1 novembre 2017 - Tutti i Santi


Forse il problema è proprio questo: che la ricompensa è nei cieli e noi, che siamo invece abituati ad avere tutto subito, ad avere delle risposte immediate al nostro impegno, a quello che mettiamo in gioco nella nostra vita, facciamo fatica a pensare che una ricompensa sia così lontana e così difficile da verificare. La santità ci sembra così una questione per fuoriclasse, per coloro che non sono alla nostra portata. I santi sono coloro che avevano qualche marcia in più.
Quando incontro i genitori del Battesimo spesso, per spiegare perché preghiamo i Santi durante il rito uso un’immagine, quella dello stadio dove tutti fanno il tifo per coloro che stanno facendo una gara: così i bambini sono all’inizio della gara della loro vita nella fede e i Santi sono tutti coloro che intorno dicono “forza, puoi farcela anche tu perché noi ce l’abbiamo fatta”. Loro, che sono più vicini a Dio perché hanno già compiuto questo cammino, possono intercedere presso Dio ma anche diventare sempre di più - come dice la Liturgia - amici e modelli di vita. I Santi ci ricordano che anche loro sono stati bambini, che nessuno è nato santo.
La santità non è questione di alcuni ma è l’unica nostra vocazione. Così Paolo ci dice che da sempre noi siamo conosciuti, ancora prima dell’incontro amoroso tra il nostro papà e la nostra mamma. E siamo predestinati, dove questa parola non ci ricorda quello che spesso anche noi intendiamo (e cioè una sorta di destino che ciascuno di noi ha scritto su di sé e pertanto, comunque vada, è già tutto definito e bisogna arrangiarsi, a qualcuno va bene, a qualcuno no….) ma essere predestinati non è avere a che fare con un Dio oppressivo che dispone della nostra vita come se dovesse giocare con le nostre esistenze. Essere predestinati significa che noi abbiamo un’unica meta: il cuore di Dio e vivere nella gloria di Dio perché di Dio noi siamo figli. Così tutti siamo predestinati, ogni uomo, alcuni poi per un cammino che è quello dell’umanità, vengono chiamati, vengono sollecitati attraverso il Battesimo a prendere coscienza di questo destino. Così, all’inizio del Cristianesimo, tutti coloro che venivano battezzati erano chiamati “santi”. Santo significa infatti “di Dio”. E Dio si è fatto carne in Gesù, vicino. A coloro che sono chiamati, come noi - ai quali spesso la presenza di Dio non è sempre quotidiana ma spesso viviamo senza che Lui ci sia nella nostra vita o comunque viviamo un cristianesimo non radicato in Lui - Dio ha mandato il Suo Figlio, l’unico giusto perché tutti in Lui siano giustificati. Essere giusti significa compiere la volontà di Dio. Ancora una volta non la volontà di oppressione ma il desiderio di dire “io voglio stare con te oggi e per l’eternità”. Gesù ci rivela questo Amore di Dio donando la vita, rendendoci giusti nella sua giustizia. L’esito di tutto questo - dice Paolo - è la gloria: «chi è giustificato, per grazia di Dio, vivrà nella gloria».
Ma come si fa a vivere da santi? L’unica strada che abbiamo è ancora ed è l’unica Gesù Cristo. Così le Beatitudini che abbiamo ascoltato non sono una litania che ripetiamo stancamente, perché tanto la sappiamo già a memoria, ma è Gesù che le incarna e ci dice che è quella la strada. Dire che questa pagina sia la carta d’identità di un cristiano è un po’ riduttivo perché è molto di più, è il modo in cui Gesù vive, si propone a noi e ci chiede di scegliere se vogliamo essere santi. Spesso diciamo “non sono mica un santo” come a giustificarci delle nostre debolezze, delle nostre fatiche, delle nostre pigrizie e anche della nostra indisponibilità a cambiare qualcosa che nella nostra vita sentiamo essere lontana dal Signore ma non riusciamo a togliere dal nostro quotidiano. Così questa festa ci è donata perché ci ricordiamo che la santità è l’unica nostra vocazione, che i modi in cui viviamo sono tutti buoni, che non c’è uno più bravo di un altro perché siamo tutti nel cuore di Dio. Quello che celebriamo oggi, il dono della vita di Gesù, in questa Eucaristia è per ciascuno di noi e Dio non fa preferenze, è per tutti perché tutti desideriamo essere poveri in spirito, puri di cuore, misericordiosi, miti. Questa festa ci è data per ricordarci che la comunione dei Santi è un fatto serio e se anche noi non sappiamo bene come sarà la vita dopo, sappiamo che però in ogni gesto  d’amore che compiamo noi anticipiamo l’eternità ed è per questo che la Chiesa ci invita domani a ricordare i nostri defunti, per dirci che la comunione con coloro che ci hanno amato, che ci hanno insegnato la vita, che ci hanno insegnato la fede è una comunione che va oltre il tempo e lo spazio. In quelle persone, che sono nel nostro cuore, sono nel cuore di Dio e le possiamo ritrovare sempre nella preghiera e nell’Eucaristia. Certo, abbiamo memoria di quello che ci hanno regalato, del loro affetto e del loro bene, abbiamo delle immagini, abbiamo delle registrazioni delle loro voci ma più di tutto vogliamo coltivare la serena consapevolezza che loro sono vive, che vivono in comunione con Dio e per questo sono accessibili anche a noi.
Ringraziamo il Signore perché da sempre siamo conosciuti, predestinati e chiamati, perché per grazia sua siamo sempre giustificati e vivremo nella gloria con tutti i santi e con coloro che ci hanno preceduto e che ora ci attendono nella gioia del Paradiso. I Santi non sono dei fuoriclasse, sono dei fratelli e delle sorelle che hanno scelto di vivere le Beatitudini e ci ricordiamo che l’unica nostra vocazione è la Santità. Allora insieme oggi decidiamo di iniziare questo cammino perché la ricompensa non sarà solamente nei cieli: quando incontriamo un uomo santo ci rendiamo conto di quanto sia bello, di quanto sia un anticipo di Paradiso. I Santi ci ricordiamo che questa è l’unica nostra vocazione. 

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