiamo compiere perchè qualcuno in più si accorga di quanto sia prezioso vivere la propria vita in comunione con Gesù?”. Pensando ai bambini, che chiaramente dipendono dagli adulti, dai loro genitori, pensavo che dobbiamo trovare come comunità cristiana dei linguaggi nuovi per parlare ai giovani genitori del bene dei loro figli, un bene che loro cercano con tutte le loro forze, garantendo tutto ciò che è necessario per la salute del corpo, chiedendo ancora e in gran parte anche nelle nostre parrocchie il dono del Battesimo, ma poi incapaci di custodire questo dono. Mi domandavo, domandavo al Signore e a Maria come fare perché il dono del Battesimo, che accompagna la vita di tanti bambini, possa essere veramente vissuto. Non ho una risposta pratica, non sono qui a dare delle indicazioni pastorali per il prossimo anno, mi dico però che dobbiamo avere più coraggio nell’invitare, nell’esortare, non per riempire le nostre chiese o per avere delle processioni più lunghe, ma perchè ci sta a cuore che coloro che si affacciano alla vita cristiana poi la sentano un po’ loro, la vivano.
Pensavo ai nostri ragazzi, ai nostri giovani, agli adolescenti. Abbiamo vissuto un’estate straordinaria. Lo dico non con la presunzione di chi si sente protagonista ma con lo stupore di chi ha visto quanta bellezza c’è nei nostri ragazzi: nei bambini che hanno affollato l’oratorio estivo, come negli animatori che hanno prestato il loro tempo tutti i pomeriggi e tanti adulti che si sono messi in gioco spendendo energie, tempo, denaro. E poi le vacanze: questo tempo che è davvero fruttuoso perchè ha la forza del seme. Il seme posto nel cuore buono di questi ragazzi porterà frutto, ne sono certo. Ma rimane un po’ quella tristezza velata sul viso quando le nostre assemblee, le nostre Eucaristie non sono abitate dai ragazzi. Mi domandavo e domandavo al Signore e a Maria “che cosa possiamo fare?”, certo non lamentarci o contarci o fare quei giudizi così sterili che ci vengono facili: “ecco, non è più la gioventù di un tempo; ecco noi ai nostri tempi….” ma si tratta, credo ancora in primo luogo per me, di mostrare che l’appartenere al Signore, vivere l’Eucaristia, scegliere di partecipare ai momenti proposti dalla Comunità è un’occasione bella, buona perché quando un ragazzo incontra un adulto felice di essere quello che è, è disposto a seguirlo.
Pensavo con gratitudine a tutte quelle famiglie che vivono la nostra Comunità e sono contento questa sera che una famiglia giovanissima, che ha poche ore, ha deciso di essere qui. Mi dico che forse dobbiamo trovare un’altra strada cioè quella di valorizzare i rapporti di amicizia che ci sono tra di noi, perchè è vero che la Chiesa non è un club e non è neanche il luogo dove ci si trova bene insieme perchè qualche volta si passa un po’ di tempo in serenità intorno a un tavolo. È anche però vero che Gesù è venuto per dirci che tutta la vita è del Vangelo, che tutta la vita può essere Vangelo. Allora forse dobbiamo un pochino di più guardare con stima i momenti di condivisione, perchè la conoscenza che creiamo in quei momenti può diventare l’occasione poi per trovarci in altri momenti anche più seri. Abbiamo bisogno di conoscerci di più!
Passando per le strade poi ho pensato agli anziani e ai malati, a tutto quello che non so fare per loro ma anche a tutto quello che loro danno a me. Perché se è vero che ci sono quelli che si lamentano per il fatto che il Parroco non va sempre a trovarli, ci sono quelli che pregano sempre per il loro Parroco e pregano per questa Comunità, pregano per i giovani, pregano per le famiglie. Spesso la vita di un anziano, di un malato è segnata da un tempo che non passa mai e che  è benedetto perchè accompagnato dalle parole di Radio Maria o dagli innumerevoli rosari che vengono proposti alla radio o alla televisione, o da quelle messe vissute seduti sulla poltrona o sdraiati nel letto, che sembrano non valide e che invece aprono il cuore all’eternità. È compito di tutti farci carico dei nostri anziani e malati perchè prima sono stati giovani e molti di loro hanno amato la nostra Chiesa servendola attraverso le loro energie migliori. Dovremmo tutti un pochino più ricordarci di loro.
Ho pensato poi ai nostri morti. Ogni anno qualcuno ci lascia. Quando salutiamo un fratello, una sorella nella fede, ci viene spontaneo pensare alla fragilità della vita, ma ci viene anche subito al cuore la gratitudine per tutto quello che abbiamo condiviso con loro. E se posso farlo io che sono qui da poco tempo, ancora di più voi perché sono i vostri cari, perché sono i nostri cari.
Siamo all’inizio di un nuovo anno, di un nuovo anno pastorale, lo viviamo in un respiro ampio di Chiesa, che non riguarda solamente la nostra realtà che certo vive un momento di passaggio, ma noi apparteniamo a una Chiesa più grande, una Chiesa Ambrosiana che accoglie un nuovo Vescovo e ne saluta un altro, mentre in questi giorni ricorda la morte recente del Cardinale Dionigi e i cinque anni dalla morte del Cardinale Carlo Maria.
Io credo fortemente che solamente sentendoci parte di una Chiesa più grande, di una Chiesa Benedetta e Santa - anche attraverso la santità dei suoi pastori - noi faremo quello che Gesù ci dice attraverso l’intercessione di Maria. Avremo a cuore che i nostri bambini imparino a conoscere Gesù e troveremo modi nuovi per coinvolgere le giovani famiglie nel vivere questa esperienza. Continueremo a guardare con stima e fiducia ai nostri ragazzi, agli adolescenti e ai giovani, perchè non sono il nostro futuro ma il nostro presente e perchè, quando incontrano qualcuno che gli parla del Signore in modo autentico, non si lascino ingannare. Sapremo vivere meglio i nostri momenti di festa, come occasione per conoscerci e per vivere l’amicizia che nasce qui, intorno all’Eucaristia, e che ha un grande dono nella possibilità di vivere l’esperienza dell’oratorio. Avremo più a cuore i nostri anziani, valorizzando tutte le occasioni per incontrarli, per ricordarci di loro, per essere grati per quello che ci hanno donato. Pensando ai nostri morti non vivremo con nostalgia ma con quella speranza e quella fiducia di chi sa che la nostra vera patria è il cuore di Dio, la comunione vera con Lui: lì vi ritroveremo tutti.

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