31 dicembre 2017 - Domenica nell'ottava di Natale


In principio: questa parola è tornata diverse volte nelle letture che abbiamo ascoltato e con forza all’inizio del Vangelo e subito, anche per chi tra noi è più distratto, questa parola rimanda a un altro principio, quello che leggiamo all’inizio del Libro della Genesi: «In principio Dio creò il cielo e la terra». Questo principio che oggi ci viene proposto ci invita ad andare oltre il tempo, all’origine, perchè ci parla di Colui nel quale tutto è stato creato. Gesù è la rivelazione del Padre, è Colui nel quale ogni realtà vivente è stata pensata; è il modello di riferimento per ogni realtà creata. Così Gesù ha speso tutta la sua vita nel raccontarci del Padre. Lui, la Parola definitiva del Padre, che è costantemente rivolta verso di Lui «Io e il Padre siamo una cosa sola». In tutta la sua esistenza Gesù ha speso il suo tempo per dirci che ogni sua parola è del Padre, ogni suo gesto è del Padre, ogni progetto, anche l’affidarsi completamente a lui, anche quando le tenebre, quelle del malvagio, dell’oscurità, della morte, sembrano essere più grandi, più potenti della luce stessa. Oggi noi siamo qui a vivere questo giorno che è l’ultimo giorno dell’anno. Anche se il ritmo del nostro tempo, del nostro ritrovarci insieme è quello dell’anno liturgico, l’invito cioè a vivere il tempo tenendo presente la storia di Gesù, questo giorno inevitabilmente anche per noi si carica di tanti significati: certamente quello della memoria, dello sguardo sul passato. In questi giorni ci verrà proposto da parte del mondo dell’informazione un modo di leggere questo 2017: c’è chi ci inviterà a fissare delle immagini che ci raccontano questi mesi attraverso la luce dello sport, oppure qualcuno ci inviterà a rileggerlo otto gli occhi della politica, dello spettacolo… Certo, questo anno si può archiviare anche attraverso questo modo di leggerlo ma poi c’è la nostra storia, la nostra storia personale. Ciascuno di noi pensa a questo anno e ne fa un bilancio. Qualcuno, anche incontrandolo durante la visita alle famiglie, mi diceva “speriamo che finisca presto questo anno” perché la memoria va subito a eventi dolorosi, situazioni di malattia, alla perdita di persone amate. Qualcuno invece lo ricorda come anno in cui ha compiuto un percorso, ha raggiunto un diploma, si è laureato, ha trovato un nuovo lavoro, ha trovato la persona da amare, ha scelto la data del matrimonio, si è sposato, ha creato dei progetti e li ha realizzati: così questo 2017 viene archiviato con grande simpatia e lo si ricorderà a lungo come un momento bello. Ma la cosa che possiamo fare tutti, indipendente che ci sentiamo in salute, abbiamo realizzato o meno i nostri progetti, è quello di essere grati, è la gratitudine del tempo che abbiamo vissuto perché ogni realtà appare per come la illuminiamo. Se guardiamo al nostro passato, a questi mesi attraverso l’atteggiamento dello sconforto e della delusione, anche la cosa più bella, anche la realtà o la persona più bella, ci apparirà insufficiente e rimarrà nel nostro cuore il dubbio che non vale la pena impegnarsi più di tanto perché c’è sempre qualcuno a dare la colpa del fatto che le cose non vanno come vorremmo. Guardare a un anno che è trascorso significa vivere con gratitudine la memoria del tempo vissuto ma anche domandarsi ma la vita di Gesù - noi diciamo alcune volte cantando “tu sei la mia vita”, un’affermazione importante - quanto centra con la mia vita? Eppure il Vangelo di oggi ci ha presentato questa realtà: Gesù che è la vita, la vita che è donata a tutti gli uomini perché in Gesù ognuno possa fare esperienza di essere figlio di Dio. Ciascuno di noi allora ripensa alla prova vita e pensa al fatto che può essere che non sia sempre stata accogliente in questi mesi, che ci siamo un po’ allontanati dal Signore con il cuore. Quello che il Natale ci consegna, però,  che questo Dio costantemente decide di scegliere la vita degli uomini come la sua vita, di scegliere questa umanità che ci appare così segnata dalla ribellione, dal rifiuto, dalla violenza come luogo dove porre la sua tenda, dove poter ancora manifestare la sua presenza. Allora, anche se oggi noi sentissimo il nostro cuore non come una reggia accogliente, non come una casa dove tutto è in ordine ma come un luogo che assomiglia un po’ a una stalla siamo certi che il Signore sceglierà abitare ancora la nostra vita.
Abbiamo poi detto «Gesù è la luce, quella che illumina ogni uomo e il mondo, pur non riconoscendola, non l’ha vinta». Gesù è luce. Provo allora a pensare alla mia vita e mi domando anche se essa fosse nelle tenebre, anche se in questo momento vivessi un’esperienza di peccato che oscura la mia esistenza se lo voglio, se lo chiedo Lui, il Signore, è capace di illuminare la mia esistenza e la renderà capace di accoglienza della sua Parola e della sua presenza.
Infine questa parola ci consola, in questi mesi ciascuno di noi ha provato ad essere in comunione con il Signore, ha provato a offrirgli la propria vita, il proprio amore, la propria preghiera. Anche se non sempre ci siamo riusciti sappiamo che il Signore sa prendere quel poco che gli abbiamo offerto per rinnovare in noi questo annuncio: «A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare Figli di Dio. A quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo ma da Dio sono stati generati». Credo che oggi sia consolante pensare che noi, fin dal principio, fin da quando non era tempo, siamo stati pensati e amati da Dio. Almeno per questo dobbiamo coltivare nel cuore una profonda gratitudine, un grande stupore. Sono certo che se guarderemo così al tempo passato non solo sapremo scorgere i segni della presenza di Dio ma inizieremo il nuovo anno augurandoci che sia migliore non perché più ricco di salute, di denaro, di successo ma perché più abitato dalla sua presenza.

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